» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Inserto (II)
Servizio Migranti 5/02

Fondazione Migrantes - Immigrazione e panorama multireligioso in Italia


IMMIGRAZIONE E PANORAMA MULTIRELIGIOSO IN ITALIA
di Franco Pittau e Alberto Colaiacomo
Stimoli provenienti dallo studio del contesto multireligiosoLa Fondazione Migrantes cura dagli anni ‘90 una stima dell’appartenenza religiosa degli stranieri, secondo un criterio che nel corso degli anni è diventato per studiosi e operatori un punto di riferimento in considerazione della sua trasparenza e semplicità. Esso è basato sulla presunzione che le ripartizioni per gruppi religiosi esistenti nei paesi di origine si riproducano anche nel Paese che accoglie gli immigrati1. Non è una lettura diretta ed esatta, però si è convinti che molto le si avvicina e consente di non cadere nei miraggi di stime fantasiose e tendenziose. C’è infatti chi esagera la consistenza della diversità religiosa, in particolare dei musulmani, da una parte per giustificare le proprie paure e dall’altra per scopi di proselitismo, in entrambi i casi con una superficialità non giustificabile perché vanno sempre spiegati i criteri di quanto si afferma.La Fondazione Migrantes ha anche provveduto a pubblicare questo suo rapporto sul contesto multireligioso degli immigrati nella rivista “Servizio Migranti”, come pure - per diffonderlo in maniera più ampia - nelle edizioni annuali del “Dossier Statistico Immigrazione”.Utilizziamo nel presente studio i dati sui soggiornanti stranieri al 31 dicembre 2001, che il Ministero dell’Interno ha messo a disposizione dopo aver provveduto a un riordino del suo archivio; ne risultano elementi che consentono di delineare il quadro multireligioso a livello nazionale, regionale e, a titolo esemplificativo, di alcune provincie con un grande numero di immigrati (Roma, Milano, Torino, Napoli, Bari, Palermo, Treviso, Firenze, Bologna).Questo paziente lavoro ha innanzi tutto una finalità conoscitiva. “Conoscersi per convivere”: lo slogan utilizzato anni fa in ambito socio-pastorale conserva in pieno il suo valore e spiace constatare come molti ancora si avvicinino all’immigrazione e alle sue problematiche con posizioni preconcette, con effetti quanto mai negativi.La seconda finalità è pastorale. La Migrantes ritiene che in ambito ecclesiale debba essere meglio conosciuta la consistenza e la provenienza dei cattolici immigrati, perché possa essere portata avanti con maggiore efficacia la loro cura religiosa. è questo un capitolo avvincente che la Chiesa italiana è chiamata a vivere, perché la diversità culturale nell’ambito dello stesso messaggio cristiano offre, agli uni e agli altri, stimoli nuovi di crescita. Un’altra finalità connessa, in quanto interpella in profondità il nostro essere cattolici oggi, è il dialogo con i cristiani non cattolici, venuti in gran numero dai paesi di emigrazione: l’immigrazione si configura così anche come un appello al recupero di una genuina sensibilità ecumenica.Infine la fredda logica dei dati dice che vicino ai cristiani vivono fedeli di altre religioni e in particolare i musulmani. Sulla via della convivenza pacifica e fruttuosa non mancano i problemi, talvolta anche molto seri come spesso è stato posto in evidenza su “Servizio Migranti”, ma non serve a niente ingigantire le proprie paure per esagerarne la complessità. La eccezionale testimonianza pastorale di Papa Giovanni Paolo II ci ricorda che si può essere, nello stesso tempo fermi sui principi (e si sa che quello della libertà religiosa ai cristiani non è riconosciuto o lo è in misura incompleta in molti paesi musulmani) e disponibili sul piano del dialogo, altrimenti i non credenti giungerebbero alla conclusione che la religione è un fattore di divisione tra i popoli e all’interno delle società e questo sarebbe un grave scandalo tanto per il cristianesimo quanto per le altre religioni.Si può aggiungere, sul piano pastorale, che vanno affinati i concetti di annuncio, di testimonianza e di dialogo per riuscire a essere, con la propria testimonianza, cristiani autentici, preparati e convincenti in un contesto profondamente modificato.
