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Ridefinire l'impegno missionario alla luce delle migrazioni


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/03


UNA RELAZIONE DEL 1997 DI P. FRANCO CAGNASSO DI GRANDE CHIAREZZA E ATTUALITÀ
Avrà per titolo “L’annuncio in un contesto migratorio plurireligioso” la relazione che Padre F. Cagnasso, oggi missionario in Bangladesh, verrà a tenere al Convegno nazionale sulle migrazioni del 25-28 febbraio 2003. Il medesimo tema egli aveva trattato quando era superiore generale del PIME, sei anni fa, il 22 aprile 1977, al Consiglio Nazionale Missionario presso il CIAM a Roma. La relazione, condivisa da tutti i presenti per la sua singolare e profonda lucidità, è stata riportata in diverse riviste, fra cui Cum-Collegamento (Anno 6, n. III) e Settimana (1997, n. 36). Qui ne riportiamo una sintesi col consenso dell’autore.“Finora si è pensato che per fare missione ad gentes si dovesse andar fuori, ad extra, perché in casa tutto era già cristiano o quasi. Oggi i non cristiani ci vengono in casa, si prospetta dunque un cambiamento del modo di concepire la missione ad gentes, che non può più essere esaurito dal partire”. Sbaglia chi da questa affermazione conclude: “Non è più tempo di partire!”. E rimane nell’equivoco chi afferma che gli Istituti missionari dovrebbero ripensare la loro missione, se non precisa che tale missione compete alla Chiesa italiana nel suo insieme, e non direttamente agli Istituti missionari, i quali possono dare un contributo qualificato ma non farsene un carico esclusivo o prevalente.Da chiarire alcuni termini: non è questione solo lessicale.Vanno fatte alcune precisazioni. La Redemptoris missio fa una distinzione fra “missione ad gentes” propriamente detta, la cura pastorale dei “fedeli” e la nuova evangelizzazione, pur precisando che i confini fra le tre attività pastorali non sono nettamente definibili. Inoltre può darsi il caso che il missionario inviato in Estremo Oriente o in Africa dedichi la sua attività in favore della comunità cattolica che vi si è già costituita. In tal caso è un missionario inviato “ad extra” ma non “ad gentes”. Veri missionari “ad gentes” sono stati i primi cristiani che, perseguitati a Gerusalemme, sono fuggiti in Giudea e in Samaria, diffondendo ovunque la Parola (Atti, 8, 1-4). Lo fu anche Pietro dopo l’esperienza col centurione Cornelio e lo fu Paolo quando, dopo aver fatto il missionario ad extra viaggiando per città e regioni in cerca di giudei da convertire a Cristo, si è rivolto ai pagani: “ha fatto il passaggio ad gentes semplicemente attraversando la strada e spostandosi dalla sinagoga alle case private dei gentili”. L’evangelizzazione sul solco delle migrazioni“A partire dalla prima persecuzione di Gerusalemme… tutta la storia della Chiesa è attraversata da un rapporto spesso assai stretto e interessante fra migrazioni e primo annuncio”. Non si è studiato e riflettuto abbastanza sul “passaggio ai barbari” da parte della Chiesa: certamente i missionari andarono anche al nord dell’Europa a portare il vangelo nelle terre di partenza dei barbari, ma per generazioni c’è stata una lenta evangelizzazione anche delle orde che hanno invaso il sud dell’Europa. E se ci mettessimo in questa prospettiva quando ora prevediamo o paventiamo con una certa fantasia l’invasione delle nostre terre cristiane da popoli che provengono da fuori Europa, sia dal sud che dall’est? E’ importante anche per noi in Italia cogliere casi significativi di cui è costellata la storia delle missioni: alcuni dei primi missionari in Birmania nella seconda metà dell’800 si sono tuffati a studiare non la lingua locale ma il tamil, perché si sono incontrati con immigrati cattolici tamil a servizio degli inglesi; oggi quella piccola colonia di immigrati è diventata una vivace Chiesa di 250.000 cattolici. La prima presenza di cristiani in Cambogia è dovuta ancora nel 1600 a cattolici fuggiti alle persecuzioni in Giappone; nello stesso Giappone la Chiesa va notevolmente crescendo per il rientro dal Brasile degli oriundi giapponesi diventati cattolici in emigrazione; un missionario ora a Toronto ha in quella città molti più battesimi di cinesi di quanti ne avesse a Hong Kong, dove