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Giustizia e pace si baceranno

Fondazione Migrantes

di Pinuccia Scaramuzzetti

QUALE GIUSTIZIA?
"Giustizia...!" è stata l´invocazione, il grido di rammarico, espresso dalla giovane vedova dell´agente di scorta di Giovanni Falcone ucciso insieme a lui. Non posso più dire questa parola senza che mi torni alla mente il tono di quella voce, la delusione, l´interrogativo, il rimpianto per qualcosa in cui si era creduto e in cui non si crede più.
Penso anche all´avvocato Marco Picotti di Verona che, quando nei nostri anni giovanili ci precipitavamo con irruenza nel suo ufficio per chiedergli aiuto contro i soprusi di cui erano stati oggetto i rom nostri amici appellandoci a una giustizia superiore, ci diceva: "La giustizia la fanno gli uomini, la facciamo noi a tavolino, sediamoci e parliamo!"
Ed ho davanti agli occhi l´immagine ben più recente di Laura, soprannominata dagli amici "la dolce", che mi è apparsa dopo i fatti di Genova con un braccio al collo ed una ferita sulla fronte; "sono stati i black block?" "No, la polizia!"; l´immagine di Nebil, tunisino, fermato in una retata e incarcerato in attesa di processo, rilasciato sei mesi dopo per non aver commesso il fatto; e quella di Aldo, sinto, condannato a più di quattro anni per una truffa di pochi milioni commessa quasi 10 anni prima, che non ha avuto nessun´altra imputazione dopo di allora e non sta godendo di alcun beneficio. Non sono idee, sono volti che conosco molto bene ed episodi che datano al massimo sei mesi fa.
Poi rivedo i tavolini ed i gazebo dove ai primi di settembre 2001 i cittadini di Verona erano stati invitati a firmare un manifesto: "Via gli zingari da Verona!" e le immagini di guerra che il telegiornale ci ha offerto quasi ogni giorno, le notizie sulla nuova legge per l´immigrazione, la sospensione dei flussi, la proposta di eccezione per le colf perché ci servono per curare i nostri vecchietti e permetterci di continuare la nostra vita.
Allora anche a me , anche se non posso dire di aver davanti agli occhi la mafia come era accaduto alla giovane vedova che ha gridato "se siete qui, inginocchiatevi!", anche a me viene da ripetere con la stessa amarezza: "La giustizia...!" Quale giustizia può ritenermi colpevole di essere nata in una roulotte anziché in una casa, di essere nata in Tunisia anziché a Verona, di essermi posta sotto il potenziale manganello di un poliziotto quando sono andata a manifestare pacificamente un´idea nella quale credo, che è un´idea di pace, di solidarietà e non di violenza?
E se l´illuminato avvocato Picotti, che ho molto stimato, fosse ancora vivo gli chiederei: "A quale tavolino mi posso sedere, oggi, per fare piani di giustizia, dire parole di pace?"
Condivido questa ansia con molti che come me temono un futuro dove non basta appartenere alla razza umana per aver diritto al rispetto.

GUERRE PER LA GIUSTIZIA
Alcuni pensano di perseguire la giustizia con la guerra. I talebani opprimono le donne e perseguitano il popolo afgano? Facciamo loro la guerra! Cerchiamo giustizia per i martiri delle torri gemelle? Bombardiamo l´Afganistan nella speranza di colpire Bin Laden. I morti palestinesi pareggiano il conto dei morti israeliani, i tutori dell´ordine lo difendono con il manganello in mano, si fanno guerre di religione perché ciascuno vuole che la sua verità si imponga.
Non è facile indicare una strada diversa.
Stranamente gli stessi che credono che la giustizia si possa ottenere con la guerra temono moltissimo quell´arma che è la parola. Molti profeti contemporanei nella Chiesa si sono battuti per dare ai poveri il mezzo della parola per difendere i propri diritti, ma è sempre stato storicamente più facile dare "parola" ai poveri piuttosto che "orecchie" ai potenti.
Spesso si dice "giustizia" e si intende tranquillità economica per la classe media, quieto vivere, status quo. "Giustizia" è per gli aventi diritto, non per i senza tetto, gli zingari, gli extra comunitari, i carcerati e forse neanche per i matti, i vecchi, gli handicappati, ecc. I soldi per l´assistenza sanitaria nazionale sembrano sprecati e l´aumento delle pensioni non va esteso ai portatori di handicap che hanno meno di sessant´anni.
"La vita sa di bello" era lo slogan scelto dalla Coca Cola per la campagna pubblicitaria di Natale, ma dopo l´11 settembre il progetto è stato sospeso.
La grande ferita non è costituita solo dai morti, ma forse anche dal fatto che si è osato minare questa sensazione di diffuso benessere permeante ogni momento della vita quotidiana e che ti è dovuto dal momento che aderisci al modello di vita che ti è proposto, dal momento che... "paghi le tasse!".
IL SILENZIO E LA PAROLA
"In questi giorni non guardo più il telegiornale perché dà troppa angoscia" è una frase che si è sentita diverse volte nel periodo successivo all´11 settembre. è un atteggiamento di fuga dalla realtà, di auto-conservazione come quando un bambino piccolo si copre gli occhi e siccome non vede, crede di non essere visto, di non essere più lì.
è necessario capire, informarsi, mantenere uno sguardo lucido e impietoso sulla realtà, ma il silenzio è assordante. è il silenzio della neve che copre gli stracci, le baracche, i rifiuti organici ma anche il rigetto delle persone. C´è troppo silenzio sui bisogni dei più deboli, sulle prevaricazioni e quella parte del mondo che crede che l´umanità sarà migliore quando tutti gli uomini staranno meglio, saranno più rispettati, deve prendere la parola.
è la parola che può far perseguire la giustizia nella pace, giocare le carte della non violenza nelle relazioni personali, sociali, nel proprio territorio ed in ambito mondiale.
A volte chi vuole uscire dal silenzio è accusato di fare "politica" o "ideologia", ma liberare il grido dell´oppresso è dare spazio alla "carne", all´umanità dell´uomo. L´espressione del salmo "si baceranno" riferita alla relazione fra pace e giustizia è un´espressione "carnale": le connotazioni concrete della giustizia nella realtà della vita quotidiana dell´uomo cercano corrispondenza in soluzioni pacifiche e non violente.
Si realizzerà nella parusia, alla fine dei tempi, ma intanto ci indica un percorso nel quale nessuno dei due poli deve essere negato: l´ingiustizia non può essere nascosta dal velo dell´indifferenza, né la violenza essere giustificata da motivi di pace. Le parole di pace - pace, non tranquillità, non parole con le quali si dà ragione a tutti e quindi a nessuno - del Papa e di tutti gli altri uomini e donne di buona volontà sono paletti che segnano la strada.