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Pastorale migratoria: una sollecitazione per i pastori delle chiese


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/02


a cura della CEMI
Nella sessione della CEMI (Commissione Episcopale per le Migrazioni) del 15 marzo, cui sono stati invitati anche i Vescovi Incaricati per le Migrazioni delle varie Regioni, si è stato presentato un pro-memoria in dieci punti che sintetizza quanto i Vescovi dovrebbero tenere presente perché la pastorale migratoria occupi il suo posto e venga svolta con efficacia in diocesi, con pari dignità e pari impegno degli altri settori della pastorale.Ai Vescovi Incaricati regionali per le migrazioni è stato richiesto che se ne facciano portavoce presso gli altri Vescovi della regione, eventualmente presentandolo in sede di Conferenza Episcopale regionale. E evidente che tale compito non viene formulato per la prima volta ma semplicemente "ri-definito"; si tratta infatti di una sintesi di quanto è già ben noto, poiché i singoli punti sono ricavati da documenti conciliari e pontifici, in particolare dal Decreto Christus Dominus, dal Motu proprio Pastoralis migratorum cura e annessa Istruzione De pastorali migratorum cura e dalla Lettera ai Vescovi Chiesa e Mobilità umana. 1. PRIORITAŽ PASTORALE"La Comunità cristiana fa dellŽattenzione verso i migranti una delle sue priorità pastorali" (GMM 1998, n. 2 - E 907). Questo obiettivo che il Papa propone allŽintera comunità cristiana investe in primo luogo il Vescovo, per motivi che, pur essendo in se stessi ovvi, vengono esplicitati dal Concilio nel decreto Christus Dominus con grande chiarezza: al n. 16: i Vescovi "si mostrino premurosi verso tutti, di qualsiasi età, condizione, o di passaggio o stranieri" (n. 16 - E 447).La raccomandazione viene maggiormente sviluppata più avanti, al n. 18, in riferimento alle Conferenze Episcopali, che sono invitate a "occuparsi con tutta premura delle questioni più urgenti di tali persone e a provvedere adeguatamente con opportuni mezzi e direttive, in concordia di intenti e di sforzi, alle loro necessità spirituali". Ambedue i passi sono espressamente citati allŽinizio della Pastoralis migratorum cura di Paolo VI (E 447). 2. I CINQUE MONDI DELLA ITINERANZA"Tutti gli aspetti della itineranza", che comprende gli italiani allŽestero, gli immigrati ed i profughi in Italia, i Rom e i Sinti (nomadi), i fieranti e i circensi (gente dello spettacolo viaggiante), i marittimi e gli aeroportuali, sono oggetto di specifica attenzione nella Lettera alle Conferenze Episcopali "Chiesa e Mobilità umana" del 1978 (cfr. n. 28 - E 1447). Più avanti la Lettera ricorda che il Motu proprio Apostolicae caritatis nellŽistituire la Pontificia Commissione o Consiglio per la pastorale dei migranti e itineranti, cui ha attribuito la competenza su tutto il vasto e molteplice mondo delle migrazioni, "ha valorizzato il comune denominatore pastorale delle varie forme di mobilità, come appare allŽansia evangelizzatrice della Chiesa" (n. 39 - E 1462), dando così uno stimolo alle singole Conferenze Episcopali e Chiese particolari a fare altrettanto.Del resto è lo stesso Decreto Christus Dominus che già apre lo sguardo a questa molteplicità di forme che assume la mobilità: "Si abbia particolare cura di quei fedeli che, a motivo delle loro condizioni di vita, non possono fruire a sufficienza dellŽordinaria assistenza pastorale dei parroci o ne sono del tutto privi: tali sono i moltissimi migranti, gli esuli e i profughi, i marittimi e gli addetti alla navigazione aerea, i nomadi e simili categorie di uomini" (CD 18 - E 1447; cfr. E 498). LŽimportanza del problema non va sottovalutata per il fatto che per certe categorie si tratta di minoranze; anche in carcere o nelle caserme ci sono minoranze, eppure non mancano per loro né cappellani né strutture pastorali.3. LA RESPONSABILITAŽ DEI PARROCILŽIstruzione De pastorali migratorum cura, che riserva lŽintero capitolo IV agli ordinari del luogo, chiede che "gli Ordinari ammoniscano i parroci del grave loro compito" nei riguardi dei fedeli candidati allŽemigrazione (n. 26 - E 500). Parole ancora più vibrate si leggono più avanti nei confronti dei parroci dei luoghi di