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Settimanale della Svizzera: Il Corriere degli Italiani nel 40° anniversario


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/02


Icasticamente detto: "Il Corriere degli Italiani ha cominciato a camminare, in Svizzera, sulle proprie gambe, vale a dire autonomamente, 40 anni fa". Poiché è da considerare figlio dellŽEco dŽItalia, settimanale che dal 1929 veniva stampato dalle Missioni Cattoliche Italiane di Francia. Dal 10 gennaio1952, LŽEco dŽItalia cominciò a ospitare un inserto speciale per la Svizzera - sempre con scadenza settimanale - i cui destinatari erano gli italiani quivi immigrati. La titolazione era appunto "Edizione per la Svizzera". 1. LŽECO DŽITALIAScriveva nel gennaio 1952 la Direzione del periodico della Francia, lŽEco dŽItalia: "Prima di rivolgere ai lettori ed abbonati di Francia lŽannuale appello per il riabbonamento 1952, con grande gioia indirizziamo un cordiale saluto, come si fa tra amici che si conoscono da tempo, a centinaia di nuovi lettori, i quali per la prima volta leggeranno "LŽECO". Infatti, grazie ad una felice iniziativa, il nostro settimanale, a partire da questo primo numero di gennaio 1952, raggiungerà in edizione speciale gli Emigrati della Svizzera".A sua volta Padre Giovanni Favero, Direttore dei Missionari Italiani in Svizzera, in data 3 gennaio 1952 proclamava:"Carissimi Italiani! Arriva finalmente a voi il giornale che da tanto tempo aspettate: "LŽECO". Sarà il vostro settimanale che vi porterà le notizie del mondo, della nostra cara Italia e dei Connazionali che lavorano in tutti i Cantoni della Svizzera. Fate buona accoglienza al vostro settimanale! Esso vi terrà al corrente di ogni notizia interessante il vostro lavoro e vi porterà anche la buona parola dei 24 Missionari Italiani che in tutta la Svizzera vi assistono nel vostro lavoro". 2. LA SVOLTA DEL 1962: NASCE IL "CORRIERE DEGLI ITALIANI"Il lavoro di collaborazione tra le Missioni Cattoliche Italiane di Francia e Svizzera durò 10 anni. La presenza sempre più numerosa di immigrati italiani in Svizzera e le diverse condizioni socio-politiche e religiose che si erano venute nel frattempo a creare in questi due Paesi, indussero necessariamente alla creazione di un settimanale mirato alla situazione svizzera nellŽambito sempre delle problematiche inerenti allŽemigrazione. Nella riunione, tenutasi a Parigi lŽ11 gennaio 1962, i Responsabili dellŽEco decisero che, a partire dal 25 dello stesso mese ed anno, fosse sospesa, da parte loro, lŽedizione riservata alla Svizzera.E come si desume da documenti datati 9 novembre 1961 e 16 gennaio 1962, lŽallora Direttore dei missionari in Svizzera, P. Angelo Ceccato, dopo aver intrapreso una consultazione fra di loro, passò alla costituzione di una commissione in modo che fossero garantite la stampa e la gestione del nuovo settimanale delle Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera.Il giornale uscì, come settimanale, con il titolo: "Corriere degli Italiani". Rivolgendosi agli svizzeri il 15 febbraio 1962, nel terzo numero del settimanale un articolista, lo "Osservatore", scriveva: "Nelle relazioni tra svizzeri e lavoratori italiani esistono elementi positivi: ma ci sono ancora delle situazioni e dei punti morti da superare. E veramente col cuore che ci rivolgiamo a voi, e le nostre saranno parole di dignitosa fraternità. Siamo in casa vostra...". Ma... "Gli italiani sarebbero disposti a rimanere in Svizzera; essi desidererebbero integrarsi alla vostra vita (e voi potete dire quanti sono gli italiani che si sono fatti naturalizzare); essi desidererebbero essere dei figli laboriosi ed onesti della Patria svizzera che li ospita. Ma perché tutto questo avvenga, perché tante preziose e sane energie vivano, si integrino, si confondano con voi è necessario che voi li accogliate veramente come fratelli; che voi li aiutiate, incoraggiandoli con amore, a superare il periodo di acclimatazione, che è quello più irto di difficoltà (usi, lingua, ecc.) e più difficile da superare...". 