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Inserto (I)
Sussidio liturgico per la S. Messa del 17.XI.2002

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/02


GIORNATA NAZIONALE DELLE MIGRAZIONI“ACCOGLIETEVI COME CRISTO HA ACCOLTO VOI” (Rom 15,7)17 novembre 2002 - XXXIII domenica del tempo ordinario
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34), è l’invito di Gesù ad amarci “come” (nel senso di “in quanto”, “proprio perché Lui ha amato noi. L’ “accoglienza” è il primo segno dell’amore ricevuto e donato: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).Accogliere significa assumere un atteggiamento attivo nei confronti del nostro prossimo, e questo implica la voglia di capire e cogliere il mondo e la vita dell’altro; un atteggiamento che ci chiede di non angosciarci più di tanto a motivo dell’altro, di non vederlo come nemico da cui guardarsi: l’emarginazione, infatti, è frutto di ansie e di paure.La Giornata Nazionale delle Migrazioni ci permette di riflettere su alcune realtà della nostra società che spesso sono oggetto di emarginazione, di ansie e di paure, invece di essere accolte. Pensiamo all’inarrestabile fenomeno dell’immigrazione che caratterizza la nostra epoca; pensiamo al mondo nomade tanto disprezzato; ai naviganti sepolti nelle stive delle navi; a tutto il mondo dello spettacolo viaggiante relegato al margine del contesto sociale in cui vive.La lettera ai Tessalonicesi e il Vangelo parlano chiaramente del ritorno del Signore: Paolo rinnova il suo invito alla vigilanza, vigilanza che si traduce in uno stile di vita; Matteo insiste sulla necessità di far fruttificare quanto abbiamo ricevuto come condizione necessaria per essere felici. La donna dei Proverbi è attiva come i due servitori della parabola, vigila sui bisogni e sulla felicità della sua casa, ma non solo. Le tre letture ci invitano ad un atteggiamento responsabile nella nostra vita di credenti nei confronti degli altri e nei confronti degli eventi della storia.PRIMA LETTURA (Prov 31,10-31)L’immagine della donna perfetta concl
ude il libro dei Proverbi: essa simboleggia la Sapienza divina che trattiene la disperazione ed effonde felicità, si preoccupa di quelli di casa come del misero e del povero, che spinge all’azione. SALMO RESPONSORIALE (Sal 127):Salmo sapienziale, tratto dalla raccolta dei salmi di pellegrinaggio. Gli uomini “in cammino” sono l’immagine della vita dell’uomo; l’uomo benedetto da Dio è colui che “cammina” sulla sua via.SECONDA LETTURA (1 Ts 5,1-6)Ai Tessalonicesi ansiosi di sapere quando il Signore tornerà, Paolo risponde che è più importante il tenersi sempre pronti, vigilanti, preparati ad ogni sorpresa. L’ospite che si presenta alla porta della nostra casa, alla porta della nostra città o del nostro paese mette alla prova la nostra capacità di essere preparati all’accoglienza di "Colui che deve venire".VANGELO (Mt 25,14-30)Una prima lettura della parabola dei talenti ci mostra un padrone estremamente severo. Egli radicalizza la responsabilità di ciascuno riguardo i doni ricevuti dei quali non ne siamo i meri custodi. Il giudizio riguarderà l’uso che ne avremo fatto e soprattutto sul come li avremo fatti fruttificare.PREGHIERA DEI FEDELICelebrante: Signore, tu chiedi a noi di formare una famiglia di fratelli e a ciascuno fai dono degli altri: tu vuoi che ci adoperiamo senza risparmio perché nell’accoglienza reciproca la ricchezza di ogni uomo possa crescere e dare frutto. Come fratelli ci rivolgiamo a te e ti diciamo:Lettore: Rendici capaci di accoglienza.- “Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero” (Sir 31,20).I forestieri non sono estranei al nostro mondo e alla nostra storia: sono un dono di Dio! Signore, fa’ che possiamo esprimere nell’accoglienza la gratuità del Tuo amore per noi.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- “Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene” (Sal 127,2).Il lavoro rende l’uomo capace di stimare se stesso nella dignità e mai deve e dovrà essere occasione di sfrutt
