10 maggio
VI domenica di Pasqua   versione testuale

In Cristo la vita è trasformata

L'Evento: La gioia trasformante di Dio
     Gesù è la fonte gioiosa dell'amore; egli ci chiama col nome straordinario di amici. Fratelli e figli si acquisiscono per vincoli naturali di sangue, i servi si usano per la loro utilità, ma gli amici si scelgono, in un rapporto paritario. Non è generica filantropia, ma relazione genuina, di donazione reciproca. L'Amore fontale di Dio conosce una sola misura, quella di amare senza misura: dando la vita, e rigenerando radicalmente la creatura, la porta ad amare sulla sua stessa lunghezza d'onda. Da tutto ciò nasce una gioia incommensurabile che deve contrassegnare ogni momento della nostra esistenza. Ma non è solo l'amore di Cristo quello che si riversa in noi e che siamo chiamati a ricambiare. Forse non siamo abituati ad aprirci a cogliere la riflessione che l'intera vita Trinitaria si offre a noi nel chiuso del nostro intimo e nell'apertura alla comunità; forse siamo abituati a rapportarci, coscientemente, come figli del Padre, oppure come fratelli ed amici del Figlio, quasi mai come amati dall'Amore trinitario...
 
La Chiesa: Dio accoglie chi pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga
     Pietro, entrando nella casa di un pagano, compie consapevolmente un atto rivoluzionario, perché si espone all'impurità rituale da cui ogni osservante della legge di Mosè era tenuto a ben guardarsi. Al di là della legge rituale, Pietro è divenuto capace di fissare lo sguardo su una legge superiore, quella della carità universale che scaturisce dall'Amore trinitario, un Amore che non conosce confini né discriminazioni. Tutti coloro che accolgono questo amore ne hanno la vita trasfigurata dal dono dello Spirito, in Cristo, a gloria del Padre. E come potremmo noi impedire, con le nostre resistenze e con le nostre pigrizie, se non con i nostri peccati, che la vita che ci viene dal Signore Risorto ci unisca a Lui, ci trasfiguri, e scorra come un fiume di gioia incontro agli altri? L'uomo nuovo in cui noi siamo trasformati chiede di trasformare l'intera umanità...
 
Il nostro presente, il nostro futuro: “Siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi”
«Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti. In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: «Infatti noi tutti «fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo» (1Cor 12,13)...
Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: «Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5). Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l'interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. Cor 12,26)» (LG 7).