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Pastorale etnica italiana in California (S. Ridolfi) p.131
Sommario storico ed analitico

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/04


PASTORALE ETNICA ITALIANA IN CALIFORNIA
SOMMARIO STORICO ED ANALITICOCON PARTICOLARE ATTENZIONE ALL’ALTA CALIFORNIA
di Silvano Ridolfi
La California (terra dai “callientes fuernos”) è lo stato americano all’estremo occidente della Confederazione Americana ed ha caratteristiche che lo contraddistinguono sia nella sua struttura geografica sia nel suo sviluppo globale.E ad esempio una terra di contrasti. In essa è la montagna più alta degli Stati Uniti (Monte Whitney, mt. 4.390) ed a 50 km il punto più basso dell’emisfero (Bad Water nella Death Vallley, mt. 85 sotto il livello del mare). Ci sono gli alberi più grandi del mondo (sequoia gigante), gli alberi più alti (pini Redwoods) e gli alberi più vecchi (Busterooms). Si stende lungo l’Oceano Pacifico per 411.000 km quadrati (Italia: kmq 330.000), conta ca. 34 milioni di abitanti (con 67 gruppi etnici) ed ha un prodotto interno lordo di oltre 777 miliardi di dollari (più o meno quello dell’Italia) ed un reddito medio pro capite annuale tra i più alti del mondo ($ 21.000,00).L’ambienteTutto questo è dovuto al suo clima favorevole all’agricoltura (250 raccolti diversi; l’80% del vino nazionale) nonché allo sviluppo industriale e tecnologico (tra l’altro con il centro spaziale di Pasadena) e dell’industria cinematografica (il 64 % di tutta la produzione nazionale e il 90% degli spettacoli televisivi). Oltre nove milioni di persone trovano impiego nel terziario (banche, finanza, turismo, ecc.). Anche dal punto di vista scientifico è alto il livello di investimento e dei risultati: Università di Berkeley e Stanford, Istituto di Tecnologia, Laboratori scientifici… Amministrativamente ha un Governatore (capo del potere esecutivo, eletto a suffragio diretto e in carica per quattro anni) e due camere (Deputati e Senato). Nel Parlamento Federale è rappresentata da due senatori e cinquantadue deputati. La capitale è Sacramento; le altre due città di riferimento sono Los Angeles (California del sud) e San Francisco (California del nord). Il suo motto è “Eureka” (con evidente riferimento alla scoperta dell’oro).L’evangelizzazioneLa cristianizzazione di questa terra ha avuto i suoi inizi con la conquista spagnola (secc. XVII-XVIII) e mantiene un forte carattere francescano. I nomi stessi delle località lo indicano. Fu infatti un frate francescano, tra i molti, a distinguersi dai primissimi inizi e ad imporsi per la sua forte spiritualità ed instancabile azione unita a capacità organizzativa, fra Junipero Serra (1713-1784), proclamato Beato da Giovanni Paolo II nel 1980. Egli è l’Apostolo della California in quanto fondatore, assieme a fra Firmino Lasuen, delle prime 21 missioni (le prime nove per sua diretta iniziativa: San Francisco de Solano; San Rafael Arcangelo; San Francesco de Assisi; San Josè de Guadalupe; Santa Clara de Assisi; Santa Cruz; San Juan Baptista; Nuestra Senora de Soledad ; San Juan de Capistrano).Anche la spiritualità e le devozioni hanno avuto - e mantengono - la caratteristica francescana della centralità del Crocefisso e della Passione di Cristo, dell’onore alla Vergine Maria, della semplicità popolare e della preghiera frequente. I grandi movimenti migratori che si sono succeduti hanno portato nuove sensibilità culturali e differenti approcci alla religione, ma hanno dovuto entrare in dialogo con la prima evangelizzazione.La zona nord della CaliforniaIl limite di questa trattazione è dato anche dall’avvenimento che la motiva - e su cui ritornerò - il 25mo ossia di fondazione dell’Italian American Center (IAC) di Pacifica, città contigua a San Francisco.Per questo motivo viene qui messo tra parentesi quanto concerne la importante regione del sud, centrata su Los Angeles (la sua trattazione a poi).San Francisco, che deve il suo nome a San Francesco di Assisi, il centro più importante del nord con oltre 770.000 abitanti in 125 kmq di