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Libertà e verità
Società Plurietnica, pluriconfessionale e conservazione e trasmissione della fede

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/02


di Lorenzo Piva
Il XX secolo è alle spalle. Un rilevante segmento di vita, dalle tinte forti e contrastanti, si consegna al giudizio della storia: guerre mondiali, con milioni di morti, miscelate a scoperte scientifiche stupefacenti; genocidi mirati accanto a fantastiche odissee nello spazio; periodiche e letali carestie incrociano le novità rappresentate da internet; epidemie a raggio continentale, quali lŽaids, sono abbinate agli incredibili sviluppi dellŽingegneria genetica e dei xenotrapianti.1. IL FUTURO CHE VERRAŽMa come si presenta lŽorizzonte più propriamente religioso del millennio che verrà? Sia pure in mezzo a qualche dissonanza, non mancano le note incoraggianti. Si registra, infatti, una forte nostalgia di riconciliazione tra le Confessioni cristiane, resa tangibile da incontri e gesti di reciproco perdono. Un ininterrotto esodo di popoli in marcia da sud a nord, e da est ad ovest del Pianeta, crea non solo relazioni impensate, ma sollecita pure ad entrare in dialogo con religioni sconosciute. Sorge una nuova stagione di contemplativi - i monaci delle città - capaci di uno strabismo spirituale che li porta, da un lato, a vivere immersi nel mistero di Dio e, da un altro, a rimanere vigili sentinelle sui passaggi epocali dellŽumanità. Si notano, inoltre, segni di tolleranza ed integrazione razziale, uniti ad atteggiamenti di corresponsabilità planetaria, pur in mezzo a penose sacche di ottusità e provincialismo. Cresce la vergogna per i milioni di impoveriti del Pianeta, dove il 20% dellŽumanità brucia lŽ80% delle risorse, e fioriscono richieste di interdipendenza, convivialità, essenzialità e condivisione. Qualcuno scrive che i tanti germi di speranza, seminati nei solchi della storia del secolo appena concluso, fanno scorgere, pur in modo ancora nebuloso, le premesse di un domani radioso.2. UN SABATO DI VIGILIA E PRECARIETAŽTuttavia, lŽumanità, che entra non senza sussulti, in un nuovo tornante della storia, vive un sabato di vigilia. è finita unŽepoca, ne sorge unŽaltra; è calato un sipario, si aprono nuovi orizzonti. Ma la presente resta stagione di precarietà e transitorietà. La fede stessa pare straniera. Ciò nonostante, figlia di unŽinvisibile regia, essa lascia trasparire ombre di divino, costantemente tesa a ricordare che lŽumanità fa parte di un progetto-altro. In una prospettiva tanto vasta ed universale, la Chiesa, che come un vero e proprio organismo vivente, respira a due polmoni - ad intra e ad Gentes - raccoglie le sfide del proprio tempo, ed individua nuovi ambiti (areopaghi, cf. Redemptoris Missio 37) in cui far incontrare il Vangelo con lŽuomo del proprio tempo.Riguardano lŽevangelizzazione dei non-cristiani; la nuova evangelizzazione delle Chiese di antica tradizione, che sembrano languire; la cooperazione con le Chiese dellŽEuropa dellŽEst e dei Balcani che muovono i primi passi dopo decenni di persecuzioni e catacombe; lŽincontro ecumenico tra le Confessioni cristiane; il servizio verso le nuove realtà migratorie; lŽinculturazione della fede; il dialogo interreligioso.3. LA CHIESA IN UNA SOCIETAŽ PLURIETNICA E PLURICONFESSIONALEDopo premesse tanto universali, lŽatterraggio non può non essere senza sussulti, se si va, soprattutto, a toccare terra nei Paesi dellŽOccidente cristiano; aree geografiche e culturali che continuano a subire modificazioni etniche e religiose in modo impercettibile, ma non meno tangibile. Una società piuttosto impaludata e spenta sperimenta, senza colpo ferire, una vera e propria conquista di spazi culturali e religiosi, prima ancora che economico-finanziari.E le Chiese? Tentano di realizzare programmi pastorali simili, sia pur non concordati, che comprendono, ad un tempo, la dimensione dellŽannuncio, e quella del dialogo. Obiettivo è la conservazione del dono della fede, ed insieme, la serena accoglienza di quanti bussano alla loro porta. Trattasi di un cammino non semplice. è latente, infatti, il pericolo di uno sradicamento progressivo della fede. Come ricorda un adagio brasiliano, cŽè il rischio che la foresta amazzonica del disinteresse e dellŽapatia ricopra, ingoiandola, la strada della fede appena asfaltata. Mai come ora è indispensabile una pastorale di consolidamento delle fondamenta della fede. E tale servizio va portato avanti, soprattutto, in quella che viene chiamata lŽevangelizzazione delle culture.3.1 EVANGELIZZA LE CULTURE....."A che cosa rassomiglierò il Regno di Dio? è simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata" (Lc 13,20). La nota parabola, scritta dallŽevangelista Luca, esprime una delle sfide