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Con gli albanesi per lo sviluppo del territorio in Italia


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/03


CON GLI ALBANESI PER LO SVILUPPO DEL TERRITORIO IN ITALIA
di Franco Bentivogli
L’immigrazione albanese in Italia1Prima di addentrarci nei problemi e nelle specificità dell’immigrazione albanese in Italia, vale la pena di considerare, sia pure per soli titoli, alcuni elementi significativi di questo fenomeno migratorio:- la realtà socio-politica e culturale del paese di provenienza, con la sua arretratezza ante II guerra mondiale, i suoi 50 anni di regime spietato di dittatura, di ateismo di stato, di statalizzazione e autarchia assolute, dentro la quale hanno vissuto e si sono formate le generazioni degli attuali migranti;- la caduta del “muro” (il regime comunista) e la crisi profonda che ne è seguita, nel cammino costruzione di un nuovo stato, fino alla crisi finanziaria delle piramidi coi suoi effetti sconvolgenti sul piano economico e dell’ordine pubblico;- le diverse fasi di immigrazione, dense di drammaticità, fino alla stabilizzazione attuale, regolata da accordi bilaterali tra i due paesi;- la presenza diffusa e consistente degli immigrati albanesi e la vicinanza dell’Albania, prese congiuntamente, costituiscono un’occasione originale di studio e di collaborazione bilaterale, sia per la gestione dei flussi, sia per le problematiche dell’accoglienza e l’inserimento in Italia, sia per lo sviluppo dell’Albania stessa.Gli albanesi in ItaliaGli albanesi in Italia, titolari di permesso di soggiorno erano 142.000 nel 2000, e si collocano al secondo posto come paese di immigrazione verso l’Italia (al primo posto troviamo il Marocco con 159.599 permessi di soggiorno), con un incremento del 22,7% rispetto l’anno precedente e con una tendenza costante alla crescita. Si tratta di dati importanti anche per l’Albania, perché dal 1990 è stato calcolato che 500.000, uno su sette albanesi sia emigrato - soprattutto in Grecia e in Italia - causando un impoverimento demografico che ha coinvolto, in sostanza tutte le famiglie albanesi2.La presenza albanese è diffusa in tutto il territorio italiano. Infatti gli albanesi sono diventati:- il primo gruppo in 7 regioni (così come il gruppo marocchino lo è in altre sette regioni): Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia;- il secondo gruppo in 6 regioni: Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Liguria, Emilia Romagna, Calabria;- il terzo gruppo in 2 regioni: Val d’Aosta e Veneto;- il quarto gruppo in 3 regioni: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania;- il quinto gruppo in 1 regione: Sicilia;- il nono gruppo in 1 regione: Sardegna;L’incidenza percentuale degli albanesi sulla presenza totale degli immigrati, a livello nazionale è del 10,2%;Ripartizione regionale per fasce:- molto alta (oltre il 20%): Puglia 39,6%, Basilicata 30,6%, Molise 28,4%, Abruzzo 22,1%;- alta (tra il 15% e il 20%): Umbria 17,8%, Toscana 16,6%, Marche 16,3%;- media (tra il 7% e il 14%): Piemonte 12,1% Emilia Romagna 11,3%, Liguria 11,8%, Calabria 11,8%, Trentino A. Adige 10,5%, Friuli Venezia Giulia 9,3%, Valle d’Aosta 8,9%, Veneto 8,9%, Lombardia 7,3%, Campania 7,1%;- bassa (fino al 6%): Sicilia 6,9%, Lazio 5,1%, Sardegna 2,3%.L’insediamento degli albanesi per regione, per rilevanza numerica e per classi d’ampiezza:- le regioni più rilevanti: Lombardia 22.373, Toscana 19.132, Puglia 14.007, Emilia Romagna 12.740, Lazio 12.645, Veneto 12,398, Piemonte 10.137;- le regioni di media grandezza: Marche 5.821, Campania 4.817, Umbria 4.639, Liguria 4.567, Abruzzo 4.179, Friuli Venezia Giulia 4.031, Sicilia 3.418, Trentino Alto Adige 3.338;- le regioni con piccoli insediamenti: Basilicata 1.138, Molise 579, Sardegna 262, Valle d’Aosta 