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Nuova legge sull'immigrazione: perplessità e chance


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/02


NUOVA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE: PERPLESSITÀ E CHANCE
di Paola Scevi
La nuova legge di “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”, apporta modifiche sostanziali al sistema, riguardanti fra l’altro le procedure di ingresso, il permesso di soggiorno, i ricongiungimenti familiari, la disciplina delle espulsioni, la regolarizzazione dei lavoratori domestici (colf e badanti).
Dalla disamina della legge Bossi-Fini emerge una disciplina orientata ad una politica di rifiuto dell’immigrazione che si evidenzia in diversi snodi fondamentali tra questi: il drastico restringimento dei canali di ingresso regolare, la precarizzazione del soggiorno; le limitazioni circa i ricongiungimenti familiari ed una disciplina degli allontanamenti caratterizzata da profili di illegittimità costituzionale.L’attività del Legislatore non può prescindere da una valutazione realistica dello stato delle cose: per disciplinare efficacemente l’immigrazione occorre partire da un’analisi oggettiva del fenomeno migratorio, che è fenomeno strutturale e globale. Trattare l’immigrazione come un transitorio problema di ordine pubblico, prevalentemente da contenere e reprimere, significa forse rassicurare nel breve periodo, ma certamente porta in uno spazio di tempo più ampio all’aumento dell’immigrazione irregolare e del lavoro nero, e quindi ad un’erosione dello spazio di sicurezza collettiva.
Disciplina degli ingressi per lavoroUna delle disposizioni più controverse inserite nel testo di legge riguarda i rilievi fotodattiloscopici cui sarà sottoposto lo straniero che richieda il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, ma altre disposizioni sono ingiustamente vessatorie. Mi riferisco alla previsione volta a collegare direttamente il permesso di soggiorno per motivo di lavoro subordinato alla nuova figura del contratto di soggiorno, con conseguenti elementi di incertezza circa la condizione giuridica dello straniero regolarmente soggiornante.Si diminuisce il termine di durata massima del permesso di soggiorno, che non potrà avere validità superiore ai due anni nel caso di lavoro autonomo o subordinato a tempo indeterminato. Sono previsti maggiori oneri a carico dei datori di lavoro, perché questi, oltre al contratto di lavoro e ad un’adeguata sistemazione alloggiativa, dovranno impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel paese di provenienza.In caso di cessazione del rapporto di lavoro è prevista la riduzione, da dodici a sei mesi, del tempo concesso per ricerca di nuovo lavoro. Lo stato di disoccupazione non dovrebbe di per sé costituire un motivo sufficiente per la revoca del “permesso di soggiorno-lavoratore subordinato”: invece, limitando la possibilità di periodo di disoccupazione per i titolari del “permesso di soggiorno-lavoratore subordinato” che abbiano svolto regolarmente attività di lavoro, di fatto, si giunge a questo risultato.Circa la Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare (secondo cui per i cittadini stranieri, irregolarmente presenti sul territorio, che svolgono attività nell’ambito del settore domestico e della cura alle persone è previsto il rilascio di un permesso, della durata di un anno, rinnovabile per uguali, successivi periodi, se è data prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva), sarà opportuno meglio specificare, per evitare odiose strumentalizzazioni, il disposto “se è data prova della continuazione del rapporto”.Non sono stati presi in considerazione tipi di rapporto di lavoro per i quali è essenziale il preventivo incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. Sarebbe opportuna la ricerca di forme meno complicate rispetto alle esigenze del mercato. Viene abrogata la figura del Garante che consentiva l’inserimento lavorativo di un soggetto straniero mediante il rilascio di un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro della durata di un anno. La disposizione relativa è sostituita da quella che introduce la prelazione e quindi la preferenza ai fini della chiamata al lavoro di quei cittadini stranieri che abbiano partecipato ad attività di istruzione e di formazione nei Paesi d’origine promosse dalle regioni, dalle province, dal Governo, da organizzazioni di datori di lavoro o da organismi internazionali. In che cosa consista, come debba realizzarsi, attraverso quali strumenti e con quali risorse tale fantomatica formazione professionale nei Paesi d’origine non è meglio precisato. Appare chiaro soltanto che tale attività formativa debba essere mirata anche all’inserimento lavorativo ed allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi d’origine. Per perseguire la finalità nemmeno troppo sottesa di chiusura dei canali di ingresso regolare al nostro paese si formula così una disposizione talmente ambiziosa negli intenti ma esigua nella sua effettiva portata applicativa da evidenziare, per questo articolo, una mera operazione di facciata. Opportuna, invece, la sanzione penale per l’impiego di manodopera straniera non in regola con le norme sul soggiorno: viene infatti prevista la pena congiunta dell’arresto, da tre mesi a un anno, e dell’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
Carta di soggiornoLa legge Bossi-Fini è improntata ad una subordinazione delle esigenze connesse all’integrazione dei migranti nel tessuto sociale e politico del Paese alla necessità di forza lavoro a basso costo del sistema produttivo. La disposizione relativa alla carta di soggiorno, che porta da cinque a sei anni la durata del soggiorno regolare necessario per il rilascio della carta, conduce ad una ulteriore precarizzazione della condizione giuridica del lavoratore straniero. La norma sarebbe motivata dal fatto che “appare questo un periodo di tempo più congruo per verificare il complessivo inserimento dello straniero” (Relazione Illustrativa). Appare francamente difficile comprendere su quali basi possa essere sostenuta una siffatta tesi. Va sottolineato che il soggiorno ininterrotto non è l’unico requisito per ottenere la carta di soggiorno, ma che lo straniero deve dimostrare il possesso di altri elementi (reddito, alloggio), e che alcune circolari, di fatto, ne hanno impedito l’effettiva applicazione.
