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Immigrazione: solidarietà e legalità alla luce del vangelo


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/03


IMMIGRAZIONE: SOLIDARIETÀ E LEGALITÀ ALLA LUCE DEL VANGELO
di Bruno Mioli
Conciliare l’inconciliabile“Coniugare tra loro le esigenze della solidarietà e dell’accoglienza con quelle del rispetto della legalità”: sono parole del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale C. Ruini, che, enunciate nel Consiglio Episcopale Permanente della primavera 1999, sono state con particolare insistenza ripetute, prima e dopo quella data, con l’aggiunta di qualche variante per meglio contestualizzarle alla situazione socio-politica ed ecclesiale di quel particolare momento.Ad esempio, tre anni dopo, quando la legge Bossi-Fini stava per essere definitivamente approvata, il Cardinale l’11 marzo 2002, ancora in sede di Consiglio Permanente, rileva che “alquanto problematiche appaiono… le norme sull’immigrazione contenute nel disegno di legge recentemente approvato dal Senato” e conclude che “la doverosa tutela della legalità e il rispetto delle compatibilità nell’accoglienza degli immigrati vanno perseguiti all’interno di un approccio solidale e personalistico, per il quale… l’altro, anche quando viene da lontano, è in primo luogo prossimo, e non avversario minaccioso”. Ma “chi è il mio prossimo?”. La risposta, come ben sappiamo viene da Gesù, quando propone il caso emblematico del buon samaritano, cioè dello straniero.Lo stesso pensiero, addirittura con le stesse formule, viene ribadito dal Magistero pontificio.Piace rilevare che anche gente semplice sa esprimersi nello stesso stile e perfino con lo stesso linguaggio usato al vertice del magistero della Chiesa universale e della Chiesa italiana. Leggiamo in Settimana (20 luglio 2003) la “Lettera agli abitanti di Lampedusa”, inviata da una comunità parrocchiale della Puglia, che incoraggia i fratelli nella fede della piccola isola ad affrontare la difficile situazione nello spirito e col coraggio del Vangelo. Vi si legge tra l’altro: “Può capitare che lo Stato e la cosiddetta società civile lascino soli voi, lampedusiani, a fare i conti con una situazione di emergenza, spesso più grande di voi, nella quale è difficoltoso coniugare solidarietà e legalità, senza dimenticare che la solidarietà, secondo il Vangelo, passa attraverso rischi e rinunce”. La nobilissima lettera, riportata in Migranti-press n. 36, merita di essere letta per intero per bene afferrare l’inscindibilità e la gerarchia dei valori espressi nel trinomio: Vangelo, solidarietà, legalità.
Un ideale cui tendere, anche se...Certamente il Vangelo non è parola magica che automaticamente porti a dosare nella giusta misura solidarietà e legalità e consenta così di tenere l’ago della bilancia in pieno equilibrio fra i due termini che si richiamano rispettivamente ai valori supremi della carità e della giustizia. Solo in Dio carità e giustizia sono in perfetto equilibrio, fino al punto di coincidere e identificarsi. Per noi poveri mortali si esige ricerca sincera e costante, prudente discernimento, atteggiamento umile e non presuntuoso, consultazione e ascolto rispettoso anche di chi la pensa diversamente. Ma poi una scelta la si dovrà fare, affrontando, come dice la citata lettera, “rischi e rinunce”, in fedeltà al Vangelo, con coraggio profetico e con la disponibilità ad andare anche contro corrente, ossia contro quel sentire comune che non sempre coincide col buon senso e tanto meno col “sensus Christi”.Legalità per tutti, in basso e in altoA riguardo di legalità ci dobbiamo interrogare anche in ambito ecclesiale; la nostra attenzione infatti a mantenere questo equilibrio è già tanta, ma non è mai troppa. Rientra in questo “culto” per la legalità anche lo scrupolo di conoscere e far conoscere con obiettività la legge e i suoi aggiornamenti, per evitare posizioni pregiudiziali e tendenzialmente contestatrici, consapevoli che nessuna legge, tanto meno una legge su realtà sociali così complesse come le migrazioni, può essere perfetta e rispondere in modo sempre equo alle singole situazioni particolari spesso tra loro così disparate. Ciò non toglie che verso la legge si possa avere e manifestare un giudizio decisamente critico, questo però non dispensa dall’osservanza della legge, a meno che non ci si trovi di fronte a