immigrazione: "LŽassistenza spirituale di tutti i fedeli, e quindi anche dei migranti, che risiedono nel territorio di una parrocchia, ricade soprattutto sui parroci, che dovranno un giorno render conto a Dio del mandato eseguito. Essi perciò sappiano condividere un compito tanto grave con il cappellano o missionario, quanto questi si trova sul posto" (n. 30.3 - E 506).Talora poi si renderà necessario "individuare e cercare dei sacerdoti, diocesani o religiosi, adatti e preparati per questo non facile ministero" (ib. n. 27 - E 501; cfr. n. 31 - E 507). E infine, nello spirito e nella lettera dellŽIstruzione della S. Congregazione per lŽevangelizzazione dei popoli del 25 aprile 2001, si dovrebbe prendere coscienza del dovere e dellŽurgenza di valorizzare i sacerdoti diocesani stranieri, inseriti a qualsiasi titolo nella propria diocesi, per la cura pastorale dei cattolici della medesima nazionalità, etnia o lingua dei cattolici immigrati presenti sul territorio. Evidentemente la stessa responsabilità è nei confronti di tutta la gente in cammino. 4. ARMONIZZARE IDENTITAŽ E COMUNIONESpetta ancora ai Vescovi garantire e armonizzare la duplice esigenza della pastorale specifica e della comunione ecclesiale, provvedendo perché nella propria diocesi non venga unilateralmente enunciata e perseguita lŽuna a svantaggio dellŽaltra. La PMC di Paolo VI è molto esplicita a riguardo: "Non è possibile svolgere in maniera efficace questa cura pastorale, se non si tengono in debito conto il patrimonio spirituale e la cultura propria dei migranti; a tale riguardo ha grande importanza la lingua nazionale, con la quale essi esprimono i loro pensieri, la loro mentalità, la loro stessa vita religiosa. Naturalmente bisogna evitare che queste diversità e gli adattamenti secondo i vari gruppi etnici, anche se legittimi, non si risolvano in un danno di quellŽunità, a cui tutti sono chiamati nella Chiesa" (E 448).5. OCCASIONE PER VIVERE LA PROPRIA VOCAZIONE"I fenomeni della mobilità sono un invito alla Chiesa a realizzare la propria identità e la propria vocazione", come si legge in Chiesa e mobilità umana" (n. 28 - E 1447). Infatti, come la citata Lettera dice più avanti, "non sarà mai sottolineato abbastanza che i moderni fenomeni del movimento presentano occasioni di esercitare in pienezza, prima ancora dei doveri, i privilegi connessi con la vocazione cristiana. Sono, in altre parole, un impulso alla generosità, allŽaltruismo, alla creatività, di cui sarebbe arduo rinchiudere in una formula tutte le possibilità di espansione" (n. 29 - E 1449).Il fenomeno migratorio, prima ancora che alla vocazione e missione della Chiesa, è un richiamo forte e quasi visibilmente percepibile alla sua identità profonda, alla sua cattolicità ed unità, alla sua dimensione missionaria ed escatologica. Infatti "le migrazioni hanno messo spesso le Chiese particolari nellŽoccasione di autenticare e di rafforzare il loro senso cattolico accogliendo le diverse etnie e soprattutto realizzandone la comunione" (GMM 1993 - E 868). E ancora: "A questo crescente spostamento di gente la Chiesa guarda con simpatia e favore… perché in esso scorge lŽimmagine di se stessa, popolo peregrinante" (GMM 1992 - E 856). 6. OCCASIONE DI INCONTRO ECUMENICO E INTERRELIGIOSOLe migrazioni costituiscono luogo privilegiato di incontro ecumenico e interreligioso. Nella DPMC sotto il paragrafo "Gli ordinari dei paesi di immigrazione" si legge: "Volentieri essi rechino soccorso anche agli altri cristiani, che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica e mancano dellŽassistenza dei ministri della propria Chiesa" (n. 30.1 - E 505). Questo orizzonte di ecumenismo e di evangelizzazione viene ripreso con più ampiezza nella Lettera alle Conferenze Episcopali (nn. 13 e 14 - E 1426-1427).Quanto alle migrazioni in funzione del dialogo interreligioso viene spontaneo il rimando al Messaggio del S. Padre per la Giornata Mondiale della Pace 2001, Dialogo tra le culture per una civiltà dellŽamore e della pace, in particolare ai due numeri (nn. 12-13) dove si parla della "sfida delle migrazioni" nei confronti appunto del dialogo.7. IL PERICOLO DEL PROSELITISMO DELLE SETTE"Salvaguardare i migranti dal proselitismo religioso" (GMM 