Sussidio Avvento 2013 - Per i giovani - 1 dicembre - I Domenica 
1 dicembre - I Domenica   versione testuale
 
Presentazione
 
«Fare Chiesa» con i giovani non significa semplicemente «portarli in chiesa», ma intraprendere con loro un percorso in cui l’esperienza possa far maturare un senso di appartenenza autentico, consapevole di essere sempre in divenire. Per fare questo c’è bisogno di momenti di preghiera e di riflessione, momenti che aiutino a  «guardare attraverso» le cose che accadono e di coglierne la parte migliore: vedere l’esistenza come un dono infinito di Dio. È in questo sguardo di fede che la Chiesa ci educa: sguardo di contemplazione e di misericordia, sguardo capace di mistero.
Particolarmente adatti, a questo scopo, sono i cosiddetti “tempi forti”: spazi distesi di giorni e settimane dove il mistero pasquale di Cristo viene attraversato dai cristiani da pensieri e azioni speciali. Sono pensieri che vanno in profondità: il mistero di Gesù che si incarna per rivelare a noi il volto del Padre non è cosa che si possa incontrare facilmente in mezzo a tanti rumori e parole. C’è bisogno di ritagliarsi del tempo e di concedersi delle riflessioni capaci di esplorare il mistero stesso. Sono azioni speciali: l’impegno di vita aiuta a non perdersi in ragionamenti sterili, ma a trasformarli in gesti che sempre più sappiano esprimere concretamente la conversione del cuore.
Il tempo di Avvento – in particolare – si caratterizza come un tempo di preparazione all’Evento. Pensiamo cosa sarebbe per noi se ci venisse detto che presto avremo un fratello: qualcuno della nostra carne, una persona prossima, una persona di casa che inaugura una nuova storia con noi. La notizia non ci lascerebbe indifferenti: quante emozioni si agiterebbero nel nostro cuore, quante cose avremmo da sistemare, da preparare affinché tutto sia pronto, affinché si senta ben voluto, ben accolto? Un fratello: quale occasione di bene da scambiare e da condividere!
Abbiamo raccolto riflessioni di alcuni giovani, particolarmente sorprendenti per la loro vivacità e intensità. Le offriamo come integrazione alle meditazioni bibliche di Avvento perché possano essere testimonianze di fede condivisa. Sono un racconto semplice, ma profondamente vero, di come alcuni giovani si rapportano al tempo di Avvento/Natale. La loro lettura non è priva di provocazioni, come spesso sanno fare i giovani. Ci auguriamo che siano provocazioni buone, che servano anzitutto ai percorsi dei gruppi giovanili. Ma anche alla vita di tutti, affinché la freschezza del mondo giovanile – condizione privilegiata, ma non di merito – possa essere sostegno al cammino di molti.
 
 
Intervista 
 
Sono Chiara, ho 25 anni e sono laureanda in Conservazione dei Beni Culturali a Genova, città dove sono nata, cresciuta e dove vivo. Il mio cammino di fede è nato in famiglia ed in Parrocchia e cresce tutt’ora all’interno della Diocesi nel servizio come catechista, educatrice e volontaria in Pastorale Giovanile.
 
In che modo si vive la fede in una grande città? Quali sono i rischi?
Vivere la fede in una grande città… Insomma non è proprio come viverla in un paese: l’atmosfera e le tensioni che ci spingono sono sicuramente diverse. Le parrocchie sono molto popolate e le proposte innumerevoli con il rischio di non conoscersi davvero, di essere partecipi senza partecipare veramente. Camminando per il centro, la realtà che affrontiamo ha mille colori e sfumature, talvolta ci lasciamo così abbagliare dal luccichio delle vetrine che non notiamo che lì, proprio accanto al grande manifesto pubblicitario è seduto un uomo: le gambe incrociate, gli abiti scoloriti e impolverati, lo sguardo sperso, le mani tese. Inoltrandoci nei vicoli poi, troviamo molte ragazze giovani, talvolta giovanissime. Ci guardano passare. Chissà quali sogni e quali desideri hanno abbandonato nell’ultimo cassetto del cuore. Le grandi città talvolta hanno il retrogusto amaro della povertà, della solitudine. Madre Teresa diceva che le cinque dita di una mano servono a ricordarci le parole di Gesù “Lo avete fatto a me”.
Incontrare la povertà non vuol dire conoscerla, non posso mettermi nei panni dell’uomo che mi sta di fronte, ma posso relazionarmi con lui. Tuttavia non posso rispondere al suo dolore, alle sue domande se non ho con me una luce che illumina in modo diverso. Quando con i ragazzi prepariamo la cena per i poveri, prima di andare a tavola per servire o semplicemente cenare e chiaccherare, partecipiamo alla S. Messa oppure condividiamo un momento di preghiera: è da lì che cambia il nostro modo di guardare e di saper aiutare chi abbiamo di fronte. Da soli non possiamo, non abbiamo le capacità o le possibilità per intervenire in vite distrutte dalla droga, dall’alcool o dalla miseria. Ma la Verità, la possibilità di sapere di essere amati cambia tutto.
 
Cosa rappresenta per te l’Avvento? Come vivi il Natale in una diocesi come Genova?
Quando parliamo dell’Avvento siamo soliti dire che è il lasso di tempo in cui attendiamo la nascita di Gesù. Vero, verissimo ma credo che l’Avvento sia un momento speciale in cui Cristo attende che il nostro cuore gli faccia spazio.
Che il nostro cuore si apra creando una fessura in cui possa entrare la luce di un mistero.
La bellezza della nostra fede sta proprio nel fatto che occorre credere, perché non tutto è spiegabile, L’avvento è il periodo in cui posso ridimensionare il mio rapporto con Dio. Ridimensionare. Già, perché può succedere che la bilancia sia più posizionata su di me che su di Lui e nel periodo in cui attendo la Sua venuta occorre che tutte le mie attenzioni siano sbilanciate su di Lui. Ecco allora che mi accorgo che sono povera anche io. Anche io che ho tutto ho bisogno dell’amore di Dio e non ci sono regali, nemmeno quelli più costosi, che possono far cessare questo desiderio di essere amata. Già i regali, le vetrine, le luci ed i colori della città che si preparano al Natale servono a distoglierci dal senso profondo ma possiamo sfruttarli se li guardiamo come un modo per ricordarci che quelle luci scintillanti potremmo essere noi, dovremmo essere noi. Dovremmo essere portatori di una luce che illumina!
Natale è un giorno che possiamo vivere a casa, con la nostra famiglia, oppure che possiamo dedicare al servizio: Gesù viene per i poveri, va tra i poveri e le povertà nella nostra società sono davvero molte, basti pensare agli ammalati, soli, in ospedale, nelle case di riposo, nelle loro abitazioni. Ci sono case-famiglia dove bambini e ragazzi in difficoltà cercano nuovi amici con cui giocare, confidarsi. Ci sono case dove vivono sacerdoti anziani, uomini le cui mani per una vita hanno consacrato quel Pane a noi tanto caro, costa davvero poco portare a loro un po’ di noi, un po’ della nostra gioia.