più grandi della storia; una sfida avvincente, che dura da circa 2000 anni, e che ha per oggetto lŽevangelizzazione delle culture, a partire da loro stesse. Campo di evangelizzazione della Chiesa, infatti, non sono soltanto le persone, ma pure le culture, dentro le quali, tessendo relazioni, vive ed opera lŽintera umanità. Le culture interpellano costantemente la Chiesa e la sollecitano ad un dialogo fitto ed ininterrotto. Già nellŽEcclesiam Suam Papa Paolo VI affermava: "La Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui si trova a vivere; la Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; e si fa colloquio" (ES 65). Ed il medesimo Pontefice scriveva nellŽEvangelii Nuntiandi: "La rottura tra il Vangelo e la cultura é senza dubbio il dramma della nostra epoca. Non basta evangelizzare le persone; ma, a partire da esse e in vista di esse, occorre evangelizzare anche le culture, che sono quasi la coscienza collettiva degli uomini" (EN 18.20).Qualche anno dopo, Papa Giovanni Paolo II individuava tra il cristianesimo e le culture un "legame organico e costitutivo", ed invitava la Chiesa a realizzare unŽazione pastorale "attenta e lungimirante specialmente verso la cultura viva" (Discorso allŽUNESCO, 1980). La Chiesa, dunque, si offre come lievito delle culture, e radica nel cuore di tali realtà il fermento del Vangelo. Inoltre, in analogia alla parabola del seminatore (cf. Mt 13,1-9), la Chiesa vive con le culture una sorta di necessaria interdipendenza: come il seme ha bisogno di essere avvolto dalla terra, anzi, di venire sepolto in essa, per marcire e poterla fermentare, così la Chiesa ha bisogno di incarnarsi nel mondo per offrire ad esso il cuore del proprio dono: Cristo Gesù.AllŽuomo di oggi, soprattutto occidentale, guardingo con il trascendente, e timoroso di svendere i propri angusti spazi di libero arbitrio, la Chiesa ricorda che la fede non limita lŽesistenza, né gli è straniera, ma apre ad orizzonti impensati. Pur trascendendo la cultura, la fede prende dimora tra le culture, in analogia a Gesù, il Figlio di Dio incarnato. Non soffoca le umane aspirazioni, ma le eleva, consentendo allŽuomo di raggiungere pienamente se stesso.3.2 DIALOGA CON IL MONDO....Spostando, sia pur leggermente, il campo di osservazione e riflessione sul terreno specifico della Missio ad Gentes, è possibile osservare come in quel mondo si cerchi, nel Millennio appena iniziato, di vivere il primo annuncio, ed in pari tempo, di rimanere sensibili ed aperti al dialogo interreligioso. Si vanno moltiplicando e modificando i soggetti e gli ambiti di tale impegno. Non riguardano più soltanto le giovani Chiese, i missionari, le missionarie, e i volontari laici. Infatti, la Missio ad Gentes si gioca, oggi, ben oltre i tradizionali spazi geografici missionari. Essa opera su nuove piazze, nuovi areopaghi, conosciuti come ambiti socio-culturali, nei quali il Vangelo corre il pericolo di diventare del tutto straniero.Tali piazze possono essere anche definite le nuove frontiere della missione. Sono realtà dove la missione vive in stato di frontiera.E la frontiera comporta, come tale, e non di rado situazioni emergenti, scontri, incomprensioni, gelate improvvise. Sono note le vicende dolorose e ad un tempo coraggiose della missione, fatte, talvolta, di carcere e di martirio. Il mistero pasquale, di croce ed apparenti sconfitte, è parte integrante lŽesperienza cristiana. Ed oggi, tanto sul versante del primo annuncio ad Gentes, che su quello del dialogo interreligioso, occorrono sforzi più intensi e mirati. Già Paolo VI ricordava nellŽenciclica Ecclesiam Suam che il dialogo, prima ancora di essere unŽattività della Chiesa, doveva essere interpretato come uno stile di rapportarsi con il mondo: "Bisogna che noi abbiamo presente questo ineffabile realissimo rapporto dialogico, offerto e stabilito con noi da Dio Padre, mediante Cristo, nello Spirito Santo, per comprendere quale rapporto noi, cioè la Chiesa, dobbiamo cercare di instaurare e di promuovere con lŽumanità" (ES 19). 3.3 ASSUME LO STILE DELLA MISSIO AD GENTES...La Chiesa, però, vive nei riguardi del mondo anche una speciale relazione nellŽambito del binomio missione-dialogo. In realtà, il dialogo interreligioso è una via speciale alla missione, che "ha la priorità permanente nella missione" (RM 44). Il Vaticano II offre un quadro positivo delle religioni non cristiane, laddove parla di "germi del Verbo che vi si trovano nascosti" (AG 11). Il Concilio fa pure cenno a "quanto è vero e santo in queste religioni", compresi quei precetti e norme che "non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini" (NAe 2). Un elenco più dettagliato di tali positività si trova riassunto nella stessa Redemptoris Missio (RM 55-57, pure 28-29).Tuttavia, e non si può sottovalutare