24 maggio - Pentecoste   versione testuale

La Chiesa è madre dell’uomo nuovo

L’Evento: “Ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa”
       Dall’evento del Sinai, Pentecoste ebraica, Israele nasce come popolo eletto; dalla Pentecoste cristiana la Chiesa nasce come madre di moltissimi e diversissimi figli, nasce come missionaria generatrice di cristiani all’insegna del miracolo delle lingue, le lingue di fuoco dello Spirito, le lingue straniere comprese da tutti. Sono ancora gli Atti ad illuminarci sull’evento: la quieta attesa orante trascorsa insieme si trasforma nel dinamismo dello Spirito. Attenzione: il dinamismo che promana genuinamente dallo Spirito deve venire dalla preghiera per non ridursi ad attivismo della carne. L’opposizione che S. Paolo esprime tra opere della carne ed opere dello Spirito non è quella, come a noi figli della civiltà greca verrebbe da pensare, fra la “vile” sfera fisica e il “nobile” mondo spirituale. Biblicamente, “carnale” è ciò che viene dall’uomo nella sua fragilità creaturale, anche l’orgoglio mentale, anche l’intellettualismo, anche lo spiritualismo ipertrofico; dello Spirito invece è ciò che è redento nella sfera divina, anche la corporeità vissuta da cristiano. E c’è una legge nuova che sancisce la nuova alleanza tra Dio e i suoi figli: è la legge basata non sulla paura di infrangere le regole ma sull’amore che vuole il bene dell’amato. Ricordiamo il celebre, paradossale motto di S. Agostino: “Dilige, et quod vis fac” – “Ama, e fa’ ciò che vuoi”… L’amore genera il rispetto.
 
La Chiesa: discepoli e martiri della vita nuova
       “Paraclito”, Consolatore, era il titolo dell’avvocato difensore, chiamato in aiuto dall’imputato per farsi suggerire le parole da pronunciare a testimonianza della verità. Chi riceve il dono della Parola deve a sua volta ridonarlo agli altri: il Padre al Figlio, il Figlio ai discepoli, i discepoli agli altri uomini per mezzo dello Spirito consolatore che presiede alla testimonianza della Verità… Come ben sappiamo, il martirio è fondamentalmente la testimonianza che potrebbe anche richiedere, per coerenza, l’effusione del sangue – per questo nel nostro linguaggio il martire è colui che per testimoniare la verità affronta la morte. E l’appartenenza alla Chiesa non è agio personale ma martirio: il martirio di essere fedeli alla verità di Dio con la vita oltre che con le parole. La maternità della Chiesa, che nella verità genera cristiani, deve essere la nostra stessa maternità. Come ha detto papa Francesco, bisogna essere fedeli allo Spirito “per annunziare Gesù con la nostra vita, con la nostra testimonianza e con le nostre parole… Quando facciamo questo, la Chiesa diviene una Chiesa madre che genera figli… Ma quando non lo facciamo, la Chiesa diventa non madre, ma la Chiesa babysitter che cura il bambino per farlo addormentare. È una Chiesa sopita” (17 aprile 2013).
 
 
Il nostro presente, il nostro futuro: l’uomo nuovo Cristo
“Il cristiano, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito» (Rm 8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore. In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, nell'attesa della « redenzione del corpo » (Rm 8,23): « Se in voi dimora lo Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).
Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza. E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale. Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!” (GS 22).