amento o di asservimento! Signore, fa’ che accogliamo il lavoro degli altri con gratitudine e nel rispetto.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- "E quando si dirà: “Pace e sicurezza”, allora d´improvviso li colpirà la rovina" (1Ts 5,3).La ricerca di una tranquillità personale e sociale è sempre una ricerca effimera quando diventa chiusura, protezione e fuga dalla realtà! Signore, fa´ che non guardiamo all´altro come un nemico che viene a turbare il nostro mondo.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- “...Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”(Mt 25,20).La società cresce quando più forze si mettono insieme, quando vengono messi in comune i talenti! Signore, fa ché siamo disponibili al confronto con le culture, le capacità e le energie degli uomini.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- "…per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra" (Mt 25,25).La paura non permette scelte positive; la paura dell´altro, del diverso e dello straniero, crea inutile emarginazione e sofferenza! Signore, fa´ che impariamo a vedere gli altri con fiducia e la storia con speranza.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- "…prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,23).Non si può gioire da soli; la gioia diventa piena quando questa è partecipata. A noi è offerto di partecipare alla gioia del Padre! Signore, fa che il nostro cuore sia sufficientemente libero dalle angosce per accogliere pienamente la tua gioia.Preghiamo: Rendici capaci di accoglienza.- (altre intenzioni).Celebrante: Tu Signore ci affidi la storia e ci doni i nostri compagni di viaggio come semi da coltivare e non come frutto da cogliere. Tu vuoi che ognuno faccia la sua parte a beneficio di tutti e ci inviti a costruire un mondo ricco ed accogliente. Rendici capaci di arricchire l´umanità. Per Cristo nostro Signore.
SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’OMELIA* Ci sono parole che hanno sfidato
i tempi, passando da una lingua all’altra rimanendo sempre identiche ma cambiando lentamente nel significato. Il “talento” in origine era una misura di peso; al tempo di Gesù era diventata sinonimo di una somma di denaro. Dal commento alla parola del Vangelo, nasce, in epoca più recente, l’uso di chiamare “talenti” le varie qualità e capacità di cui un individuo può essere dotato.* Non tutti abbiamo gli stessi “talenti”: siamo diversi per qualità e per capacità di fantasia, di conoscenza, abilità, intuito, ecc.; non tutti hanno avuto la stessa opportunità di riconoscere, far riconoscere, sviluppare e far crescere i propri talenti. Ognuno porta con sé pregi e difetti, qualità e limiti. Ogni uomo con le sue ricchezze o povertà di talenti è lui stesso un talento.* Ognuno di noi ha ricevuto dei talenti… possiamo leggere questa immagine come l’insieme dei doni, dei “carismi” da mettere a frutto, oppure possiamo leggere questa immagine pensando agli altri uomini, al "prossimo" che il Signore ci ha messo accanto. Allora scopriamo che ogni uomo per noi è un dono da mettere a frutto.* L’incontro con “l’altro” è sempre fruttuoso e lo è maggiormente quanto più si è diversi. L’incontro con i simili, i troppo simili, diventa come un guardarsi allo specchio col risultato di rinchiudersi nel proprio talento.* Il Signore nella parabola ci chiede “di mettere a frutto” il talento anche rischiando: nell’incontro con “l’altro” bisogna quindi mettersi in gioco, non avere paura con il risultato certo della mia crescita nella crescita dell’altro e la mia pace nella pace dell’altro.* Nella parabola c’è un servo che per paura sotterra il talento ricevuto, lo rende estraneo dalla sua vita, lo emargina. Quel talento non perde di valore perché emarginato, non vale meno degli altri talenti, solo è messo in condizione di non dare frutto. La paura crea emarginazione, ed ogni forma di emarginazione preclude al resto dell’umanità una ricchezza nuova, la rende sterile, priva di fecondità. E quel servo che ha cercato una tranquillità immediata alla fine subisce le conseguenze della sua paura.* Nelle nostre società vi sono persone che vivono la situazione del talento sotterrato. Non perché messe in condizione di non vivere, ma semplicemente perché, per paura, sono ignorate, o appena sopportate, o addirittura non desiderate. Non valgono meno degli altri, non sono diverse dagli altri, ma la loro potenzialità, il loro “talento” non è messo in condizione di crescere. * è nella gioia del frutto che è possibile entrare nella gioia del Signore: il desiderio di Dio infatti è che cresca e si sviluppi l’umanità ed in essa tutto ciò che è vero, giusto, bello, buono. è nell’accogliere l’altro, nel metterlo in condizione di esprimere il suo “talento”, nel permettergli di dare frutto, che siamo accolti dal Signore e partecipiamo alla pienezza della sua gioia: “Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 24,21).
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