aveva lavorato per molti anni. Esempi che sono il commento più eloquente a quanto dice il Papa nella Redemptoris missio delle migrazioni come via al Vangelo.Un momento di grazia per la Chiesa italianaEppure anche l’attuale immigrazione tra noi “potrebbe rivelarsi un momento di grazia per la Chiesa italiana”. Almeno per quattro motivi:L’immigrazione di gente d’altra religione ci provoca a interrogarci sull’autenticità della nostra fede e appartenenza alla Chiesa; non è più possibile identificare religione e cristianesimo, perché il cristiano si trova di fronte a gente, anche autenticamente religiosa, di fede diversa dalla cristiana. Ciò mette in crisi? Benedetta crisi!Missione non è “andare fuori”, ma “attraversare la strada” e questo è alla portata di tutti, non soltanto degli addetti al lavoro; e chi continua ad “andare fuori” si sentirà maggiormente sostenuto da una Chiesa locale tutta in stato di missione;Sarà messa in crisi anche quella cultura laica o piuttosto laicista e anticlericale, che volendo proscrivere la Chiesa ha proscritto la religione tout court e tentato di sradicare il senso religioso dalla società; il pluralismo religioso ora in atto potrebbe aiutar a superare questa mentalità insana, più viscerale che nazionale; e la Chiesa viene ad avere un ruolo determinante, altamente apprezzabile in termini di sana cultura laica e di civiltà, nell’ “incoraggiare una coesistenza costruttiva, positiva dentro spazi di rispetto e di libertà che tutti devono contribuire a creare”.Coesistenza e convivenza fraterna anzitutto fra i fratelli diversi per provenienza ma uniti dall’unica fede in Cristo: le cosiddette comunità pastorali etniche che diventano “palestre per esercitarci alla convivenza e luoghi di testimonianza del vivere la diversità” e palestre “anche per l’evangelizzazione dei non cristiani”, purché non si chiudano in un intimismo etnico che esclude gli altri; comunità etniche che diventano comunità eminentemente evangelizzatrici.Un vasto campo per gli operai della vignaAltri quattro punti da mettere in chiaro per avere un quadro tutto luminoso e affascinante:- Il prendere atto che l’ad gentes è anche in mezzo a noi, non smorzerà l’entusiasmo del partire: non saranno le migliaia di cinesi che sono in Italia a demotivarci per i 1.200 milioni di cinesi e per il piccolo gregge di cattolici che in Cina sono sui 10 milioni.- Siamo impreparati a farci prossimi, anche con l’annuncio del Vangelo, a gente tanto diversa da noi? Ma anche i missionari che vanno in Ghana o in Bangladesh sono impreparati e rimboccano le maniche per attrezzarsi alla missione. Del resto dare testimonianza non è problema di preparazione; e anche per l’annuncio il problema primo non è la preparazione, ma la carica interiore di fede e di coraggio.- Gesti di carità e di promozione umana verso gli immigrati, come da parte dei missionari verso gli indigeni. Ma tale servizio non deve assorbire a tal punto, da far trascurare l’impegno sul piano culturale e strettamente religioso. Nelle missioni e qui in Italia a questa va la priorità.- E gli Istituti missionari? Possono essere presenti, “non in alternativa al partire, ma come forma di animazione missionaria” . E non si escludono “operatori pastorali che dai paesi di origine vengano fra noi per operare tra i loro connazionali”. Con una precisazione però, che è una proposta: non mandarli immediatamente al fronte, perciò “avviare un centro di accoglienza e di preparazione per i missionari esteri che vengono a operare in Italia”. E avviare altri “Centri di incontro per chi è interessato ad accostarsi al cristianesimo, se non altro per conoscerlo”.Quanto alla prima proposta, P. Cagnasso si compiacerà quando verrà a conoscere che questo Centro c’è ed è il CUM di Verona dove il prossimo incontro per questi operatori pastorali si terrà dal 28 aprile al 1° maggio 2003. Quanto ai Centri di incontro forniti di appositi sussidi forse è una idea nuova, un po’ vaga al momento, ma probabilmente da prendere sul serio, eventualmente da parte di qualche parrocchia o qualche centro missionario diocesano più attrezzati. Il sasso è tratto, si spera che le acque comincino ad agitarsi, semmai in occasione del prossimo Convegno di Castelgandolfo.