superficie, occupa la punta di una penisola lunga 50 km, situata tra l’Oceano Pacifico e la Baia.Nel 1848 aveva soltanto 500 abitanti. La scoperta dell’oro nella zona di Sacramento ha richiamato persone ed avventurieri di diversa nazionalità (“Gold Rush”, febbre dell’oro) e già nel 1849 gli abitanti erano saliti a 20.000. Negli anni 1850-1860 si ebbe poi un incremento di 35.000 persone per raggiungere un totale di 56.800 abitanti. Nel 1956 venivano stampati periodici in cinese, francese, tedesco, italiano, spagnolo.Situata in una posizione felice con una splendida Baia, la città si è sviluppata su quarantadue colline ed ha un aspetto gioviale e vario, oltre all’imponenza degli antichi palazzi del centro e alla superbia dei non molti grattacieli.E una terra ad alto rischio sismico: i due terremoti più devastanti, in ordine di tempo e gravità, sono stati nel 1906 e 1989.Religiosamente la prima chiesa è quella di S. Francesco, eretta nel 1849 per i cattolici americani (tra le vie Dupont e e Stockton in Vallejo Street). Ed il primo insediamento religioso assistito è quello per gli indiani, la Missio Dolores, così chiamata perché raccoglieva ed assisteva i molti indigeni che non resistevano all’impatto con l’occidente e ne restavano vittime delle malattie.Il primo Vescovo (con sede a Monterrey) è il domenicano Josef Sadoc Alemany (1853-1884), il quale con piglio deciso organizza la vita religiosa della nuova diocesi cercando di creare unità nella fede tra le molte e crescenti diversità etniche della sua popolazione.Oggi l’Arcidiocesi di San Francisco comprende le contee di San Francisco, Marin e San Matteo per una estensione di 6.023 kmq ed una popolazione totale di 1.700.000 persone, di cui 425.000 cattolici, servita da 89 parrocchie e 10 missioni.Ha inoltre 66 scuole elementari e 14 scuole superiori. I patroni sono S. Francesco di Assisi (4 ottobre) e S. Patrizio (17 marzo).Gli italianiTra i gruppi etnici ricordati c’erano anche gli italiani, venuti qui in cerca di fortuna da diverse parti d’Italia e particolarmente dal nord (Piemonte, Liguria, Toscana). La loro preparazione era nulla, l’assistenza inesistente, il coraggio tanto unito a laboriosità e risparmio. Erano spesso nuclei familiari. Ed i primi sono venuti attirati dalla “febbre dell’oro”. Il più famoso è forse Domenico Ghirardelli, creatore riconosciuto del cioccolato. Ma la prima grande ondata di immigrazione italiana risale agli anni 1860-1870: sono commercianti e costruttori, ma i più contadini (da Genova e Sestri Levante, da Palermo e Trabia, sempre presso Palermo) e molti si sono impegnati nella pesca e nella costruzione di barche. Anche per questo si sistemarono particolarmente nel quartiere North Beach della città formandovi una “little Italy”. Alcuni di loro all’inizio del secolo faranno fortuna. Come Amedeo Peter Giannini, fondatore della Banca d’America (originariamente Banca d’Italia) e poi Andrea Sbarbaro con la sua colonia italo-svizzera, i fratelli Di Giorgio con i loro vastissimi frutteti, i Fontana Cerrutti con fabbriche di conserve alimentari (meglio conosciuti con il marchio Del Monte)… Tre figli di italiani diventeranno sindaci: Angelo Rossi, Joseph Alito (1967, ex alunno salesiano) e George Moscone (ucciso da un connazionale per non chiari motivi, 1978).Religiosamente abbandonati a se stessi, erano anche sviati da divisioni politiche in basso (tra garibaldini e savoiardi; tra radicali e moderati) e da scelte massoniche in alto (commercianti e finanzieri). La Conferenza Episcopale Americana in quegli anni mise più volte all’Ordine del Giorno “il problema italiano” per la mancanza di assistenza religiosa ed anche perché la gerarchia fortemente irlandese mal comprendeva i latini. Riuniti in Conferenza a Baltimora, i Vescovi americani si proposero di chiedere sacerdoti italiani al Collegio dei Missionari per la Propagazione della Fede (Genova) o al nuovo Ordine religioso dei Salesiani (Torino).L’assistenza religiosaL’Arcivescovo Alemany, conscio di questa necessità, favorì l’azione dei primi coraggiosi preti italiani: don Carlo Franchi (attivo dal 1877 al 1889), prima affidato come assistente alla Parrocchia di N.S. di Guadalupe incaricata di tutti i latini e poi dal 1880, su sua richiesta, parroco dei soli italiani. Questi erano ca. 5.000, ma soltanto 180 frequentavano, allontanati come erano dalle passioni politiche italiane, dall’anticlericalismo imperante e dai preponderanti interessi economici. Egli trova un aiuto nel 1887 in don Cherubino Romanis, che però dopo sei mesi deve (o vuole?) rientrare in Italia (ritornerà poi in California dopo oltre due anni). Fortunatamente si unisce a lui don Raffaele De Carolis (proveniente da Castrociele di Frosinone) che nel 1889 gli succederà. Ma poi, stanco di combattere in un ambiente ostile ed ammalato fisicamente, chiede di essere esonerato e di poter rientrare in Italia (1896).Il successore di Mons. Alemany, l’Arcivescovo Patrick Riordan (1884-1914), a malincuore glielo permette pregandolo di attendere per trovare una nuova soluzione, cioè la successione.Questa viene quasi inaspettatamente nel 1897 con l’accettazione da parte del successore di don Bosco, don Michele Rua, di inviare quattro salesiani a San Francisco. Un successo che si deve all’opera di persuasione svolta direttamente sul Rettore Maggiore dal gesuita p. G. Sasia, amico dell’Arcivescovo e già presente in San Francisco, anzi nominato in quegli anni provinciale gesuita del Messico. I primi Gesuiti erano venuti in California nel 1849 in provenienza dall’Oregon per assistere gli indiani. Ed erano i padri Michele Accoli e Giovanni Nobili, cui si uniranno in seguito nel 1868 i padri Antonino Maraschi e John Valentini. Essendo di origine italiana, si interessarono inevitabilmente anche dei loro connazionali pur perseguendo le finalità della Congregazione. P. Nobili aprirà nel 1851 l’Università di Santa Chiara e P. Accoli nel 1855 il Collegio S. Ignazio, che diverrà poi l’Università di San Francisco.Da questa data, marzo 1897, la Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in San Francisco viene guidata e segnata dalla presenza ed azione salesiana in modo continuativo , sempre più approfondito ed a vasto raggio: scuole, clubs sportivi, manifestazioni pubbliche, associazioni religiose e sociali… I citati primi quattro salesiani (due sacerdoti e due fratelli) vennero quindi nel marzo 1897. Alla prima Messa, il 13 marzo, il parroco don Raffaele Piperno (da Casacalende di Campobasso e divenuto salesiano da sacerdote dopo aver fatto parte del gruppo dei preti missionari di Genova) disse: “non siamo venuti per i vostri soldi, ma per le vostre anime”, riecheggiando con questo il motto di don Bosco “da mihi animas, coetera tolle”. Ed era, questa, una attività pastorale conforme allo spirito salesiano. Era stato lo stesso don Bosco ad inviare nel 1875 i primi suoi sacerdoti in Argentina (Patagonia) raccomandando loro di interessarsi anche degli italiani. Alla fine degli anni 1880 ne invierà in Messico.Ora iniziava pure in San Francisco di California questa attività pastorale - “esclusivamente per gli italiani” come aveva precisato l’Arcivescovo al Rettore Maggiore don Rua - nella Nord California, un’attività che non verrà mai più abbandonata. Neppure nelle successive mutate situazioni, quando la popolazione negli anni ‘60 si è trasferita e la “piccola Italia” si è popolata di cinesi, che ora la “chiesa italiana”, pur restando tale, assiste con nuovi metodi e nuove forze.Oggi gli italiani censiti nell’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), e quindi pienamente tali, sono, secondo il Consolato Generale di San Francisco, 8.324, di cui 1.606 in San Francisco stessa. E un dato preciso. Ma cercavo ben di più, cioè anche i numeri riguardanti i cittadini con doppia nazionalità e gli oriundi italiani, nonché una statistica sostanziale sulla immigrazione italiana dai suoi primi anni. Dati non ottenuti, né dal Consolato Generale, né dall’Istituto Italiano di Cultura, né dalla Italian-American-Heritage Foundation, la quale mi ha a sua volta inviato al Centro Statistico dei Mormoni a Lake Salt