» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Le radici di una esperienza comunitaria


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/03


di Pierluigi Di Piazza
Zugliano è un piccolo paese di 1300 abitanti, frazione di Pozzuolo del Friuli, nella zona a sud della città di Udine. Nella comunità parrocchiale, dedicata a S. Michele Arcangelo è nata, a partire dal febbraio 1989, un’esperienza di accoglienza agli stranieri. L’ispirazione è stata e continua ad essere la Parola profetica del Vangelo sull’uso del denaro, e delle strutture con fine e con modalità comunitarie. Al momento della ristrutturazione della casa parrocchiale con denaro pubblico erogato dalla Regione Friuli- Venezia Giulia, proprio dalla celebrazione dell’Eucarestia sono derivate la provocazione, l’urgenza e la sollecitazione alla scelta di aprire la casa all’accoglienza delle persone in bisogno, in difficoltà; di fatto sono state poi persone straniere. Dalla presenza delle prime è derivata la premura per la vicenda di altre: e così il reperimento di qualche altra abitazione e poi la ristrutturazione di un altro edificio di proprietà della parrocchia hanno reso possibile l’ampliamento dell’accoglienza.Un segno di provocazione e di speranzaL’esperienza ha di per sé provocato stupore, perplessità, rifiuto, condivisione. A distanza di anni questi atteggiamenti, permangono, ad eccezione della sorpresa, anche se è constatabile la crescita di una consapevolezza della questione dell’immigrazione e della convinzione dell’importanza che in una comunità parrocchiale possa nascere e crescere l’esperienza dell’accoglienza agli stranieri.La provocazione è per ciascuna/o di noi e proviene dall’incontro diretto con l’altro e la sua diversità che chiama al confronto, al dialogo, al superamento di atteggiamenti e di prassi di presunta superiorità.La provocazione è per la comunità parrocchiale in quanto tale sospinta in modo evidente e accelerato a liberarsi da logiche di chiusura, di grettezza, di autoreferenzialità e di autogratificazione; a spostare il baricentro della sua attenzione dalla separatezza delle riflessioni e delle celebrazioni; dalle teorizzazioni sulla carità e solidarietà all’esperienza diretta e coinvolgente dell’incontro con le persone e le loro storie.La provocazione è per la società, nel concreto il nostro Friuli terra di grandi flussi migratori e oggi “costretta” ad accogliere chi arriva; la memoria storica così dolorosa e ricca di fatto dovrebbe favorire una elaborazione più profonda e puntuale nei confronti di chi arriva e si trova, pur considerando le differenze, a percorrere gli stessi, difficili itinerari dell’inserimento in realtà diversa.E ineludibile, doverosa e per questo continuamente da sollecitare e da sperimentare la liberazione dall’indifferenza, dalla xenofobia, dal razzismo; dalla tentazione della inferiorizzazione dell’altro e della pretesa della sua omologazione; questo processo non facile avviene nella convinzione e nell’esperienza vissuta dell’affermazione della pari dignità di ogni persona e del riconoscimento della sua diversità come possibilità di arricchimento umano, culturale, spirituale, nella reciprocità della relazione e dello scambio.Dal Vangelo, dall’Eucarestia all’apertura al mondoLa costituzione nel 1992 dell’Associazione - Centro di accoglienza “E. Balducci” è stata suggerita dall’esigenza di un’autonomia soprattutto nella gestione economica, organizzativa, e culturale; questo non significa separazione, bensì una distinzione che nella dinamica viva delle relazioni di fatto arricchisce nello stesso tempo la comunità parrocchiale e il Centro “E. Balducci”.Riprendere l’ispirazione evangelica originaria sull’uso del denaro e delle strutture; meditare sul Vangelo dell’accoglienza dell’altro, di ogni altro, specie se affaticato, emarginato, in difficoltà; in particolare dell’altro straniero