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Una parrocchia di stranieri che non si sente straniera


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/03


di Giovanni Meneghetti
La Parrocchia personale, intitolata a San Carlo, per i fedeli di lingua inglese in Milano e Diocesi è stata istituita dal Cardinale Arcivescovo Carlo Maria Martini nell’ottobre 1991, dopo circa dodici anni di ‘missio per i cattolici anglofoni’ istituita dal Cardinale Arcivescovo Giovanni Colombo nel 1979. Sia la ‘Missio’ che la parrocchia personale sono state affidate ai Padri Scalabriniani, nonché la cura pastorale anche della piccola parrocchia territoriale di S. Maria del Carmine.La Chiesa di S. Maria del Carmine è dunque la sede delle due parrocchie.A distanza di alcuni anni mi sembra di poter dire che l’intuizione pastorale del Cardinale Martini e dei suoi collaboratori è stata lungimirante e provvidenziale. Erano gli anni dei grandi arrivi di immigrati da varie nazioni, in particolare dalle Filippine e da alcuni paesi latino-americani. Essi trovavano a Milano, e altrove in Italia, un’occasione di lavoro. Era un richiamo e un arrivo continuo di amici e parenti, costretti a vivere ammassati in piccoli appartamenti, malvisti spesso da custodi di condomini e in cerca di case in affitto a bassi costi.Fortunatamente il lavoro si trovava, quasi esclusivamente come domestici o assistenti di anziani. Ciò rendeva un po’ più umana la situazione. Le varie sanatorie, inoltre, nel tempo portavano rimedio a situazioni di illegalità e disagio.Ben presto la comunità filippina si appoggiò alla piccola Chiesa di S. Maria Annunziata, sede della Missio per i Cattolici anglofoni, e in seguito, alla Parrocchia personale, trasferita nel 1989 nella più capiente e accogliente Chiesa di S. Maria del Carmine. Nello stesso tempo, però, sorgevano a Milano altri punti di riferimento per cattolici filippini, gestiti da sacerdoti filippini che da Roma venivano a Milano ogni fine settimana o da suore filippine che operavano e ancora operano in Milano. Il vantaggio delle celebrazioni in lingua Tagalog è stato innegabile.Il radunarsi di tanti fedeli filippini per la celebrazione della liturgia e dei sacramenti ha portato nuova vita nelle antiche e storiche chiese del centro-città semi-abbandonate dai fedeli per la trasformazione avvenuta dagli anni sessanta in poi, che ha privilegiato il terziario ad abitazioni familiari a basso prezzo. La facilitazione dei mezzi di trasporto ha aiutato notevolmente questi “nuovi” fedeli a trovarsi a casa loro nelle strutture parrocchiali lasciate vuote dall’Oratorio del Carmine che, per mancanza di ragazzi, stava languendo.Tutto ciò ha costretto anche noi Scalabriniani a dare delle risposte a questi immigrati cattolici che continuavano ad approdare a Milano. Per quanto riguarda la cura pastorale:- si è provveduto a formare un comitato organizzatore, che in seguito divenne il Consiglio Pastorale Filippino. Con riunioni regolari mensili da settembre a giugno venivano e vengono programmate le varie attività e monitorata la situazione migratoria che presenta un crescendo di volti e bisogni;- si è dato vita a un centro di ascolto; siamo negli anni del programma pastorale diocesano “Farsi prossimo”, per ricercare lavoro ed essere ponte fra le richieste che ci pervenivano da parte di famiglie italiane e la disponibilità dei nuovi arrivati.- Con la ‘Legio Mariae’ venne incoraggiato il “Block-Rosary” nelle famiglie per avvicinare i nuovi arrivati alla Chiesa e, nello stesso tempo, per sostenere con l’amicizia i primi rapporti nella nuova situazione in cui venivano a trovarsi. Il monitoraggio delle varie situazioni veniva poi portato a conoscenza dei responsabili e si trovava così una linea operativa.- Si favorì da subito la celebrazione di momenti particolari di spiritualità, feste religiose e civili tipiche della cultura filippina e del modo di essere cattolici dei filippini. Ricordiamo qui i ritiri spirituali di Avvento e Quaresima, la Novena del Natale o Simbang Gabi, la festa del santo Niño, dell’Indipendenza Filippina, del Flores de Mayo: tutto questo assieme alle molte “meriende” occasionali e a gite varie, servì per creare un senso di appartenenza e di comunità molto affiatato.