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Dio, Padre di tutti, non fa preferenze


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/03


di Rinaldo Fabris
Nella Bibbia l’immagine di Dio “imparziale” è associata a quella del giudice che non fa preferenze di persone. Proprio perché Dio è “grande, forte e potente, non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito” (Dt 10,17). Sotto questo profilo egli è il modello per ogni giudice umano che non deve trattare con parzialità il povero, né usare preferenze verso il potente (Lv 19,15). Ma l’esperienza religiosa di Dio, padre di tutti gli esseri umani, nella tradizione biblica si fonda sulla fede in Dio unico Signore. La fede biblica nell’unicità di Dio è inseparabile dall’apertura universale. Se Dio è unico, egli è il Signore di tutti. Perciò davanti a Dio tutti gli esseri umani sono uguali. Di questa fede monoteistica sono espressione i racconti delle origini nel Libro della Genesi, dove la storia dell’universo si intreccia con quella di tutta l’umanità. L’origine di Israele attraverso i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe si innesta su quella del mondo e del genere umano. In questo senso Dio è chiamato “padre” di Israele, ma anche padre di tutti gli esseri umani. Questa esperienza di Dio, documentata nei testi del primo Testamento, si approfondisce e dilata nelle parole e nei gesti di Gesù, che si appella all’immagine di Dio padre per giustificare le sue scelte a favore dei poveri e dei peccatori. La gratuità dell’azione benefica di Dio abbraccia tutti gli esseri umani senza preclusioni derivanti dall’appartenenza etnica, sociale e religiosa. Nella tradizione biblica l’immagine di Dio, creatore dell’universo e padre di tutti, è speculare a quella di Dio unico Signore. Man mano che l’esperienza di Dio si libera dai vincoli dei culti locali e nazionalistici, assume le dimensioni dell’universalità senza scadere nell’anonimato di un Dio lontano e astratto. L’esperienza dell’esilio e della diaspora offre ai figli di Israele l’occasione di mettere a confronto la loro fede tradizionale con le esperienze religiose di altri popoli. Nel contesto dell’esilio babilonese matura la fede in Dio creatore e unico Signore. Egli con la sua parola crea tutte le cose in cielo e sulla terra, ma affida la vita e la custodia di tutti i viventi sulla terra all’essere umano, creato a sua immagine e somiglianza. Ma la vita sulla terra viene travolta dalla corruzione umana. Infatti secondo il racconto biblico Dio costata che è arrivata la fine di ogni uomo “perché la terra è piena di violenza” (Gen 6,13) Ma dopo la catastrofe del diluvio Dio fa un’alleanza di pace con l’uomo e con ogni essere vivente sulla base del principio del rispetto della vita. Per l’uomo questo principio si richiama al fatto che egli è stato fatto a immagine di Dio (Gen 9,6). Questo orizzonte della paternità universale di Dio creatore non viene smentito dal fatto che egli sceglie di essere padre di Israele. Attraverso Abramo la storia dei figli di Israele-Giacobbe si salda con quella dei popoli discendenti dei figli di Noè. La promessa delle benedizioni di Dio, trasmessa da Abramo a Isacco, e da Giacobbe ai suoi figli, è destinata a tutte le famiglie della terra. Di questa apertura universale si fanno portavoce i profeti quando contestano il privilegio di Israele che tende ad appropriarsi in modo esclusivo delle promesse di Dio. Se Dio ha scelto il suo servo Israele è per costituirlo luce delle nazioni (Is 42,6). In questa prospettiva i profeti intravedono un futuro di pace per tutti i popoli. Quando il monte del tempio del Signore diventerà meta di pellegrinaggio per tutti i popoli che vi accorreranno per rimettersi al giudizio imparziale del Signore e affidarsi alla sua guida, allora gli strumenti di guerra potranno essere usati per coltivare la terra (Is 2,2-5; Mic 4,1-3). A questo sogno dei profeti della prima alleanza si richiama Gesù risorto quando invia i discepoli come suoi testimoni da Gerusalemme fino agli estremi confini della terra.Dio Padre salva gratuitamente tutti i suoi figliPer motivare la dilatazione del comando dell’amore del prossimo di Lev 19,18, Gesù si appella alla paternità universale di Dio. I discepoli sono invitati ad amare i nemici e a pregare per i propri persecutori per essere figli del loro Padre celeste che manda il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5,43-45). Sullo sfondo di questa parola di Gesù è ancora l’immagine biblica di Dio creatore che distribuisce in modo imparziale i benefici a tutti i suoi figli. Ma l’apporto originale di Gesù nel tracciare il profilo di Dio, Padre di tutti gli esseri umani, si basa paradossalmente sulla sua scelta preferenziale dei poveri e dei peccatori. Egli benedice il Padre, Signore del cielo e della terra perché ha scelto i «piccoli» come destinatari privilegiati della sua rivelazione e azione di salvezza. Gesù giustifica la sua scelta di solidarietà con i peccatori ed emarginati appellandosi al modo di agire del Padre che va a cercare quello che era perduto e fa festa per il figlio morto che è tornato in vita. La radicale gratuità dell’agire di Dio sta alla base della universalità della sua azione benefica.A questo principio si richiama anche Paolo nella Lettera ai Romani quando dice che il Vangelo è una potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16). Siccome davanti a Dio tutti gli esseri umani sono peccatori, egli salva tutti per grazia sulla base della fede in Gesù Cristo (Rm 3,23-24). Nessuno infatti può vantare diritti al perdono di Dio Padre offerto gratuitamente per mezzo del suo Figlio. Né l’appartenenza etnica, né le pratiche religiose, né prestazioni morali danno diritto a ricevere l’amore che Dio dona liberamente a tutti come dà la vita. In tal modo dimostra di essere l’unico Dio, non solo degli ebrei, ma anche dei popoli (Rm 3,29-30).La consapevolezza che la salvezza si fonda sulla libera e gratuita iniziativa di Dio sta alla base dalla missione universale cristiana e dell’annunzio del vangelo a tutti i popoli. Negli Atti degli apostoli Pietro si fa portavoce di questa esperienza. Nella casa dell’ufficiale straniero Cornelio a Cesarea marittima egli dichiara che Dio non fa preferenze di persone, perché l’unica condizione per essere da lui accolti sono l’apertura della fede e la pratica della giustizia. Pietro riconosce che Dio lo ha “convertito” a questa prospettiva della salvezza offerta a tutti per grazia (At 10,28). Perciò egli può annunziare a Cornelio e alla sua famiglia “il Vangelo della pace per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti” (At 10,36).In breve si può dire che nel Vangelo i tratti di Dio padre, creatore di tutti gli uomini, si sovrappongono a quelli di Dio padre, redentore di tutti. Quello che fa del messaggio cristiano una nuova e bella notizia è che Dio creatore si è reso solidale con gli uomini di ogni lingua, popolo e nazione per mezzo del Figlio Gesù. Questa solidarietà è sigillata nella morte di Gesù come atto estremo e irrevocabile di amore. Quanti riconoscono e accolgono questo evento che cambia la storia umana, hanno il “privilegio” di viverlo e comunicarlo come un dono destinato a tutti i figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo.