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Il popolo del mare: comunità multireligiosa e multietnica
Diocesi e parrocchie

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/03


POPOLO DEL MARE: COMUNITÀ MULTIRELIGIOSA E MULTIETNICA
DIOCESI E PARROCCHIE “MARINARE” CHIAMATE AD UN “IMPEGNO PASTORALE ORDINARIO” NEI CONFRONTI DELLA GENTE DI MARE
di Giuseppe Mazzotta
Il mondo del mare per sua natura è internazionale ed i processi che avvengono in esso sono anticipatori di quello che poi avverrà gradualmente in tutta la società. Ad esempio il fenomeno della globalizzazione, con tutto ciò che comporta per la configurazione nuova che dà ai rapporti fra gli uomini ed i popoli, e soprattutto ai processi economici, è presente già da alcuni decenni nel mondo marittimo.Qui non vogliamo esaminare i risvolti ulteriormente negativi che questo fenomeno ha avuto sulle condizioni di vita, sulla dignità e sulla possibilità, già prima molto scarsa, di far sentire la propria voce e di far valere i propri diritti fondamentali da parte dei marittimi.Vogliamo, invece, vedere la faccia positiva, anche se molto sofferta, della medaglia: il valore della tolleranza e della convivenza pacifica fra uomini di culture e religioni diverse presenti nel mondo marittimo.Il marittimo, proprio in ragione del suo “peregrinare per il mondo”, da sempre ha avuto una mentalità più aperta alle altre culture, modi di vita e religioni. Ma oggi, con la frequente plurinazionalità degli equipaggi, in una stessa nave si trovano fisicamente a convivere persone di razze, culture e religioni differenti. Esse sono accomunate da un unico spazio vitale per molti mesi, dagli stessi pericoli e da un unico impegno da cui dipende non solo l’operatività della nave, ma anche la vita stessa di tutti. Necessariamente devono essere una comunità!Questo segna profondamente i marittimi, che, al di là di qualsiasi differenza, sentono di essere partecipi di un’unica condizione. Quante volte, visitando una nave e chiedendo la religione di appartenenza ai marittimi, mi son sentito rispondere, forse in modo non del tutto condivisibile, ma significativo: “Padre, qui a bordo prima di essere cristiani, musulmani, induisti o buddisti siamo marittimi! Questa è innanzi tutto la nostra identità in questo momento”. Certo in assoluto non mancano problemi o tensioni in questo convivere di uomini di diversa condizione, cultura, fede religiosa, ma in genere si instaura un rapporto che va dal minimo della tolleranza reciproca, al rispetto, fino alla comunicazione e condivisione di esperienze e valori.Questa multietnicità e multireligiosità del mondo marittimo segna anche l’Apostolato del Mare, che pone il suo impegno umano e cristiano a servizio di ogni navigante, indipendentemente dalla razza o dalla appartenenza religiosa, approfondendo con tutti il dialogo dell’amore e dell’ accoglienza reciprocaEd è quasi naturale che sia nata una struttura ecumenica di coordinamento fra le varie denominazioni cristiane che si occupano della assistenza religiosa ed umana della gente di mare, l’ICMA, International Christian Maritime Association. Essa coinvolge soprattutto la Chiesa cattolica e Chiese appartenenti alla Riforma, ma già da tempo è in atto il tentativo di coinvolgere maggiormente anche la Chiesa ortodossa.La configurazione del mondo marittimo oggi impone la prospettiva di una necessaria collaborazione anche con le altre Religioni, specie musulmana, induista e buddista, data l’appartenenza religiosa di una grande parte dei marittimi.E importante che le Chiese e le Religioni pongano finalmente attenzione al popolo del mare ed esprimano un impegno coordinato per la sua promozione spirituale ed umana. Questo impegno da una parte gioverà moltissimo al mondo marittimo, d’altra ritornerà a sicuro vantaggio delle Chiese e delle Religioni stesse. Infatti l’ecumenismo che le Chiese cristiane da tanti anni auspicano, senza riuscire a venir fuori dalle secche degli intendimenti puramente teorici, ed il dialogo e la collaborazione interreligiosi, di cui negli ultimi anni si sta avvertendo l’impellente necessità, sono esperienza già in atto nel mondo marittimo di cui le Chiese e le Religioni possono arricchirsi.In questo senso il popolo del mare è portatore di valori fondamentali, indispensabili per questo nostro mondo lacerato da discordi e, egoismi e nazionalismi, in cui il fatto religioso serve