3. CONSENSI DELLE AUTORITAŽ RELIGIOSENon è, ovviamente, possibile fare qui la cronaca di tutto il lavoro, nonché delle trattative svoltesi, in quel tempo, fra le varie istituzioni e persone in merito alla creazione del settimanale. Non possiamo tuttavia tralasciare di riportare parte della corrispondenza iniziale intercorsa fra le Autorità e persone più autorevoli come sicura testimonianza delle finalità che i fondatori si prefiggevano nellŽideare il giornale, nonché dei consensi ottenuti per questa iniziativa.In data 3 febbraio 1962, P. Angelo Ceccato, Direttore dei Missionari Italiani in Svizzera, inviava al Cardinale Carlo Confalonieri, Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, la prima copia del "Corriere degli Italiani", con questa precisazione:"Questo primo numero esce con oltre ottomila esemplari: lŽimpegno dei Missionari, in partenza, ha permesso di raddoppiare il numero delle copie del settimanale delle Missioni, fin dal primo numero. Se lo slancio e lŽunità persevereranno, spero che si possa diffondere efficacemente la voce della Chiesa tra molti emigrati...".Nella sua pronta risposta, 18 febbraio 1962, il Card. Confalonieri si complimentava:"Reverendissimo Padre, è con piacere che apprendo che fin dal primo numero, per lŽimpegno e lo slancio dei missionari, il settimanale ha potuto raddoppiare il numero delle copie. E pure motivo di rallegramento sentire la favorevole accoglienza che il "Corriere degli Italiani" ha ricevuto sia da parte delle Autorità religiose e civili svizzere che da parte delle Rappresentanze diplomatiche italiane..." e formulava lŽaugurio che "con la perseverante unità dei missionari, si possa diffondere sempre più la voce della Chiesa tra gli emigrati".In data 24 febbraio 1962 P. Angelo Ceccato ricevette dal Nunzio Apostolico in Svizzera, Mons. Alfredo Jacinj, una benevole lettera con alcune indicazioni di fondo:"In linea generale si debbono dire le cose ma non ferire le persone, MAI, e tenersi al di fuori e al di sopra delle polemiche di partito, di qualunque parte. Quando ci si mette un pensiero religioso - ed è bene che ci si metta - sia breve e chiaro, come fa il periodico francese "LE PELERIN" nella rubrica: "Le Christ a dit…". Si abbondi nel riferire le cose delle diverse Missioni e con fotografie, quando se ne hanno. Mentre faccio i voti migliori perché il giornale entri fra tutti i ceti degli Italiani e vi porti quel conforto che se ne attende, benedico di cuore quanti si occupano della preparazione del giornale, quanti lo aiutano in qualsiasi modo e quanti lo leggono".E da Friburgo, Mons. Th. Perroud, vicegerente del Vescovo di Losanna-Ginevra e Friburgo, Charrière, al Direttore del giornale manifestava, in data 12 febbraio 1962, il proprio compiacimento per lŽiniziativa.Il Vescovo di San Gallo, Joseph Hasler, confermava al Direttore del giornale, in data 14 febbraio 1962, la propria adesione:"Molto Reverendo Padre, i miei auguri sinceri per il nuovo giornale. Volentieri lo leggerò sempre. La prego di notare il mio indirizzo per lŽabbonamento. Ho lŽintenzione di raccomandare ai preti il giornale nel bollettino diocesano". 4. ALCUNE TAPPEIl Corriere degli Italiani prosegue lentamente il suo cammino. Un navigare ora tranquillo, ora tra venti di maretta. In un caso o due sullŽorlo addirittura del fallimento. In breve: il 21 maggio 1962, la Commissione istituita per la conduzione del giornale passa allŽassegnazione delle cariche atte a garantirne la stampa e la distribuzione. Il 19 settembre 1963 viene approvato lo Statuto della "Società Italo-Svizzera per la Stampa di Emigrazione" (S.I.S.S.E.). Il 13 marzo 1966, don Mario Bini, Direttore del giornale, ne inviava statuto e progetto di diffusione al nuovo Direttore dei missionari, mons. Aldo Casadei, e precisava:"Vi saranno certamente alcuni confratelli che reclameranno e che vorranno diminuire il loro numero. Ma, salvo in qualche caso eccezionale, noi non potremo retrocedere, poiché ci siamo impegnati tutti a pubblicare il nostro settimanale e ciò è possibile unicamente se la tiratura dello stesso supera le 10 mila copie. Con circa mezzo milione dŽemigrati italiani in Svizzera, si dovrebbe poterne stampare 40 o 50 mila copie! La vendita del giornale costa sacrificio; ma costa pure sacrificio lo scriverlo ogni settimana".Passano dieci anni e per il Corriere nasce lŽesigenza di trovare nuove soluzioni attinenti alla stampa e diffusione. Perciò, il 16 novembre 1972, il Comitato Direttivo del Corriere indice unŽassemblea dalla