ha favorito e favorisce l’apertura umana e culturale. Così si sono accostate all’esperienza del Centro anche persone che non vivono una appartenenza ecclesiale esplicita; così le proposte culturali di incontri e convegni cercano di mettere in rapporto intellettuali e filosofi con i testimoni, le suore, i missionari, i rappresentanti di comunità provenienti da diverse parti del mondo, per una istruzione culturale e spirituale; così il Centro “E. Balducci” accoglie la visita di gruppi di giovani, di scouts, di scuole per momenti di riflessione culturale, di meditazione, di preghiera.Questo modo di essere e di proporsi ha favorito in questi anni una rete di rapporti con diverse persone, gruppi, comunità della Diocesi di Udine, della Regione Friuli Venezia Giulia e con alcune realtà d’Italia; nello stesso tempo con qualche Comunità dell’America Latina e dell’Africa.Si potrebbe affermare che il Centro di accoglienza e di promozione spirituale e culturale “E. Balducci” sarebbe più povero senza la comunità parrocchiale, rischierebbe di perdere le motivazioni profonde, le necessarie verifiche, il rilancio della prospettiva; nello stesso tempo la comunità parrocchiale di San Michele in Zugliano sarebbe visibilmente più povera senza l’esperienza di accoglienza del Centro “E. Balducci” che viene avvertito come sua espressione significativa; come tentativo sempre povero e parziale di esprimere il segno evangelico dell’accoglienza e della condivisione.Una spiritualità dell’accoglienzaL’esperienza in questi anni si è arricchita di ideali, progetti, fatiche, crescita umana, culturale, spirituale. Ora è in atto un ampliamento del Centro, non in una logica quantitativa, bensì nell’intento di favorire opportunità, relazioni, percorsi nel rapporto con le persone accolte, con chiunque passa, viandante nella storia umana. Si avverte la necessità di riflettere anche sugli aspetti organizzativi della gestione che rendano più efficace, snella, incisiva, progettuale l’ospitalità nella sua prevista temporalità. Emerge con evidenza una dimensione imprescindibile, costitutiva per la sua forza intrinseca: quella di una spiritualità dell’accoglienza che motiva, verifica, sostiene e accompagna l’incontro non solo con lo straniero, ma con ogni altro. Questa spiritualità si alimenta nel silenzio e nella riflessione personale e comunitaria, sulla parola del Vangelo, nella preghiera; nell’esperienza esistenziale dell’incontro e della condivisione degli itinerari umani.Questa spiritualità è quella dimensione prima e ultima dell’incontro con il mistero e la concretezza dell’altro, quella motivazione profonda all’accoglienza nonostante le difficoltà, le delusioni, le fatiche.In prospettivaQuesta spiritualità incarnata favorisce il rispetto e la valorizzazione delle persone: di chi, anche fra gli ospiti, partecipa alla celebrazione dell’Eucarestia; di chi vive l’esperienza della fede islamica o di altra ancora; di chi non esplicita il suo itinerario religioso.Non si richiede naturalmente un passaporto religioso per vivere nel Centro di accoglienza proprio perché Dio non fa preferenze di persone e chiunque, in diverso modo, fa riferimento a Lui e pratica la giustizia è a Lui gradito (Atti degli Apostoli) e proprio perché Gesù si incontra nell’affamato, nell’assetato, nell’ammalato, nel forestiero, nell’affaticato, nel bisognoso, senza ulteriori specificazioni (cap. 25 del Vangelo di Matteo).Questa esperienza non sminuisce il riferimento al Vangelo, bensì cerca di coglierne la profezia; gli incontri di educazione alla fede e di riflessione per bambini/e, giovani, adulti, avvertono il senso profondo e la concretezza tangibile dell’esperienza e ne traggono beneficio.In prospettiva si ritiene che questo luogo, proprio a partire dal Vangelo, possa essere veramente aperto e accogliente per ogni persona che passa, che cerca, che offre, che chiede.