ancora non per unire nel nome dell’unico Dio, ma per giustificare e radicalizzare divisioni e violenza.Il Papa, nel Motu proprio “Stella Maris”, definendo il popolo del mare allarga questo concetto e comprende in esso non solo i naviganti ed i marittimi, anche pensionati, ma anche i loro familiari, gli allievi degli Istituti Nautici, coloro che lavorano nei porti e coloro che collaborano stabilmente con l’Opera dell’ Apostolato del Mare.Non credo che si debba forzare molto questa definizione per configurare un popolo del mare composto anche da quelle comunità la cui vita lavorativa, economica e sociale gravita attorno al mare.Penso che quest’idea, se affermata e sviluppata, se diventerà consapevolezza e cultura, nel tempo potrà essere feconda di risultati positivi nei confronti dei marittimi e rappresentare una possibile via di uscita dalla situazione di emarginazione strutturale in cui si trova relegata la vita di chi lavora a mare. Da una parte, infatti, essa dà ai lavoratori del mare delle radici forti e delle espressioni consistenti a terra, dall’ altra responsabilizza queste ultime a fare da trait d’union tra chi spende stabilmente a mare gran parte della propria vita e le comunità di terra.Quest’idea può essere trasposta anche a livello ecclesiale e pastorale ed interpella le diocesi e le parrocchie nel cui territorio incidono le realtà portuali, diocesi e parrocchie che per loro natura possiamo definire marinare. Esse devono sentirsi, secondo lo spirito di quello che dice il Papa, parte o almeno partecipi della realtà del popolo del mare ed in necessaria interazione con esso.Finora l’ Apostolato del Mare è stato per lo più opera di singoli, sacerdoti o laici, che hanno dedicato se stessi, in genere con molto entusiasmo e spirito di abnegazione, a questa forma di apostolato ritenuta straordinaria, in quanto fuori dalla prassi pastorale ordinaria delle comunità cristiane. Non mi sembra, però, che il futuro della pastorale marittima possa essere prefigurato in questa direzione. Il singolo passa, la Chiesa resta! Credo che i tempi debbano essere maturi perché l’opera dei precursori singoli e carismatici sfoci in una responsabilizzazione della Chiesa nei confronti della gente di mare.In questo senso fondamentale è il ruolo delle comunità marinare, diocesi e parrocchie, che hanno la vocazione ad essere comunità ponte o comunità di frontiera fra il popolo del mare ed il popolo di terra, trovandosi ad essere partecipi di entrambe le realtà. Sono queste comunità che devono prendersi il carico pastorale del mondo del mare nelle sue varie espressioni. A seconda della situazione locale esse debbono preparare e seguire quelli che vanno per mare per guadagnarsi la vita, sostenere ed organizzare le loro famiglie, accogliere fraternamente i marittimi di passaggio, etc. La pastorale straordinaria nei confronti della gente di mare si trasformerà così in pastorale ordinaria, uno dei settori in cui si esprime normalmente l’impegno della comunità.Tutto questo oggi non è per nulla scontato. Nelle diocesi e nelle parrocchie di mare per lo più non c’è alcuna consapevolezza dell’impegno che esse hanno nei confronti del popolo del mare, anzi esiste quasi una censura riguardo al mondo marittimo (di cui sarebbe molto interessante cercare le cause). Tuttavia è in questa direzione che bisogna andare, è per la crescita di questa consapevolezza che bisogna convogliare tutte le strategie pastorali e gli sforzi dell’Apostolato del Mare. Altrimenti il futuro della pastorale marittima sarà sempre gramo.Negli anni passati si è coniato quasi uno slogan per stimolare un interesse maggiore della Chiesa nei riguardi della gente di mare: “Ad ogni porto il suo Cappellano!”. Credo che esso, più opportunamente, debba essere cambiato in: “In ogni porto una comunità cristiana che accoglie e si prende cura del popolo del mare!”.Certo il Congresso Mondiale dell’ Apostolato del Mare a Houston ha dato delle preziose indicazioni perché la gente di mare possa sentirsi e fare una esperienza di Chiesa anche a bordo, con ministeri e momenti propri pre-eucaristici per esprimere una fede vissuta, condivisa e testimoniata. Ma un posto alla mensa eucaristica delle comunità-ponte, le comunità marinare, deve essere sempre apparecchiato per loro, perché l’esperienza di bordo possa confluire, completarsi ed essere sostenuta dalla esperienza della piena comunione ecclesiale.