1991 - E 805). Il Papa riserva un messaggio esclusivamente a questo tema: "LŽespansione delle sette e dei nuovi movimenti religiosi ha di fatto alcuni settori strategici in cui concentra i suoi sforzi: fra questi vi sono le migrazioni" (n. 4 - E 808). Individua pure le cause del fenomeno: "Per la situazione di sradicamento sociale e culturale e per la precarietà in cui versano, i migranti si trovano ad essere facili prede di metodi insistenti ed aggressivi. Esclusi dalla vita sociale del paese di origine, estranei alla società in cui sŽinseriscono, costretti spesso a muoversi al di fuori di ogni ordinamento oggettivo che tuteli i loro diritti, i migranti pagano il bisogno di aiuto e il desiderio di uscire dallŽemarginazione, in cui sono, di fatto, confinati, con lŽabbandono della loro fede" (ibid.). Compito primario del "vescovo", sulla scia del Buon Pastore, è vegliare perché in questo gregge disperso dei migranti non si introducano mercenari e non facciano razzia i lupi rapaci. 8. IL DIRETTORE DIOCESANO MIGRANTESUna lunga esperienza insegna che il Direttore Diocesano Migrantes è perno fondamentale per la pastorale migratoria della Diocesi, perciò tanto il Vescovo è determinato a dare consistenza alla pastorale migratoria nella sua Diocesi, altrettanto deve impegnarsi per assicurare un qualificato e convinto Direttore Migrantes e un ufficio Migrantes che abbia la sua collocazione nellŽorganigramma della Curia diocesana alla pari degli altri uffici.La DPMC parla del direttore diocesano sia in riferimento alle Chiese di partenza che di arrivo dei migranti: "Se appare necessario o almeno opportuno, si costituisca e sia bene ordinato presso la curia diocesana un Ufficio speciale per i migranti" (n. 25 - E 499) …"alla cui direzione sia preposto un vicario episcopale o altro sacerdote idoneo" (n. 29 -503). Il Vescovo Incaricato Regionale per le Migrazioni sosterrà inoltre lŽimpegno degli operatori della pastorale della mobilità umana partecipando ai loro incontri regionali.9. LA COLLABORAZIONE INTERDIOCESANALa collaborazione interdiocesana è esigita da motivazioni generali, che la pastorale migratoria condivide con altri settori della pastorale e da motivazioni particolari, sintetizzabili nel fatto che "la pastorale richiesta dalla mobilità è necessariamente una pastorale, per così dire, senza frontiere. La complessità degli spostamenti umani rimbalza sul piano ecclesiale: gli strumenti idonei non possono essere trovati che nella solidale collaborazione tra le chiese direttamente interessate" (Chiesa e mobilità umana n. 26 - E 1445).Espressione e strumento di questa collaborazione interdiocesana è, oltre la diretta intesa tra direttori di diocesi limitrofe, il Direttore regionale come pure il Coordinatore nazionale della pastorale migratoria. Diventa stimolante una tale collaborazione se allŽordine del giorno delle Conferenze Episcopali regionali verrà posto con sistematicità un qualche aspetto della pastorale della mobilità umana. 10. LA GIORNATA NAZIONALE DELLE MIGRAZIONILa Giornata Nazionale delle Migrazioni (si celebra in Italia sempre nella III domenica di Novembre) merita di essere collocata a pari dignità ed importanza delle altre Giornate nelle quali è impegnata sia la Chiesa universale che nazionale. è opportuno rilevare che, mentre lŽIstruzione DPMC sottolinea quale scopo principale, anche se non esclusivo, della giornata "raccogliere gli aiuti per provvedere alle necessità dei fratelli migranti" (n. 24.6 - E 496; cfr. n. 24.2 - E 493), il documento successivo, sopra citato, precisa che "essa è concepita come occasione propizia per sollecitare le comunità cristiane alle loro responsabilità verso i fratelli migranti e al dovere di cooperare alla soluzione dei loro molteplici problemi".Non si esagera se si accosta per importanza e per impegno richiesto questa Giornata alla Giornata missionaria mondiale. I Vescovi perciò sono invitati a riflettere se la Giornata viene effettivamente celebrata nelle varie Chiese a cominciare dalla Cattedrale e se lo spostare la Giornata a una data diversa da quella stabilita a livello nazionale o il sovrapporla ad altra celebrazione diocesana o regionale consenta di raggiungere adeguatamente tali scopi.