ingenuamente tale preoccupazione, il Vaticano II parla anche di aspetti negativi, di errori, incertezze, di debolezze in tali religioni. Esse, dunque, sono pure segnate da ombre e ambiguità. Il Vaticano II, però, non si esprime sullo statuto teologico delle religioni. Non dice, cioè, il loro ruolo in ordine alla salvezza. Si limita solo a collegarle in ordine alla missione.LŽEvangelii Nuntiandi, 10 anni dopo, non porta specifiche novità. In essa non appare il termine dialogo, anche se, verso le religioni non cristiane, Papa Paolo VI parla di "stima e rispetto", di "patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi", di "autentica preparazione evangelica" (cf. EN 53). Ma egli insiste più sulle insufficienze, che sulle positività. Pertanto, va detto che lŽEvangelii Nuntiandi, pur non ritrattando lŽEcclesiam Suam, coglie i pericoli di un genericismo salvifico, che potrebbe affiorare tra i cristiani, e chiede una riflessione più profonda e critica sul fenomeno.Con Giovanni Paolo II, il binomio "dialogo-missione" fa decisi passi in avanti. Il Pontefice, infatti, salda insieme, sia la parte più propriamente teologica dei Documenti, che quella più appariscente dei gesti espliciti di dialogo interreligioso. Fin dalla sua prima enciclica, la Redemptor Hominis, egli affida al dialogo un ruolo primario nella missione della Chiesa, il cui compito è di "indirizzare la coscienza e lŽesperienza di tutta lŽumanità verso il mistero di Cristo" (RH 11). Ricorda che tutte le religioni testimoniano, sia pure in modo diverso, la comune "ricerca di Dio", e chiede che ogni missionario abbia il "rispetto per tutto ciò che in ogni uomo ha operato lo Spirito" (RH 12). Il dialogo interreligioso si pone, dunque, nel versante vivo dellŽopera missionaria, come amava dire Papa Paolo VI.Di nuovo, Giovanni Paolo II introduce un esplicito spazio allŽazione dello Spirito Paraclito, mediante lŽenciclica Dominum et Vivificantem. Al suo interno, il Pontefice parla dellŽazione dello Spirito Santo, che si rende manifesta molto prima della venuta di Cristo, ed in tutto il mondo, a partire dalla Prima (Antica) Alleanza. In tal modo, il Papa conferma che lo Spirito Santo opera "anche al di fuori del corpo visibile della Chiesa" (DeV 53). Un pensiero ripreso, poi, nella Redemptoris Missio, ai nn. 28-29.Passi notevoli di Papa Giovanni Paolo II sono avvenuti soprattutto sul piano dei segni: lŽincontro con i giovani musulmani del Marocco (Casablanca, 1985); la Visita alla Sinagoga di Roma, nellŽanno 1986; le Giornate di preghiera per la Pace ad Assisi sono pietre miliari anche nel cammino del dialogo; sia la prima, realizzata nellŽanno 1986, come la più recente, tenutasi il 24 gennaio 2002. Certe iniziative, come Assisi, furono talmente singolari da aver bisogno di un chiarimento. 4. I POPOLI IN ESODONon si può non applicare, proprio in ragione di tali tematiche, i concetti suaccennati a quelle popolazioni, tanto del sud, che del nord del mondo che, per ragioni di persecuzione politica che di lavoro, in misura sempre più massiccia abbandonano le proprie radici per approdare, carichi di speranza ed illusioni, alle spiagge dei Paesi più evoluti. Il loro impatto è quasi sempre brutale. Trattasi di popolazioni cristiane, ma anche di creature appartenenti ad altre fede, quali la religione musulmana o quella buddista. Più di altri hanno bisogno di sperimentare lo spirito accogliente e misericordioso del Vangelo. Ora, le urgenze menzionate si moltiplicano, al punto da trasformarsi in sfide epocali. Esse sollecitano la Chiesa a individuare nuove forze attive nel campo della missione. E, per la verità, nuovi germogli stanno fiorendo. Tra questi va maturando oggi una nuova figura di laicato, maturo e responsabile, desideroso di offrire nuove forme di disponibilità per la missione. Il segno del laicato ripropone la stagione fiorente degli Atti degli Apostoli nella quale Paolo si fa accompagnare da generosi laici cristiani. Più volte, egli parlerà di Aquila e Priscilla (cf. 18,2; 18,18; 18,26), Onesiforo (cf. 2Tim 4,19), ed Epafra, come compagno di prigionia (cf. Fil 1,23). Dio, dunque, continua ad accompagnare la sua Chiesa, arricchendola nel suo servizio, con nuovi soggetti e strumenti. CONCLUSIONE"Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Il passo evangelico ricorda che se le urgenze appena menzionate appaiono oggi le sfide prioritarie, lo Spirito fa appello alla Chiesa perché dal tesoro della fede ricevuta sappia tirar fuori nuove opportunità. La presente stagione di attese e di individuazione di nuove rotte, la chiave di volta sembra essere ancora una volta la missione. Lo fu in tempi remoti, quando sembrava che le divisioni confessionali o le ideologie potessero spegnere del tutto la proposta cristiana.Continuerà ad esserlo oggi.