City. Meraviglia e dispiace una tale carenza di dati.I primi salesiani ebbero fin dall’inizio il prezioso sostegno delle Suore per l’assistenza alle ragazze, anche per le scuole elementari, e precisamente le Suore dell’Ordine della Presentazione già attive nel 1854. A loro succederanno nel 1950 le Suore Salesiane fondate da S. Maria Mazzarello. Erano seicento le fanciulle che frequentavano le classi del catechismo. A centinaia poi, ragazzi e ragazze, si iscrivevano nella scuola della parrocchia, ben organizzata dal salesiano irlandese Bernhard Redahan chiamato appositamente a San Francisco nel 1898. Cresime e Prime Comunioni venivano amministrate due volte all’anno per l’alto numero dei partecipanti. Un servizio che raggiungeva tutto il Nord California. Il bilancio sacramentale di cento anni, 1884-1984, era di 37.201 battesimi e 19.700 matrimoni.E nel 1919 inizia le pubblicazioni un settimanale dal titolo significativo “L’Unione” (direttore don Oreste Trincheri).La “chiesa italiana”La chiesa stessa dei SS. Pietro e Paolo, come edificio, subisce nel tempo molte trasformazioni, adattamenti, abbellimenti. La prima pietra era stata posta nel Natale del 1881 e la dedicazione ebbe luogo, sempre con l’Arcivescovo Alemany, nel giorno dei SS. Pietro e Paolo dell’anno 1884. Era situata nell’angolo Filbert/Dupont St. (dal 1919 Grand Avenue), ma il terribile terremoto del 1906 con conseguente incendio praticamente la distrusse.S.E. Mons. P. Riordan (1884-1914) succeduto ad Alemany, favorisce nel 1908 l’acquisto di un nuovo terreno di fronte a Piazza Washingon, sempre sulla Filbert St. per costruirvi una nuova chiesa (architetto Carlo Fantoni) rimanendo il vecchio edificio, in qualche modo riadattato, come luogo per le attività catechetiche e ricreative. Verrà benedetta il 30 marzo 1924 dall’Arcivescovo Hanna. Ormai la “ chiesa italiana” ospita assieme agli italiani dalle diverse parti d’Italia anche le loro più sentite devozioni, come la Madonna della Guardia (Genova) e la Madonna del Lume (Sicilia), protettrice dei pescatori, ed è divenuta il naturale riferimento della comunità italiana anche per gli avvenimenti culturali. Da ricordare: Pietro Mascagni che nel 1903 dirige nel Teatro Tivoli la sua “Cavalleria Rusticana”; il grande Enrico Caruso che negli anni 1905-1906 canta al Metroplitan; il soprano Luisa Tetrazzini che apre il nuovo Teatro Tivoli e vi canta serenate (1913); il tenore Tito Schipa che nel 1934 canta per il Giubileo d’Oro della Chiesa e la canonizzazione di don Bosco. Essa diviene anche meta di visite illustri: il generale Umberto Nobile (1926); il colonnello Francesco De Pinedo (1927); Guglielmo Marconi (1933); il presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi (1955); il presidente del Senato Amintore Fanfani (1980); il presidente della Repubblica Sandro Pertini (1982)…L’anticlericalismo di un tempo si era stemperato fino a cessare, tanto più da quando in Italia era stata risolta “la questione romana” con i Patti Lateranensi nel 1929. Pur tuttavia ancora negli anni 1926-1927 erano state gettate bombe contro la chiesa. La polizia ne sospettò immediatamente i radicali, ma senza riuscire ad avere prove, nonostante qualche strana uccisione avvenuta successivamente tra italiani.ConclusioniVolendo riassumere l’inizio e lo sviluppo dell’attività pastorale etnica italiana nella California del Nord appaiono evidenti almeno due momenti.Il primo è quello del duro, pionieristico inizio, che ha servito ad avviare un rapporto umano e religioso con la dispersa ed inizialmente diffidente e piuttosto divisa comunità italiana. Tempi difficili, ma anche creativi, di promozione umana e di evangelizzazione, che hanno visti impegnati i Gesuiti, i primi sacerdoti diocesani ed i Salesiani nei loro primi anni.E seguito poi il periodo solido ed organico della costruzione di una comunità con una formazione più approfondita ed una testimonianza pubblica di fedeltà e di servizio in un fecondo inserimento nella chiesa e società locali. Ora nel sostanziale assestamento della comunità italiana e nel recupero di valori mai smarriti, ma non di rado trascurati - come l’unione familiare, la solidarietà mirata, la religiosità rivisitata, ecc. - c’è spazio e modo per un’azione capillare con i necessari adattamenti dovuti alla mobilità della gente (che ha reso… fuori mano sia il Consolato d’Italia sia la Chiesa italiana, ora inseriti in contesto cinese) e dell’aumentato livello di inserimento culturale raggiunto.L’ITALIAN AMERICAN CENTER di Pacifica (California)A questo punto riprendo l’argomento iniziale che ha motivato lo studio e l’esposizione sulla pastorale etnica italiana in San Francisco: il Centro Italo-Americano (IAC) di Pacifica, città sull’Oceano Pacifico, contigua a San Francisco, nella contea di San Matteo. Il suo avvio è stato fuori di ogni programmazione, sia della chiesa locale sia di quella italiana. Ma il suo sviluppo si è rivelato poi provvidenziale.Si deve infatti, questo Centro, alla personale iniziativa di un sacerdote di Lucca, don Bruno Peschiera, il quale, d’intesa con il suo Vescovo Mons. G. Agresti, si porta nel 1978 in California presso parenti con il proposito di studiare se e come fosse utile il suo servizio sacerdotale in questa zona. Da un primo incontro con un gruppo di italiani il 17 febbario 1979 matura l’idea, che viene immediatamente attuata, di aprire un luogo di riferimento per l’assistenza necessaria più diversa agli italiani e particolarmente per la loro formazione religiosa. Gli inizi furono un modesto appartamento privato in San Francisco e la successiva crescita nella attuale ben più ampia ed adatta sede in Pacifica (novembre 1982).Lo scopo di aiutare le famiglie americane di origine italiana a coltivare il loro retaggio religioso e culturale per un proficuo servizio alla società e alla chiesa locali si è concretizzato in attività specifiche estese a tutta l’area della Baia di San Francisco. Una pubblicazione mensile - “I.A.C. Bulletin” - ha provveduto fin dal 1979 a mantenere contatti ed a fornire informazioni.Autorizzazioni ed attivitàIl primo pensiero è stato quello di un possibile doppione con la radicata presenza salesiana. Ma il carattere della nuova iniziativa era diverso e complementare. Essa intendeva infatti raggiungere e collegare i dispersi e lontani raramente e difficilmente raggiungibili da una pastorale localizzata. Di sua natura, infatti, il Centro ha il carattere di assistenza volante che collega poi con le realtà locali.Né il Centro poteva - tanto meno voleva - agire… in clandestinità. Infatti i contatti aperti con l’Arcivescovo Mons. John Quinn sono stati immediati ed aperti. Essi hanno poi portato al riconoscimento ufficiale con la lettera della Curia in data 10 marzo 1980 nella quale viene espressamente detto: “ il suo lavoro di ristabilire i legami culturali e religiosi tra l’Arcidiocesi di Lucca e gli emigrati da Lucca residenti in California è stato accettato dall’Arcivescovo”.Visite e riconoscimenti erano già venuti dalla Chiesa italiana con l’ufficiale inserimento del sacerdote don Bruno Peschiera nell’elenco dei missionari di emigrazione (rescritto della Conferenza Episcopale Italiana del novembre 1978) e in seguito, 6 maggio 1985, con la visita del Presidente della Commissione Ecclesiale per le Migrazioni Italiane, l’Arcivescovo di Catanzaro Mons. Antonio Cantisani, accompagnato dal Direttore dell’Ufficio operativo mons. Silvano Ridolfi ed ancora prima con la visita dell’Arcivescovo di Lucca Mons. Giuliano Agresti il 19 settembre 1980, seguita da quella di diversi altri parroci da Lucca e da altre località. Tutti furono accolti dallo I.A.C. ed i Vescovi in visita ebbero sempre contatti con la Curia locale che si espresse in senso positivo. Particolarmente significativa ed importante è rimasta la visita del Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo e Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il 29-30 luglio 1989. Egli incontrò il direttivo I.A.C., celebrò per gli italiani nella cappella del Centro e nella Chiesa italiana dei SS. Pietro e Paolo, benedisse la cappella dei pescatori in Fishermanword ed