quei casi estremi in cui è legittima e talora doverosa l’obiezione di coscienza, che comporta la disobbedienza civile (è il caso, ad esempio, dei legislatori e dei medici di fronte all’aborto). Il senso della legalità poi non può tradursi in un atteggiamento passivo e rassegnato: ci sono vie democratiche, anche se scabrose ed estenuanti, per cambiare una legge mal fatta, vie ancor più praticabili per esigerne una ragionevole interpretazione e per sollecitare l’apparato amministrativo a non vanificare, con ritardi, arroganza o comportamenti arbitrari, quanto è garantito dalla legge. La testimonianza nostra infine deve essere senza ombre nel rimanere estranei a tutto ciò che dalla legge è espressamente vietato, come il favoreggiamento diretto o indiretto dell’immigrazione irregolare, il coinvolgimento in forme di lavoro in nero, la mancata denuncia dell’ospitalità a stranieri anche regolari, la permanenza in Italia allo scadere del permesso di soggiorno.Tuttavia anche il Governo con tutto il suo apparato centrale e periferico deve interrogarsi se rimanere nell’alveo della legalità, se cioè applichi seriamente e tempestivamente la legge che lui stesso si è voluto dare: c’è un forte dubbio circa questa ortodossia di comportamento se si pensa, ad esempio, che da anni sono chiusi tutti i canali di partecipazione democratica previsti dalla legge per le associazioni ed altre forze sociali, che avvengono trattenimenti ed espulsioni non autorizzate dalla magistratura, che è in enorme ritardo l’emanazione dei vari regolamenti di attuazione della legge, e questo incoraggia nei funzionari una discrezionalità che è ai confini con l’arbitrarietà. Da parte di chi ci governa ci dovrebbe essere una chiara esemplarità in tutto ciò che concerne la legge. Se manca questa esemplarità nei pubblici amministratori, c’è nel loro occhio una trave che non consente loro di infierire contro la pagliuzza nell’occhio dei sudditi, stranieri o italiani che siano.
Solidarietà da condividereQuanto poi al compito dello Stato con tutte le sue articolazioni e del privato sociale, compreso l’associazionismo di ispirazione cristiana, sarebbe aberrante attribuire al primo la tutela della legalità, al secondo l’attenzione alla solidarietà. Il compito di solidarietà del pubblico potere è fortemente iscritto nella Costituzione Italiana come pure nel Testo Unico sull’immigrazione, in quelle parti che sono rimaste pressoché intatte anche nella Bossi-Fini. Naturalmente non è sufficiente che la legge parli chiaro perché anche in questo caso tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: per colmare il mare c’è bisogno dell’applicazione quotidiana della legge, e qui entra in campo la preparazione e la sensibilità dell’apparato amministrativo. è doveroso prendere atto che tanti funzionari delle questure e prefetture, degli uffici del lavoro, delle unità sanitarie, dei vari istituti scolastici e di altre pubbliche amministrazioni anche locali mostrano verso gli stranieri autentica cortesia e disponibilità; ma perché questo stile diventi sempre più generalizzato e consolidato c’è molta strada da fare. Però, per quanto efficiente e sensibile sia l’apparato pubblico, non potrà essere onnipresente e rispondere a tutti i bisogni e a tutte le invocazioni di aiuto. Rimarrà sempre tanto spazio per il volontariato dei singoli e le forze di solidarietà. Esse continueranno in ogni caso a svolgere un ruolo insostituibile. Vale anche qui l’avvertimento del Maestro: “I poveri li avrete sempre con voi”. Sta poi il fatto che tanti immigrati, anche quando hanno superato la povertà economica, rimangono spesso molti passi indietro nei confronti degli italiani per riconoscimento dei diritti e per possibilità di promozione sociale e lavorativa.Probabilmente questi immigrati, specie gli ultimi arrivati, rimangono indietro anche nella conoscenza della legge e dei loro doveri oltre che dei loro diritti. L’aiuto a colmare questa lacuna è opera di solidarietà ed è allo stesso tempo educazione alla legalità. è un cammino che la comunità ecclesiale intende percorrere con tutta la società civile, con tutto il mondo della cultura, della comunicazione e della politica, sempre inteso che il Vangelo dà un supplemento di luce e una carica di energia per tenere incanalata la solidarietà nell’alveo della legalità e per vivificare la legge con lo spirito di solidarietà.

