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La gioia di averli incontrati
Eco della Giornata Mondiale della Gioventù (Toronto, 22-28 luglio 2002)

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/02


LA GIOIA DI AVERLI INCONTRATIECO DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ(TORONTO, 22-28 LUGLIO 2002)
di Gianluigi Monti
Sono stati circa 20.000 i giovani italiani arrivati a Toronto per la Giornata Mondiale della Gioventù. Indimenticabile l’incontro al Molson Amphitheatre di Toronto (24.07.02) tra i giovani italiani e i giovani canadesi di origine italiana.Non vorrei che questa Giornata Mondiale della Gioventù incominciasse a tacere in noi, e si confondessero le tante immagini che abbiamo visto o le parole ascoltate.Qualcuno potrebbe dire subito: “non accadrà mai” qualcosa di simile. Ed è vero; come far tacere un tale avvenimento, anche se siamo stati un po’ distratti, o molto occupati; come ridurlo alle tante cose che vediamo e poi vengono ricoperte da altre: cose, immagini, sensazioni, avvenimenti che accendono la nostra mente. Forse abbiamo scoperto anche che la nostra mente e il nostro cuore si è acceso in modo molto bello, si è fatto prendere da tante cose che normalmente non avvengono in modo così spontaneo.Proviamo allora a ripassare i tanti modi che potrebbero aver acceso il nostro cuore non con la pretesa di arrivare a scriverli tutti, ma col solo desiderio di spingervi a cercarli nella vostra storia.Si è acceso, il cuore, perché la nostra casa si è aperta per un gesto di carità concreta: l’ospitalità che è tanto facile e sicuramente ci dona una infinità di emozioni. Quante famiglie si sono trasformate, hanno avuto coraggio, hanno cambiato anche i loro modi di vivere; hanno atteso questi loro ospiti più che i loro figli, c’è chi ha preso addirittura giorni di ferie, chi ha voluto ospitare nella sua casa piccoli gruppi, chi ha voluto offrire anche molto per fare un po’ di festa in più.Si è acceso, perché abbiamo visto tante facce, modi di essere, di muoversi, di mostrarsi, ma tutti con quell’unico zaino che era la divisa più simpatica e più espressiva. Chissà se a memoria d’uomo, la città di Toronto ha visto un simile esercito, facilmente riconoscibile, che si incontrava e sapeva stare assieme, che ha espresso in modi incalcolabili la loro gioia di esserci. Chissà se qualcuno può ricordare chiese così piene di giovani, e solo loro, per la preghiera e la catechesi. Penso a quello che è avvenuto nella nostra parrocchia con i ragazzi venuti dagli Stati Uniti, ma penso anche alla parrocchia vicina: 1.000 giovani italiani, tutti lì, ci stavano giusti giusti. Sono avvenimenti veri, consolanti, non solo necessità di fare un certo lavoro; avvenimenti nell’avvenimento G.M.G. 2002, avvenimenti di grande speranza e consolazione.Si è acceso, perché, forse, è stato facile sentirsi vicini nella fede anche su una strada, su un mezzo pubblico, su una piazza, un viale, perché ci si riconosceva, anche se non sempre si poteva capire ciò che l’altro diceva, cosa del resto non dannosa.Si è acceso, perché abbiamo visto una Chiesa che prega, che cammina, che si diverte, che sta assieme, che sa mostrare la sua felicità davanti ad una telecamera, che parla serenamente ad un microfono. Una Chiesa più grande, più diversa, più istintiva nel generare entusiasmo, ma anche più pronta a sedersi per ascoltare e nutrirsi di quella Parola che non avrà mai una copia migliore, perché viene veramente da Dio.Si è acceso, anche perché si è visto un segno molto bello di un popolo che non proclama chissà quali idee, ma già li vive. Cosa c’è di più bello che vedere della gente, tanta gente che può dire la sua voglia di pace, di verità, di passione per la vita, ecc..., gente che annuncia solo con la propria presenza, anche se qualche volta non è mancata una buona quantità di stravaganza e di chiasso.Ma si è accesa, anche perché lui, il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha detto parole grandi, come