I nuovi dati sul contesto multireligiosoLe tabelle sull’appartenenza religiosa a livello italiano ci mostrano che dal 1990 ad oggi il numero degli immigrati è raddoppiato.All’interno della popolazione immigrata risultano lievemente modificate anche le percentuali di appartenenza alle varie confessioni religiose e questo va letto in connessione con i luoghi di origine dei flussi.
* Secondo una stima più esaustiva, che tiene conto anche dei minori, gli immigrati soggiornanti sono 1.600.000.FONTE: Stima Fondazione Migrantes-Caritas/Dossier Statistico Immigrazione su dati del Ministero dell’Interno.
Tutti i gruppi religiosi, essendo raddoppiato il numero degli immigrati, sono aumentati ma il loro ritmo è stato disuguale. Le più rilevanti differenze di tendenza, che emergono da questo confronto decennale, consistono in un aumento percentuale dei musulmani (2,5 punti percentuali) e dei seguaci di religioni orientali (1 punto percentuale) e in una diminuzione dei cattolici (8 punti percentuali in meno) e degli ortodossi/protestanti (1 punto percentuale in meno). Questi sono i risultati quanto al numero assoluto (facciamo riferimento, in quanto più realistica, a una nostra stima che aggiorna il numero dei soggiornanti registrati dal Ministero dell’Interno): 425.000 cattolici, 350.000 altri cristiani (tra i quali gli ortodossi sono circa i due terzi), 573.000 musulmani, 99.000 fedeli di religioni orientali, 22.000 animisti, in prevalenza africani (si preferisce utilizzare nei loro confronti il termine “religioni tradizionali” al posto di “animisti”, 6.000 ebrei, oltre a 114.000 i fedeli di altre religioni (o non credenti o non classificati).I cristiani nel complesso, pur non rappresentando più la maggioranza assoluta, si avvicinano alla metà del totale delle presenze con 775.000 persone, 200.000 in più rispetto ai musulmani che si collocano al secondo posto. Nel corso degli anni ’90 i flussi dall’Est europeo hanno influito sull’aumento degli immigrati ortodossi e cattolici, tuttavia l’appartenenza religiosa degli immigrati residenti è stata modificata in misura contenuta perché una buona parte dei flussi lavorativi è stata a carattere stagionale e tra quelli venuti in maniera stabile non tutti si sono fatti raggiungere dai familiari.I musulmani sono maggioritari in sei regioni (Val d’Aosta, Emilia Romagna, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia) e i cristiani nelle restanti 14. Da alcuni paesi a prevalenza musulmana, e particolarmente dal Marocco, sono stati intensi i flussi per ricongiungimento familiare, come si rileva dagli iscritti alle scuole elementari. Anche dall’Albania, dove alla componente musulmana si affianca quella cristiana, sono venuti molti familiari.