ovviamente ebbe contatti e si intrattenne con l’Arcivescovo Quinn. Questa visita era stata preparata in una precedente rapida sosta in San Francisco dal Direttore Migrantes per l’estero Mons. Silvano Ridolfi il 28 marzo ed è stata seguita da una visita allo I.A.C. da parte dell’Arcivescovo J. Quinn il 17 agosto, durante la quale egli manifestò tra l’altro la propria soddisfazione per il successo della visita del Card. Pappalardo. Va anche detto che il medesimo Arcivescovo aveva già affidato nel 1985 a don B. Peschiera l’incarico della assistenza agli italiani in San Francisco con riconoscenza perché prestava aiuto alla parrocchia territoriale dell’Epifania.Anche mons. Luigi Petris, Direttore Generale della Migrantes dal 1997, è stato successivamente più volte in San Francisco e Pacifica, ospite di don Peschiera e dello I.A.C.. Dal 2.07.1981 lo I.A.C. è anche membro dell’UCEMI (Unione Cristiana Enti tra e per i Migranti Italiani), organismo collegato alla Migrantes, particolarmente impegnato nelle attività socio-politiche ed il cui presidente dr. Adriano Degano venne per contatti in Pacifica nel 1997. Lo I.A.C. ha anche partecipato sia ai preparativi sia alla celebrazione della II Conferenza Nazionale degli Italiani all’Estero nel 1988.Le prospettiveTanta attenzione è giustificata dalla azione e finalità dello I.A.C., che vuole essere un riferimento pastorale per Italiani, gli ultimi arrivati e le precedenti generazioni sparsi nella Baia di San Francisco. E difatti don Peschiera ha iniziato con la conoscenza personale degli italiani, visitandoli a casa loro, andando a trovare gli ammalati, facendo piccole riunioni presso le famiglie o nel suo modesto appartamento in San Francisco.Nel 1982 è venuta l’opportunità di una sede più ampia ed adeguata in Pacifica ove celebrare mensilmente la messa domenicale per gli Italiani disponibili e tenere le riunioni di formazione religiosa. Allo scopo l’Arcivescovo ha dato la qualifica di “oratorio” alla cappella del Centro. Molte attività mantengono forzatamente la caratteristica della itineranza, ognuna al suo posto e nel suo tempo: festa di S. Gemma Galgani nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo in maggio; festa di Santa Croce in settembre a Loomis Roseville; la celebrazione di Natale e Pasqua con un pranzo comunitario in sede; la celebrazione del mese di novembre dedicato alle Anime del Purgatorio; la festa di Santa Zita, patrona delle collaboratrici domestiche, con la benedizione dei fiori in aprile; la giornata del padre in giugno e quella della madre in maggio a sostegno ed esaltazione della famiglia; la festa della Eucaristia la prima Domenica di giugno. Né mancano pellegrinaggi e gite per la devozione, la vita sociale e la cultura.Il coordinamento e l’animazione sono certamente di don Bruno Peschiera, ma programmazione ed attuazione sono affidati al Comitato direttivo che si riunisce periodicamente sotto la guida del suo presidente. Il primo dei quali fu Graziano Marchini (1979-1985) cui seguirono Marcella Marchini, Reina Molinari, Carla Acquisti, Anna Capurro.I 25 primi anni di vita dello I.A.C. sono stati spesi bene e interamente. Giustificatamente il 22 febbraio è stato un giorno di festa per il “giubileo d’argento” del Centro. E stata una domenica di confermati riconoscimenti, di felicitazioni e di auguri da parte di Autorità religiose italiane e locali, da parte dei Confratelli italiani e locali. La Migrantes era rappresentata da Mons. Silvano Ridolfi.Ora gli auguri per il “giubileo d’oro” tra 25 anni sono spontanei e sinceri. Ma proprio in questa prospettiva si impone un momento di seria riflessione interna allo I.A.C. ed esterna nei suoi rapporti (Chiesa italiana e Chiesa locale) per vedere come e con quali forze vada impostato il lavoro futuro perché ci sia novità nella continuità.



FONTI PER LA RICERCA:- Città di San Francisco e Consolato Generale d’Italia- “San Francisco as it is, as it was’, Inc. Garden City N.Y. 1979- “Saints Peter and Paul Church”, ed. in proprio di Alessandro Baccari Jr. 1985- Archivio della IAC