quale emergono tre proposte:1. apportare alcune modifiche allo Statuto per garantire la linea ufficiale del Corriere (proposta della "Commissione ufficiale");2. coinvolgimento di laici nella gestione del giornale, nonché di Enti e Associazioni dŽispirazione cristiana ("Gruppo dei 18");3. prendere ancora tempo in modo da approfondire i vari aspetti delle problematiche emerse tra i missionari negli ultimi tempi ("proposta del giorno").La proposta più accreditata, anche se scatena molte polemiche, rimane quella del Gruppo dei 18. I responsabili ne tengono conto e, allŽinizio del 1973, a presidente della S.I.S.S.E. viene designato un laico nella persona di Giuseppe Bosa.LŽEco, settimanale di emigrazione in Svizzera, così commentava il 7 febbraio 1973 i mutamenti avvenuti: "Il CORRIERE DEGLI ITALIANI, che una settimana fa ha festeggiato i 12 anni di vita, sta attraversando una burrasca in un bicchier dŽacqua. Terremoto infatti ai vertici della società editoriale; per la prima volta, a presidente è stato eletto un laico: il signor Giuseppe Bosa di Winterthur, segretario centrale del sindacato cristiano della metallurgia FCOM. Anche la composizione della redazione è stata posta in causa: basta coi missionari, dicono i laici. E gli aclisti si sarebbero assicurati un posto importante affidato a un amico del sociologo Claudio Calvaruso di Ginevra. Anche la direzione, attualmente affidata al missionario don Dino Ferrando di Lugano, minaccia di cambiar padrone". 5. MEMORIA DI EUFORIA E DI CRISIPer non dilungarci troppo, possiamo dire che anche nel ventennio successivo a queste vicende il Corriere conobbe, come tutti i giornali dŽemigrazione del resto, momenti di euforia alternati a momenti di depressione, di crisi. Per il Corriere la più grave di tutte fu certamente quella risalente al 1997-1998, che è poi anche quella che ebbe, crediamo, maggior risonanza in ambienti giornalistici, ecclesiali e in vari altri. Ne pubblicò la notizia, senza veli, il giornale stesso. Ci limitiamo alla cronaca. NellŽassemblea generale del 10 gennaio 1998 la S.I.S.S.E. si sciolse."I Soci della Società Italo-Svizzera per la Stampa di Emigrazione (S.I.S.S.E.) - recita il comunicato ufficiale -, nellŽassemblea plenaria straordinaria del 10 gennaio 1998, considerate le varie difficoltà in cui si dibatte il Corriere degli Italiani da qualche anno a questa parte, hanno votato, a stragrande maggioranza, lo scioglimento di detta Società ai sensi dellŽarticolo 29 dello Statuto. Ciò tuttavia non comporta la chiusura o la soppressione del Corriere degli Italiani, ma un nuovo assetto amministrativo-finanziario del settimanale attraverso un breve periodo di transizione in cui il giornale continuerà a uscire regolarmente".E così la responsabilità di pubblicazione e gestione del settimanale passa alla Delegazione delle Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera, la quale, per garantire la regolare pubblicazione del settimanale come strumento dŽinformazione e formazione, costituisce lŽ "Associazione del Corriere degli Italiani". Il Consiglio di Delegazione ne divenne e continua a esserne lŽEditore. 6. SEMPRE IN CAMMINODal marzo 1998, il nuovo Editore, assumendosi lŽoneroso compito e impegno della regolare pubblicazione del Corriere, non poteva - nonostante e si direbbe, anzi, a dispetto di un certo vento di fronda che, allora specialmente, si era levato da alcune parti, forse non del tutto disinteressate - non tener conto delle ragioni per cui era stato fondato il giornale, di cui restano testimonianza le lettere che abbiamo qui sopra pubblicate; non poteva che attingere altresì coraggio, luce e forza dal ricordo delle testimonianze di due vescovi, Mons. Otto Wüst e Mons. Anton Häggi i quali, parlando a nome di tutti i vescovi svizzeri in riferimento a questo settimanale delle Missioni Cattoliche Italiane, così si esprimevano in un documento del 1981:"Il Corriere degli Italiani è un servizio a livello socio-politico religioso per i migranti. Il parere dei Vescovi e del Comitato del Sacrificio quaresimale, coerente con le direttive del Concilio e del Sinodo, è che: 1. un settimanale socio-politico di ispirazione cristiana, al servizio dei migranti, non deve morire;2. le comunità ecclesiali dei migranti devono avere i mezzi di finanziamento senza obbligare il giornale a vivere alla giornata o con lŽincubo del fallimento;3. lŽimpostazione socio-religiosa può sempre migliorare;4. il maggior numero di migranti deve trovarsi in condizione di leggere il giornale perché lo scopo della pubblicazione è di formare e informare". 