223.L’incremento del gruppo albanese in Italia (22,7%) è più che raddoppiato rispetto all’aumento medio dell’immigrazione (10,9%). La sproporzione nelle condizioni di vita tra Italia e Albania aiuta a capire la necessità di lasciare quel paese per venire a lavorare in Italia. Per capire la forza attrattiva della penisola basti pensare che il PIL pro capite italiano (21.400 dollari USA) è 12 volte superiori a quello dell’Albania (1.650), che è 85° quanto all’indice ISU.Rispetto alla generalità degli immigrati gli albanesi si caratterizzano per avere:- una più alta incidenza percentuale nei motivi di lavoro (60,6%), di famiglia (25,6%), d’affidamento (minori non accompagnati);- un’incidenza pari alla media nei motivi di studio;- un’incidenza percentuale più bassa negli altri motivi di soggiorno.Tra gli altri motivi, che incidono in misura più cospicua sul complesso degli immigrati ma non sugli albanesi, bisogna ricordare la presenza per motivi religiosi (4,0%) e per residenza elettiva (3,9%).Negli albanesi vi è una grande differenziazione di genere per quanto riguarda i motivi di soggiorno:- i maschi che vengono per lavoro dipendente sono l’82,9%;- per il lavoro autonomo la % è più bassa rispetto alla generalità degli immigrati (4,5% rispetto alla media del 6,3%);- presenza di maschi per motivi familiari (1 su 10) e leggermente ridotta la percentuale di quelli che vengono per motivo di studio. Le donne albanesi:- il 66,7% viene per motivi di famiglia;- il 25,1% per motivi di lavoro;- il 4,4% per motivi di studio- per lavoro autonomo, n. 480. - Permessi di soggiorno per lavoro, 144.000- Assunzioni nell’anno, 47.035- Cessazioni, 37.348- Saldo 9.687, pari al 20.59% (il saldo del totale degli immigrati è del 18,90%);- Disoccupati, 6,3%, come media nazionale immigrati;- regioni con la più alta percentuale di senza lavoro: Puglia 8,7%, Piemonte 8,8%, Lazio 9,5%, Calabria 9,6%, Campania 11,9%, Valle d’Aosta 12,9%, Sardegna 13,0%, Basilicata 13,4%, Sicilia 17,1%;- regioni con le situazioni in linea con la media nazionale: Molise 5,8%, Toscana 6,1%, Liguria 6,3%;- regioni con le situazioni più soddisfacenti quanto alla percentuale di senza lavoro: Veneto 3,0%, Lombardia 3,6%, Friuli Venezia Giulia 3,9%, Emilia Romagna 4,1%, Umbria 4,1%, Abruzzo 4,3%, Trentino Alto Adige 4,6%, Marche 4,6%.Gli albanesi hanno raggiunto, un alto livello d’inserimento occupazionale, ed un tasso di stabilità nel lavoro superiore a quello del totale degli immigrati, nonostante i pregiudizi.- Edilizia (è considerata una specializzazione tipica degli albanesi);- meccanica;- agroalimentare;- pulizie, spedizioni e servizi;- lavori stagionali consecutivi, raccolta frutta, gelati, panettoni, turismo, ecc.Gli albanesi con permesso di soggiorno per lavoro autonomo sono solo il 3,2%, la metà rispetto l’insieme degli immigrati. Alcuni attribuiscono questa minore propensione per il lavoro autonomo alla mancanza di una cultura imprenditoriale.Le imprese degli albanesi riguardano nell’ordine: l’edilizia, imprese di pulizia, trasporti e spedizioni.- 34,2% tramite un amico o conoscente immigrato;- 23,1% presentandosi direttamente in azienda;- 12,8% tramite amici o conoscenti italiani;- si tratta di un “incontro molecolare” tra domanda e offerta;- gli ingressi sono prevalentemente a termine ma per periodi non troppo lunghi.In prevalenza addetti a lavori generici, ma, in base alle capacità professionali, con possibilità di carriera. In particolare nell’edilizia si passa dai manovali, ad incarichi di responsabilità, a capi squadra.Secondo una ricerca svolta dal prof. Mottura in E.R. sulle qualifiche d’inquadramento all’assunzione dei lavoratori albanesi, ha dato i seguenti risultati: operai comuni, 73,5%; operai qualificati, 20,0%; operai specializzati, 1,54%; impiegati, 5,1%.Sono poi stati rilevati problemi di nocività e infortuni nel 16,6% dei casi. Inoltre, in base ai dati INAIL, gli albanesi, nel 2001, con una presenza del 10,6% del totale degli immigrati, hanno avuto il 10,7% degli infortuni, 92,3% uomini e 8,7% donne.I settori con maggiore frequenza d’infortuni sono: costruzioni, 27,7%; metalli, 13,3%; agroindustriale, 7,1%.Discriminazioni rispetto i lavoratori italiani, e pregiudizi (varie regioni):- il 41% dichiara che è più difficile degli italiani fare carriera- il 28% è possibilista- il 4% dichiara che la carriera è più facile per gli albanesi- il 58% dichiara di aver subito o assistito a casi di discriminazione- il 48% ricorda episodi di solidarietà verso gli albanesi.a) “irriconoscenti”, “rissosi”, “inaffidabili negli orari e permessi”, ecc.b) “però questi albanesi come lavorano!”, “gente che non gli dovevi dire nulla per farli lavorare, gente che arriva all’ora giusta, mai in ritardo e dei muli”, “l’albanese ha un carattere brutto, come si suol dire di sangue cattivo”, “chi è stato fregato, magari da un africano, dopo ha delle remore ad assumerne degli altri”, ecc.c) frequenti rifiuti d’albanesi nel lavoro presso le famiglie.Il ruolo della stampa, nella rappresentazione degli albanesi.Tutti i ricercatori mettono in evidenza il ruolo negativo della stampa, specie locale, nella rappresentazione degli albanesi: mette in risalto la connessione criminalità-immigrazione; presenta gli albanesi come provenienti da un “mondo alieno”, primitivi di un mondo chiuso, equazione, donne albanesi-prostitute, la stampa pone spesso l’albanese come il paradigma del sospettato, ecc.- Ogni 100 albanesi regolarmente soggiornanti 64 sono di sesso maschile, una percentuale più elevata rispetto all’incidenza che hanno gli stranieri maschi sul totale degli immigrati pari al 54,2%; - Le donne albanesi sono 36 ogni 100 soggiornanti;Le donne sono nello stesso tempo l’indice più palese della stabilizzazione delle famiglie e anche una garanzia di maggiore apertura, non solo perché trovano facile sbocco nel lavoro domestico e nell’assistenza, ma anche perché sono più interessate al modello culturale della società ospitante che può favorire la loro emancipazione dalla subalternità. - coniugati (79.003), che sono oltre la metà dei soggiornanti (55,6%), celibi/nubili (56.654), pari a quasi due individui su 5 (39,9%) e una piccola porzione il cui stato civile resta ignoto (3.484 unità pari ad appena il 2,5% del totale). Gli immigrati albanesi con prole, 29.290 sono pari al 20,6%, mentre tra la generalità degli immigrati soggiornanti sono solo il 14,2%: ciò attesta una netta tendenza di questo gruppo a costituire i propri gruppi familiari e ad insediarsi stabilmente.Gli albanesi costituiscono una popolazione molto giovane, come avviene per molti altri gruppi d’immigrati e si evidenziano per la più alta percentuale (sette punti percentuali in più rispetto alla media) di persone coniugate, indicando una tendenza precoce al matrimonio. Molto elevata la presenza totale (e il costante incremento) dei minori albanesi nelle scuole italiane, nel periodo che va dall’anno scolastico 1995-96 al 2000-01, ponendosi al primo posto con 25.050 alunni, superando i marocchini, coi loro 23.052 alunni e che sono il primo paese d’immigrazione in Italia.Sulla base di varie valutazioni (chiusura famigliare, individualismi, ecc.), sostenute da qualche osservatore, si spiegherebbe la scarsa propensione degli albanesi all’associazionismo, fattore che, per altro, non aiuta una migliore conoscenza degli autoctoni. Ora, senza negare il peso di questi condizionamenti, occorre abituarsi a leggere l’immigrazione come incentivo al cambiamento, come, in effetti, sta avvenendo, per gli accolti che per gli accoglienti, pur tra mille problemi.Un’osservazione frequente sugli albanesi è che sono “invisibili” nel tempo libero, per queste e altre ragioni vengono anche definiti i “vicini-lontani”. Non va inoltre sottovalutato che le istituzioni italiane (salvo limitate eccezioni), offrono scarso spazio agli organismi associativi e alla loro concreta partecipazione.Vale in ogni modo la pena analizzare l’associazionismo degli albanesi, quantità e qualità, in rapporto agli altri grandi gruppi d’immigrati in Italia.Secondo una Ricerca della Fondazione Corazzin sull’associazionismo degli immigrati, il numero d’associazioni d’albanesi risulta modesta, 27 associazioni per i 144.000 residenti, con una prevalenza, del tipo d’associazione etnica, l’assenza d’associazioni con finalità sociali e un’accentuazione delle associazioni comunitarie e di quelle socio-culturali e culturali. Un numero complessivo decisamente modesto, con una associazione ogni 5.333 residenti.Alcune opinioni raccolte tra operatori, sui limiti dell’associazionismo degli albanesi, indicano come cause: la loro minore anzianità d’immigrazione, dei rappresentanti poco rappresentanti, una maggiore autosufficienza per la conoscenza della lingua italiana, la scarsa attenzione delle istituzioni pubbliche (tranne che per le vittime dello sfruttamento sessuale), la scarsa partecipazione ai servizi degli sportelli specifici, soggettiva difficoltà a costruire reti di mutuo aiuto, ecc.Criminalità e devianzaL’Albania, insieme al Marocco e alla Tunisia, detiene tre quarti dei motivi giudiziari e di detenzione. I delitti commessi dai detenuti albanesi sono nell’ordine: droga, patrimonio, persone, ordine pubblico, armi. Una particolare notazione va fatta sull’indicibile violenza e oppressione dei “protettori”verso le prostitute albanesi in Italia, la cui terribile storia è considerata “unica”.Un’ultima notazione di rilievo viene dalla Direzione Investigativa Antimafia, secondo la quale, il fenomeno della criminalità organizzata straniera è riferibile quasi esclusivamente a quella proveniente dai paesi in via di sviluppo e, in particolare, a quella albanese, cinese e nigeriana. I minori non accompagnati provenienti dall’Albania sono al primo posto col 70% (con tendenza all’aumento), seguiti dai marocchini (il 7,7% nel 2000 e il 16% nei primi cinque mesi del 2001) e dai rumeni (anch’essi passati dal 5% all’8,3%), mentre agli jugoslavi spetta il 2%. Essi vengono o per una loro decisione autonoma, seguendo principalmente il meccanismo delle migrazioni a catena (come la maggior parte di minori d’origine marocchina), o perché vittime del racket d’organizzazioni malavitose; quelli provenienti dalla Jugoslavia sono soprattutto profughi di guerra e richiedenti asilo.L’età dei minori non accompagnati, complessivamente intesi è, in %: da 0 a 6 anni, 2,6; da 7-14 anni, 16,8; da 15 anni, 12,7; 16 anni, 25,8; 17 anni, 42,1. Il 14% è costituito da femmine e l’86% da maschi.Il 78,3% risiede, nell’ordine, nelle seguenti regioni: Puglia, Lombardia, Lazio, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna.Su 1.139 miliardi di rimesse inviati nel 2000 dagli immigrati soggiornanti in Italia, la quota degli albanesi è minimale, di appena 1 miliardo e mezzo. Se si considera che è stato stimato che nel 1995 le rimesse degli immigrati albanesi ammontavano a circa 300-500 milioni di dollari all’anno, pari a circa il 15-20% del PIL ufficiale: questo lascia intendere che molti immigrati preferiscono farle transitare attraverso le vie non ufficiali. L’insieme dei dati e delle valutazioni esposte, configurano una situazione con molti aspetti positivi, ma anche con aspetti critici e problematici.Il dato da cui partire, in ogni modo, è quello che indica una presenza elevata e crescente d’albanesi in Italia (il secondo gruppo, ma con molte possibilità di diventare il primo, superando i marocchini); un’elevata presenza di albanesi: sposati e con prole, minori a scuola, un alto flusso di ricongiungimenti famigliari, un tasso d’occupazione tra i più alti. Tutti elementi che indicano una tendenza all’inserimento stabile.In negativo si registra un alto tasso di devianza e criminalità (il 16,3% dei detenuti, di cui il 2,5% donne, a fronte del 10% della popolazione albanese rispetto l’intera popolazione immigrata, per non parlare della violenza e dello sfruttamento delle donne) e quindi di presenza, ad alta frequenza, nella “cronaca nera”, che sommata con la propensione al senzazionalismo ed all’enfatizzazione della stampa, specie locale, finisce col produrre uno stereotipo dell’albanese come persona “pericolosa” o quanto meno, “inaffidabile”.Pur con significative eccezioni, le varie e recenti interviste, riportate nel volume citato, Gli albanesi in Italia, testimoniano la penetrazione dei pregiudizi, degli stereotipi, negativi degli albanesi nei vari strati della popolazione. C’è tutto un cammino in salita, che deve essere percorso dagli albanesi in primo luogo, ma non da soli, ma con l’organizzazione di proprie associazioni, anche interetniche, con le organizzazioni di volontariato, con le parrocchie, coi sindacati, coi centri servizi, con gli enti locali.Partecipazione e visibilità delle “buone pratiche”Dare visibilità alla presenza, alla partecipazione, superando assenze o presenze deboli, nelle reti associative e solidali, nella rete dei servizi del territorio, reti in relazione con le istituzioni. Insomma, essere presenti nel campo dei diritti e della cittadinanza attiva.Anche le istituzioni devono fare la propria parte: innanzitutto superare i ritardi di una politica sociale povera e burocratica, capace d’interventi mirati, sostenendo l’associazionismo degli immigrati, aprendo spazi concreti di partecipazione politica e sociale, che inneschino processi di sviluppo sociale, d’integrazione e di visibilità.Ovunque si segnala un’assenza d’interventi in favore della realtà immigratoria albanese, con le sue specificità, la sua cultura e la sua storia.Un terreno privilegiato dell’intervento pubblico e sociale è costituito dalla CASA, condizione primaria d’accoglienza nella legalità e nel rispetto dei diritti umani fondamentali.Le carenze della politica abitativa italiana, è piena di gravi conseguenze: accende la guerra tra poveri - immigrati e italiani -, rende difficile l’accesso alla casa, per la carenza di questo bene, per gli altissimi affitti; è un campo dove prospera la speculazione, gli affitti in nero, il filtro dei pregiudizi e della più crudele discriminazione contro gli albanesi, col risultato di doversi, troppo spesso accontentare d’abitazioni prive dei più elementari requisiti d’abitabilità (garage, soffitte, cantine, capannoni, baracche, ecc.).Infine la lingua italiana. è fondamentale nel lavoro, nell’accesso ai diritti, nelle relazioni. è un fattore di qualità dell’inserimento e della cittadinanza senza riduzioni.Occorre, infine valorizzare tutti gli elementi positivi della presenza degli albanesi, che sono attestati da quanti, compagni di lavoro e vicini di casa, sono in relazione con loro da lungo tempo. Valorizzando anche l’apprezzamento per l’Italia (al quale gli italiani non sembrano dar peso), il buon apprendimento della lingua italiana, il tenace sforzo per riuscire con le proprie forze senza cadere in una mentalità assistenzialistica, la buona riuscita in vari settori lavorativi, l’integrazione portata avanti nonostante gli ostacoli.
1 I dati e i riferimenti, in parte rielaborati, di questa relazione sono tratti dalle pubblicazioni del Dossier Caritas Immigrazione e dal volume: Gli albanesi in Italia, OIM, a cura di U. Melchionda, ed. Franco Angeli2 Cfr. A. Silj, “Albanese uguale criminale. Analisi critica di uno stereotipo”, Limes, n.20/2001, 247-261