sempre. Parole che toccano la fede, la vita di unione con Dio, parole che vogliono interrogare, sollecitare riflessione, conversione, cambiamento, crescita, altruismo; tutte cose concrete; parole che interrogano la comunità sociale, ma vogliono anche costruire la stessa comunità. Parole che pongono domande sul futuro, parole che vogliono farci progettare bene la vita, e l’invito a progettare è la più bella speranza che l’uomo possa ricevere, perché gli da un futuro, lo chiama a fare quel di più che è il contributo più onesto per una vera società.Io credo che il cuore di molti si è acceso ed è ringiovanito e ha provato grandi emozioni che non smetteranno mai di generare attenzioni e conferme. Credo che ciò che abbiamo visto, chi più, chi meno, possa veramente renderci diversi, più pronti, più vivaci, più desiderosi di farci riconoscere nelle nostre comunità, anche perché qualcuno avrà ancora, lì sul tavolo, indirizzi, nomi, numeri di telefoni, e-mail, ecc...Penso che sia questo il primo segno per ricordare con gioia un incontro, mettere una marcia in più: la marcia della presenza, la marcia della disponibilità, la marcia di chi si pone nella sua parrocchia con una leggerezza in più, quella che nasce dal sentirsi rafforzati nella fede. Credo che non sia difficile questo primo passo e credo che sia molto efficace perché chi c’era deve diventare testimone, cioè facile nel dare e raccontare la storia della sua fede che ha ricevuto il conforto e lo stimolo di molti altri. Questo “contagio” deve crescere senza la pretesa di imporsi con le parole, ma nella pazienza di sentire che la propria presenza tra la sua gente già può generare una vita nuova.Questi pellegrini hanno voluto indicarci una meta che a loro stava molto a cuore, la meta era visibile nel Santo Padre, ma la meta è anche questa città che è diventata: Santuario, Chiesa, Comunità, cioè luogo prezioso dove poter vivere un rapporto privilegiato, forte con il Signore, dove aprire il cuore per fare ancora più spazio, e sicuramente ce n’è molto, ad una fede che è chiamata in primo luogo a cambiare noi stessi, a farci vedere meglio la nostra comunità di appartenenza, come il luogo dove aprire sempre più il cuore e aiutare i nostri preti ad aprirlo ancora meglio, perché serve.Ricordare con la pretesa di non fermarsi a vedere solo delle foto o a leggere degli articoli come questo, ma approfittare anche di queste cose per “rilanciare” e “rilanciarsi” sapendo che sicuramente questo produrrà frutto in se stessi e nella tua comunità. I giovani che hanno scoperto Toronto, hanno anche pregato a Toronto, hanno anche ricompattato la propria vita a Toronto, hanno nei loro zaini un programma per i prossimi anni che parte proprio da questo appuntamento. E se lo dimenticheranno, ci saranno i loro preti, le loro suore, i catechisti che glielo ricorderanno e interrogheranno la loro fede partendo proprio da Toronto. Vale la pena allora ricordare, vale la pena ricordarli, vale la pena perché ricordare è ricchezza, è sentire un di più che ti sollecita anche se non si è più così giovani, è limpidità di fare bene e non presumendo, è certezza di riuscire a intensificare tanti rapporti che sono basilari per la nostra vita. Dovremmo allora imparare a dire grazie a tanti giovani che ci hanno aiutato ad aprire meglio gli occhi e ha prendere coraggio, un coraggio di credere che nella nostra comunità la festa può continuare, e facendo così creeremo tanti altri ricordi da conservare, da vivere, da donare a chi nelle nostre chiese vorrà trovare un punto di riferimento. Ma troveremo anche il coraggio di essere più apostoli, cioè più felicemente pronti a servire; dimenticare questo, è dimenticare la fede.Apostoli in un mondo che detta sempre più regole contro l’uomo, che non crea comunione e forse crede che è una manciata di dollari in più che possa generare la felicità, senza accorgersi che serve solo a ritardare i problemi. Ricordiamo allora tutti questi giovani e ricordiamoli sentendoci più in pace.