7. CONSIDERAZIONI FINALIIl 1997 e 1998 furono anche gli anni in cui si riconobbe particolarmente lŽesigenza di un vero e proprio esame del percorso seguito fin lì dal Corriere dal giorno della sua fondazione. E ne risultò che, se la linea fin lì seguita era stata sostanzialmente rispettosa delle premesse e degli auspici formulati dai fondatori del settimanale, ora era tuttavia necessario ed essenziale - proprio per ciò che i tempi suggerivano e, in un certo senso, imponevano - accentuare quellŽaspetto, senza paura o timore che il giornale perdesse la simpatia dei lettori. Occorreva pertanto far risaltare meglio, e con maggior vigore, quella che era ed è la voce della Chiesa, dare più spazio alla voce delle Missioni, vincere la diffidenza che più dŽuna di esse aveva nei riguardi del Corriere, quasi che esso potesse soffocare la voce del bollettino, che essa stampava in proprio, o potesse esserne un pericoloso concorrente. Quello che il Corriere era stato nei voti dei fondatori, delle Autorità che lo avevano approvato e dei sostenitori volenterosi, e che doveva continuare a essere, non potrebbe essere espresso meglio di come si espresse lŽallora Direttore delle Missioni, quando scrisse al Cardinal Confalonieri: "LŽimpegno dei Missionari, in partenza, ha permesso di raddoppiare il numero delle copie del settimanale delle Missioni, fin dal primo numero. Se lo slancio e la unità persevereranno, spero che si possa diffondere efficacemente la voce della chiesa tra molti emigrati".Il Corriere non era nato per essere un settimanale "rosa". Non era nato per essere un palco della politica. Né per essere una palestra, di cui questa o quella categoria di "aficionados" potesse servirsi a difesa della propria lobby o dei propri interessi o, se si vuole, dei propri diritti senza ottemperare però anche allŽobbligatorietà dei propri doveri. Ma doveva, come lo deve sempre, continuare a essere un pulpito, da cui si eleva alta la voce del Vangelo, voce di giustizia, amore, fraternità, pace. Non sempre, forse, esso riesce in questo intento come vorrebbe, ma la volontà devŽessere questa. Salviamone dunque almeno le buone intenzioni.Gli anni 1997-1998 fecero prendere particolarmente coscienza che le condizioni dellŽeditoria erano, con i tempi, mutate e che la vita di un giornale era diventata sempre più difficile per la concorrenza spietata di un numero sempre maggiore di riviste e di giornali che spuntavano come funghi, gestiti da imperi finanziari, i quali stampavano e stampano ciò che vogliono senza andare per il sottile.CŽera la concorrenza sempre più accanita della televisione, capace di distogliere dalle letture. CŽera già lŽInternet, e via dicendo. Soprattutto, lŽItalia era più vicina di 35 o 40 anni prima, quando lŽarticolista, a firma "LŽOsservatore", sul numero 3 del Corriere scriveva "dellŽattaccamento [che gli emigrati avevano] alla loro famiglia, rimasta, sovente, nella loro amatissima Italia", mentre adesso, con tutti i nuovi mezzi di locomozione, la loro Patria si era fatta più vicina e faceva anche trovare i più noti quotidiani nelle principali edicole svizzere. E tuttavia si comprese che non bisognava perdersi di coraggio. Credere che la voce del vangelo, anche quando grida nel deserto, può trasformare le pietre in pane. E questa fiducia diede ali alla volontà di continuare e di lottare pur di fronte a una situazione finanziaria catastrofica da portare, chissà quando, e chissà come, in pareggio. Ancora una volta dobbiamo qui ringraziare tutti gli affezionati lettori, tutti i sostenitori, tutte le Autorità che ci hanno dato e continuano a darci il loro sostegno e la loro fiducia. Proprio per loro auspichiamo che il Corriere abbia ancora vita lunga: "Ad multos annos!" Non per vanagloria, ma come modesto contributo per un sempre miglior servizio al Popolo di Dio e allŽintera collettività.(Riduzione nostra da una più ampia relazione del Presidente della "Associazione Corriere degli Italiani", Mons. Antonio Spadacini, anno 2002)