STRANIERI IN ITALIA E LORO APPARTENENZA RELIGIOSA
Quanti sono gli stranieri?All’inizio del 2003, secondo i dati del Ministero dell’Interno, gli immigrati o, più propriamente, gli stranieri presenti regolarmente in Italia erano sul milione e mezzo, esattamente 1.515.000. Come si sa, tale cifra va maggiorata di circa il 20%, per includervi i regolari privi temporaneamente del permesso di soggiorno, in particolare i minori di 14 anni iscritti nel permesso dei genitori: si raggiunge così quota 1.800.000. Se poi si tiene conto dei 702.000 per i quali tra breve si concluderanno le pretiche di regolarizzazione, si sale a 2.500.000. è vero che una parte delle domande di regolarizzazione non sarà accolta, ma sembra si tratti di una frangia piuttosto ridotta, non superiore al 10%; comunque con l’aggiunta delle nascite di cittadini stranieri, dei ricongiungimenti familiari e di altri ingressi nel corso dell’anno, la quota di due milioni e mezzo di presenze straniere si può dare senz’altro per scontata.
Stime della appartenenza religiosaQuanto alle religioni professate, la Migrantes presenta tre stime, che rendono più completo il quadro. La prima si basa sul criterio adottato dal “Dossier Statistico Immigrazione”: la trasposizione tra gli immigrati della stessa proporzione esistente nel loro Paese di origine. Ne risulta che nel 2003 sul totale di 1.515.000 stranieri 453.000 (29,2%) sono cattolici, 320.000 (21,3%) cristiani non cattolici, 531.000 (35,4%) musulmani, 311.000 (14,1%) di altre religioni.La seconda stima è fatta con lo stesso criterio, ma si riferisce ai 2.500.000 stranieri effettivamente presenti, dei quali la percentuale rimane invariata, ma il numero assoluto sale a 730.000 per cattolici, a 533.000 per gli altri cristiani, a 885.000 per i musulmani, a 352.000 per le altre religioni.Per la terza stima, che la Migrantes sta mettendo a punto, il criterio è in parte diverso dal precedente, nel senso che in alcuni casi si fa attenzione non alla nazione di provenienza, ma all’area geografica da cui in prevalenza provengono gli immigrati di quella nazione. Così, ad esempio, nelle Filippine, dove la media nazionale dei cattolici è calcolata sull’84-85%, si parte per l’Italia dalle isole abitate quasi esclusivamente da cattolici; caso simile è quello dell’Ucraina, dalla quale i flussi emigratori provengono dalle regioni occidentali, confinanti con la Polonia, dove i cattolici greco-bizantini sono la grande maggioranza. Analogo discorso si può dire per i romeni, i cingalesi dello Sri-Lanka, gli indiani del Kerala, per i nigeriani e per altre etnie. A regolarizzazione ultimata, sarà possibile riprendere con più concretezza questo calcolo, che porterà a risultati probabilmente sorprendenti per ciò che riguarda la presenza straniera in Italia sia dei cristiani in genere che dei cattolici in specie, i quali in percentuale si potrebbero portare oltre il 30%, in numero assoluto oltre le 900.000 unità.