- Non mancarono e non mancano incontri e celebrazioni con la comunità parrocchiale italiana e con il gruppo dei professionisti italo-anglo-americani che fanno pure capo a questa Chiesa.- Venne dato spazio a modi propri di vivere momenti religiosi e si prestò attenzione ad atteggiamenti culturali che potevano favorire la crescita di gruppo e il senso di appartenenza a una comunità.- Un po’ alla volta la parrocchia diventa centro di celebrazione di gran parte dei Battesimi di bambini filippini nati a Milano. Il seguente specchietto può rendere l’idea della graduale crescita negli anni e della situazione attuale.La stessa cosa non avvenne per la celebrazione di altri sacramenti dell’iniziazione cristiana e del matrimonio.Molti bambini, che ora frequentano le scuole elementari, hanno trascorso gli anni dell’infanzia nelle Filippine presso parenti per poter permettere ai genitori di lavorare a tempo pieno presso famiglie o come operai. E una prassi questa ancora presente nella comunità filippina. Molti minori ritornano però con i genitori all’inizio della scuola dell’obbligo. E qui che comincia un avvicinamento della famiglia filippina alla parrocchia italiana locale. La vicinanza fisica della chiesa, la possibilità di frequentare l’oratorio per il dopo-scuola e le attività connesse fanno sì che il ragazzo, che nel frattempo ha imparato la lingua italiana, si trovi a suo agio. E questa una pista che noi incoraggiamo. Si aggiunga poi la diaspora seguita ai primi tempi dell’arrivo in Italia, la ricerca di lavoro nell’hinterland milanese, fuori quindi dalla grande città, e il desiderio di una vita familiare propria con pochi co-inquilini paganti.Ritengo che una certa importanza per la comunità, in questi anni, l’abbia avuta anche la pubblicazione di un bollettino informativo periodico “Luzviminda” sul quale contributi vari venivano liberamente presentati e portati a conoscenza. Attualmente questo strumento ha più funzione di raccordo comunitario in occasione di appuntamenti particolari ed è in fase di revisione per rispondere a esigenze nuove.In questi anni si sono presentati fenomeni analoghi a quanto sperimentato fra emigrati italiani all’estero: situazioni familiari precarie, isolamento dovuto alla lontananza dalle proprie tradizioni e ambiente culturale, difficoltà di rapporto genitori-figli, la seconda generazione che cresce in ambienti e in una cultura così diversa da quella dei genitori, la formazione scolastica secondaria dei figli, le decisioni da prendere, molto impegnative per il bene della famiglia: se rimanere in Italia o ritornare nelle Filippine. E poi, oltre al problema del lavoro, quello della casa: se acquistarla con mutuo bancario o pagare l’affitto, il dover far fronte a tanti impegni economici della famiglia allargata (parentela), ecc. Sono tutti interrogativi importanti ai quali possono essere date risposte diverse a seconda degli individui o famiglie e delle scelte pratiche che opereranno.Alla base di tutto mi sembra di poter affermare che il nostro servizio improntato ad aiuto e ascolto abbia facilitato il rapporto sia all’interno della comunità che all’esterno con le altre componenti parrocchiali. Sarebbe difficile immaginare oggi la Chiesa del Carmine senza l’apporto particolare dei filippini, il loro amore per il canto e la liturgia in genere, i corsi di lingua italiana e la disponibilità a dare una mano nell’organizzazione di momenti di vita parrocchiale quali la catechesi in vista dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e la visita ad ammalati negli ospedali.Stiamo vedendo che un’attenzione particolare alla comunità filippina sta portando beneficio alle altre componenti parrocchiali come stimolo a un maggior impegno e vivacità di proposte pastorali e comunitarie, che sfocia a volte in collaborazione e corresponsabilità.Mi auguro che come la Chiesa italiana si è resa presente fra gli italiani all’estero in vari modi, continui ora a trovare le migliori vie per accogliere questi nuovi fedeli, convinta che al suo interno “nessuno è straniero”.