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Per una chiesa missionaria


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/03


PER UNA CHIESA MISSIONARIA
di Silvano Ridolfi
“Andate... ammaestrate... battezzate... tutte le nazioni” (Mt 28,19-20). Così Gesù nell’ultimo incontro con i suoi prima di salire al Padre. E da allora una schiera ininterrotta e sempre più folta di “inviati” o apostoli si sono mossi su tutte le direzioni del globo per proclamare “il lieto annunzio” del Regno, della salvezza in Cristo.Senza questa spinta, senza questi contenuti, senza questa ansia è impossibile avere - anzi solamente pensare - la Chiesa: “Guai a me se non evangelizzassi” (1Cor 9,16). Ma l’annunzio per tutti i popoli, per ogni uomo postula l’assenso e questo la convinzione, sotto illuminazione superiore. Donde la duplice tensione dell’azione divina e della mediazione umana. Ne sorgono i problemi della inculturazione della fede e del linguaggio che esigono l’incarnazione dell’operatore pastorale - con tutto quello che ciò comporta in azzeramento dei propri parametri culturali e in effettiva condivisione - e il discernimento per tutto quanto c’è di vero, di bello e di buono cui agganciare l’annuncio.Non a caso ai sacerdoti di emigrazione fin dagli inizi è stata data la qualifica di “missionario” e la loro presenza nel territorio ha trovato il consenso più ampio nella denominazione “missione cattolica italiana”. Una terminologia quindi che rimanda più all’annuncio che alla amministrazione.Dopo il Convegno Nazionale sulle Migrazioni (Castelgandolfo, 25-28 febbraio ‘03) - cui si ispirano la maggior parte dei contributi del presente numero della nostra rivista - dovrebbe essere più chiaro e maggiormente condiviso il mutamento di ottica e di interventi nella pastorale migratoria: la centralità dell’annuncio di Cristo, della proclamazione del suo Vangelo e dell’azione sacramentaria, superando ogni e qualsiasi impostazione di tipo assistenziale-organizzativo e persino di servizio diaconale (cfr. At 6,4).La fede - dono di Dio, tesoro della Chiesa, gloria dell’uomo - non poggia sulle strutture, ma sulla Parola e sulla Potenza di Dio prima e sulla testimonianza del credente poi (cfr At 3,6).Le riflessioni e proposte del citato Convegno nazionale, o dal medesimo motivate, vanno sostanzialmente in questa direzione. Anche la revisione e la programmazione di nuove strutture pastorali deve tenerne conto.