Ricongiungimenti familiariE abolita la possibilità di richiedere il ricongiungimento con i parenti entro il terzo grado (attualmente consentita solo in favore degli inabili al lavoro, e di fatto assai poco richiesta). Viene limitata la possibilità di ricongiungimento con i genitori perché non è possibile presentare istanza nel caso in cui vi siano altri figli nel paese di origine o di provenienza. Unica deroga nel caso di genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano “impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute”. Particolarmente gravosa appare la disposizione, circa la documentazione da allegare alla domanda di nullaosta, di ricomprendere, oltre a quanto già richiesto dal T.U., anche “quella attestante i rapporti di parentela, coniugio e la minore età, autenticata dall’autorità consolare italiana”. La verifica circa la sussistenza dei presupposti di parentela è già prevista in sede di richiesta del visto di ingresso. Qualora la disposizione si venisse ad affiancare a quella già esistente, si verrebbero a raddoppiare le difficoltà per gli immigrati in considerazione delle problematiche riscontrate presso le nostre rappresentanze diplomatico-consolari. Non si vede la necessità di questo doppio passaggio poiché la verifica del rapporto di parentela o di coniugio o della minore età, è già effettuata.
AllontanamentiLa radicale modifica della disciplina degli allontanamenti rappresenta la parte caratterizzante della nuova legge. Una disamina della normativa consente di cogliere immediatamente, oltre che alcuni preoccupanti elementi di illegittimità costituzionale, lo spirito informatore della stessa, improntato ad una visione dell’immigrazione come fenomeno pericoloso ed allarmante, materia da disciplinare secondo la prospettiva dell’ordine pubblico in cui l’espulsione diventa l’unica possibile risposta all’irregolarità ed in cui l’autorità di polizia vede un’estensione dei poteri già ampiamente discrezionali ad essa riconosciuti.L’obiettivo primario e sbandierato anche a fini mediatici è quello di combattere l’immigrazione irregolare nel modo più duro. Infatti l’accompagnamento coatto alla frontiera diventa la modalità ordinaria di esecuzione dell’espulsione amministrativa, con l’unica eccezione per il caso del cittadino straniero il cui permesso di soggiorno sia scaduto da più di 60 giorni e per il quale non si sia richiesto il rinnovo, che deve lasciare il territorio dello Stato spontaneamente. Del resto il dibattito che ha preceduto il disegno di legge si è appuntato sovente sullo snodo della possibile introduzione del reato di immigrazione clandestina. Occorre sottolineare come la criminalizzazione della figura del migrante in quanto tale e quindi la totale mancanza di considerazione riguardo alle cause strutturali ed epocali che stanno alla base del fenomeno migratorio striderebbe comunque con la visione dell’illecito penale prospettata dalla nostra Costituzione, anche se la mancata introduzione di questo reato è più che altro da ascriversi ai possibili effetti paralizzanti nei confronti dell’apparato giurisdizionale.
Minori stranieri non accompagnatiLa nuova legge ha giustamente esteso la possibilità di rilasciare, un permesso di soggiorno (per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, o per esigenze sanitarie o di cura), previsto, nella legge riformata, al raggiungimento della maggiore età in favore dello straniero che abbia beneficiato di un permesso per motivi familiari e “ai minori comunque affidati”. Oggi, tale possibilità viene estesa anche ad altri ex-minori, sempre che il Comitato per i minori stranieri non abbia adottato nei loro confronti una decisione di rimpatrio al compimento della maggiore età.