Spunti operativiLe tabelle riportate consentono di avere una panoramica sulle appartenenze religiose degli immigrati a livello nazionale, regionale e di alcuni contesti provinciali. Si tratta di un materiale che può essere utile a tutti: noi ci soffermiamo qui sul suo possibile utilizzo da parte degli operatori pastorali con tre brevi considerazioni in grado di dare una maggiore serenità.L’essere cristiani, nell’attuale contesto, tanto per gli italiani che per gli immigrati, diventa sempre meno un dato sociologico (il contesto sociale è, per l’appunto, religiosamente differenziato) e sempre più un fatto di formazione e di scelta. Per quanto riguarda la formazione, gli operatori pastorali devono farsi carico di riuscire a individuare e a proporre la sostanza più pregnante del messaggio di Cristo, ripresentandola con le parole adatte alle persone di oggi. Per quanto riguarda le scelte, ogni cristiano deve essere aiutato ad andare oltre le abitudini di facciata.Il rispetto delle altre religioni è un segno di forza e non di debolezza. Le regole di convivenza devono essere in grado di contenere tutte le differenze religiose e anche gli orientamenti di chi non crede in Dio, a condizione che le dottrine proposte non si oppongano ai principi costituzionali. In Occidente, dopo secoli di travaglio, si è arrivati alla conclusione di proporre come contenitore il concetto di società laica, inteso non come realtà ostile alla scelta religiosa ma come realtà aperta alle differenti opzioni. è vero, purtroppo, che da un genuino concetto di laicità si è spesso scantonato nel laicismo e nell’insensibilità religiosa, il che non può non ferire i sinceri credenti anche se l’idea originaria si conferma nella sua validità. Purtroppo, la laicità dello stato di diritto, la reciproca autonomia tra stato e religioni, la stessa indipendenza della cittadinanza dall’appartenenza religiosa non sono concetti scontati in ambito musulmano e da qui nascono i problemi, che portano molti a chiedersi se esista compatibilità tra le istituzioni dell’Occidente liberale e quelle di una civiltà islamica tuttora teocratica nella quale, salvo alcune eccezioni (come Turchia e Tunisia) non è intervenuto alcun processo di laicizzazione.La dimensione multireligiosa ha una dimensione mondiale e quanto si fa nel nostro Paese o nell’Unione Europea per favorire la convivenza pacifica tra le religioni dà diritto a denunciare quello che non va bene in altri contesti, senza assuefarsi all’abitudine di vedere certi governanti paladini della libertà religiosa in trasferta (a favore dei propri immigrati) e completamente ostili a casa loro. Questo non depone a favore della impostazione di molti politici che, per interessi di altro genere, trascurano di portare avanti il discorso dei diritti: se essi fossero stati, come rientra nei loro compiti, paladini del riconoscimento del fondamentale diritto di libertà religiosa, come ha fatto incessantemente il Papa, ora si sarebbe molto più avanti sulla via del dialogo. Precisato ciò con forza, alla luce della dottrina del Concilio Vaticano II non vanno fatte confusioni tra il rispetto della libertà religiosa qui da noi, da assicurare comunque, e la pressione da fare sui governanti dei paesi di origine perché dall’unilateralismo delle loro concezioni passino alla reciprocità.Se tra i cristiani, e non solo in Italia, riuscirà a prevalere un atteggiamento fermo e aperto, si può sperare che l’immigrazione, seppure con non poche difficoltà e a lungo termine, sia un’opportunità in grado di favorire la convivenza tra differenti religioni. è invece fuori posto generare allarmismi e pensare di promuovere crociate, che avvelenano il clima senza consentire di fare dei passi in avanti.
LE TABELLE RELATIVE A QUESTO ARTICOLO POSSONO ESSERE RICHIESTE ALLA FONDAZIONE MIGRANTES
1 Questo di fatto è il criterio più obiettivo se si guarda all’insieme dei Paesi di origine dell’immigrazione. Scendendo nell’esame dei singoli Paesi, questo criterio rimane obiettivo per quanto riguarda ad esempio i Paesi del Maghreb dove la totalità o almeno la stragrande maggioranza dei cittadini sono musulmani; altrettanto obiettivo è per i Paesi dell’Estremo Oriente. Sarebbe necessario, per quanto riguarda la presenza cattolica tra gli immigrati, un qualche aggiustamento anche notevole per Paesi come la Romania e l’Ucraina dell’Est europeo, l’India e lo Sri-Lanka dell’Asia, la Nigeria e altri Stati subsahariani, perché l’immigrazione in Italia proviene da aree geografiche di quei Paesi in cui la presenza cattolica è notevolmente superiore alla media nazionale.2 Nel 2002 il numero dei soggiornanti regolari probabilmente avrà un forte rialzo a motivo delle regolarizzazioni o sanatorie in corso; essendo i candidati alla regolarizzazione in forte percentuale dai Paesi dell’Est europeo, si può presumere che i cristiani aumentino non solo di numero ma pure in percentuale.