» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Il convegno di Castelgandolfo: un evento ecclesiale


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/03


IL CONVEGNO DI CASTELGANDOLFO: UN EVENTO ECCLESIALE
di Luigi Petris
Il Convegno Nazionale sulle Migrazioni di Castelgandolfo (25-28 febbraio 2003) sul tema “Tutte le genti verranno a te - La missione ad gentes nelle nostre terre”, è stato un convegno che ha visto la presenza di oltre seicento partecipanti, in rappresentanza della maggior parte delle diocesi italiane. Più ancora del numero va rimarcata la partecipazione attiva, fortemente interessata e motivata, direi anche appassionata, di tutti i presenti su un tema che si percepisce sempre più come qualificante non di un settore particolare, ma della pastorale delle nostre Chiese presa nel suo insieme. Il Presidente della CEI, il Card. Camillo Ruini, il 24 marzo ha riferito al Consiglio Episcopale Permanente che il convegno si è svolto “con grande e intensa partecipazione”: una valutazione lusinghiera, che ha confermato l’altrettanto lusinghiero preannuncio, da parte dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali della CEI, del convegno come “l’evento più importante della Chiesa italiana nel 2003”.Alcuni aspetti significativi del convegno possono giustificare questa globale valutazione positiva.
Una pastorale d’insiemePrima ancora dei contenuti va messa in rilievo la convergenza di molteplici uffici e organismi ecclesiali, a partire dalle tre Commissioni Episcopali (Cooperazione missionaria tra le Chiese - Catechesi - Migrazioni) che si sono accordate per proporre ai più alti vertici della CEI l’iniziativa. Una sinergia che si è manifestata nella preparazione e nella celebrazione, a livello nazionale, a livello regionale e locale. Da molti si è posto in rilievo questa spontanea e convinta concordanza, per nulla imposta, questo modello di pastorale d’insieme che non mancherà di avere benefici riscontri anche in altri settori della pastorale. Ne deriva l’importante risultato che le migrazioni, che continueranno ad essere oggetto d’una pastorale specifica, rientrino sempre di più nel quadro generale della pastorale ordinaria delle diocesi e delle parrocchie.E superato il tempo di affidare la “pastorale migratoria” a qualche sacerdote o religiosa “dal cuore buono”. Il fenomeno immigrazione è duraturo e permanente e dovrà essere affrontato da un progetto pastorale di insieme che veda uniti molti uffici pastorali diocesani (Migrantes, Caritas, Ufficio missionario, Ufficio catechesi, Ufficio per l’ecumenismo, ecc.). Solo così potremo offrire delle valide soluzioni per un efficace ed originale inserimento degli immigrati cattolici nelle nostre Chiese locali e comunità parrocchiali, e sviluppare un dialogo ed una collaborazione credibili con i non cristiani.
La dimensione missionaria delle migrazioniUna seconda nota da sottolineare è che il convegno è stato fedele a se stesso, non è andato fuori tema. Era facile che, parlando di migrazioni, l’attenzione si allargasse a tutto il vastissimo campo di impegno sociale che questa parola spontaneamente evoca e sul quale tante forze anche di ispirazione cristiana sono dedite con coraggio e con passione. Diciamo francamente che tutte queste tematiche non solo erano presupposte, ma sono emerse e sono state dibattute in modo più o meno esplicito, ma non fino al punto da invadere il campo ed annacquare in discussioni troppo generali quello che era il tema specifico e qualificante del convegno: le migrazioni nella loro dimensione missionaria, come luogo di evangelizzazione anche sotto forma di primo annuncio. La relazione di Padre Franco Cagnasso del PIME “L’annuncio in un contesto migratorio plurireligioso” è stata molto efficace per rimanere fedeli al tema centrale.
Nuova evangelizzazione dei migrantiAl primo annuncio è stato strettamente legato il compito della nuova evangelizzazione: tanti migranti provengono da Paesi in maggioranza cattolici, ma le tante vicende nel Paese di origine e l’avventura migratoria hanno spesso molto diradato la limpidezza della fede e della pratica cristiana, pur rimanendo ancora nel sottofondo un vago sentimento religioso incapace da solo di esprimersi. La cura pastorale per questi gruppi è determinante non solo perché non si spenga del tutto la fiammella “fumigante” di evangelica memoria, ma perché questa si ridesti e addirittura diventi lucerna posta sul candelabro così da far luce anche agli altri. Penetrante e condivisa la relazione di Padre Graziano Tassello che ha portato appunto su questo tema “Una pastorale specifica segno e strumento per una Chiesa veramente cattolica”. Gli operatori pastorali devono innanzitutto conoscere l’esperienza ormai secolare fatta dalla Chiesa in questo settore. L’Italia non è la prima nazione o Chiesa che affronta questo problema! Non iniziamo quindi a sperimentare ciò che è stato già sperimentato, ma sfruttiamo, per esempio, le acquisizioni fatte da centinaia, da migliaia di nostri “missionari d’emigrazione”, che sparsi in tutto il mondo hanno seguito con amore i milioni di nostri emigrati con l’intento di inserirli, con una pastorale specifica, nelle Chiese locali di accoglienza.
La comunità credente si verificaIl convegno è stato inoltre un’occasione per fare una radiografia delle nostre comunità cristiane, come esse respirando nell’ambiente circostante un’aria talora rigida e infetta (certe “propagande” partitiche non possono non definirsi “infette”) rischino di adeguarsi passivamente al pensiero di moda, col pericolo che un atteggiamento critico e lamentoso abbia il sopravvento e diventi specioso pretesto perché anche da parte dei cristiani si rafforzi il fronte del no verso i migranti e si giustifichi di fatto il disimpegno. E tornata con tanta serietà la spinta, per gli operatori, ad una “conversione pastorale” e nei confronti delle nostre comunità cristiane l’urgenza di un cambiamento di mentalità e di umori che comporta una profonda opera pedagogica in base ad autentici valori cristiani e civili, patrimonio della nostra tradizione.