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Costruire la pace nella giustizia

Fondazione Migrantes

di Gianni Colzani

Gli attentati dell´11 settembre contro le "torri gemelle" di New York e la dichiarazione americana di lotta al terrorismo, la guerra in Afghanistan e lo scontro durissimo tra le ritorsioni dell´esercito di Israele e l´intifada palestinese con il suo ricorso agli attentati suicidi, la rinascita del nazionalismo e del fondamentalismo come spazio di moltiplicazione dell´odio e della violenza, della ingiustizia e delle ritorsioni, hanno dominato il nostro interesse ed imposto il tema della pace. La pace è il tema fondamentale perché la guerra è sotto i nostri occhi; è sotto i nostri occhi con i suoi innumerevoli morti e feriti, con il dramma dei profughi e la crudeltà dei cosiddetti "effetti collaterali", con le famiglie distrutte ed i bambini mutilati. E dietro a tutto questo si intravede il volto diabolico dei mercanti di armi e di droga e quello impotente delle organizzazioni internazionali. Fino a che punto ed a quali condizioni è legittima l´ingerenza etica della comunità umana nella vita di uno stato sovrano? Fino a che punto il bisogno di sicurezza è realmente garantito dalle armi?
E sotto i nostri occhi il fallimento di una concezione illuministica della pace che, dalle sue radici cristiane, aveva ricavato l´affermazione della dignità etica delle persone e l´attesa di una fraternità universale; la situazione di guerra e di violenza, di paura e di diffidenza, rendono oggi drammatico l´interrogativo sulla pace. Non è venuto il tempo di riconoscere con Hobbes che homo homini lupus, cioè che la violenza è congenita alla natura umana o almeno, come sostiene Girard, che la violenza è congenita ad una convivenza sociale costruita sempre attorno alla dinamica di un capro espiatorio da individuare e condannare?
Questo quadro interroga tutti ma tocca in particolare, per i suoi valori, la coscienza cristiana così sensibile ai temi della violenza fino a sostenere l´obiezione di coscienza ed a ricercare un diverso modello di sviluppo. Senza richiamarne il lungo e doloroso travaglio, si può semplicemente dire che - con il Concilio - la coscienza evangelica ha spostato la sua attenzione dalla valutazione etica della guerra, giusta o meno, al bisogno di operare per costruire la pace. La pace da costruire si svela così una realtà ampia: fondata su una visione della vita e della convivenza, si fa carico della edificazione di un modello di convivenza e di sviluppo ed affida la sua custodia e la sua promozione ad una garanzia giuridica.
Due guerre mondiali ed una proliferazione di guerre regionali hanno aperto gli occhi a molti e portato tanti uomini di buona volontà a capire che la guerra non è una soluzione credibile dei conflitti tra stati e che la pace ha rapporti strettissimi con la giustizia e con il progresso. Da qui la necessità di costruire un cammino di pace. Anche perché la consapevolezza dei caratteri propri di una guerra totale, come quella oggi possibile, non lascia alternative alla pace. Proprio perché esige l´impegno di tutti, non è confinabile nell´intimo dei cuori; questa pace somiglia troppo alla pretesa di essere lasciati in pace.
In realtà la pace vale quanto vale il mondo di valori che la regge e quanto sono credibili i soggetti umani che vi si impegnano: una visione globale della pace ed una antropologia della pace sono oggi indispensabili per una credibile proposta di pace. E questo l´apporto della fede cristiana. Legata ad un Dio che ha "progetti di pace e non di sventura, per concedere un futuro pieno di speranza" (Ger 29,13), la prospettiva cristiana lega la pace alle azioni di Dio prima che alle attese dell´uomo. La pace è dono ma è dono da accogliere impegnativamente; nel dono, infatti, gli attributi dell´agire di Dio diventano imperativi etici per l´uomo. La pace è allora un dono impegnativo in cui "misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno" (Sal 85,11). Non vi può essere pace al di fuori di un ripensamento etico dei rapporti con il prossimo; non vi può essere pace al di fuori di una fondativa relazione con un Dio di pace (Ez 37,26; Is 9,5-6).
L´appropriazione di questo dono di pace va continuamente confrontata con la sua rappresentazione da parte dei circoli politici e da parte di un popolo sempre alla ricerca di sicurezze. Le scritture mettono in guardia contro la sua falsificazione avanzata da gruppi interessati. "Essi curano la ferita del mio popolo ma solo alla leggera, dicendo: "Pace! Pace!" ma pace non c´è" (Ger 6,14). Quanto non solo non è pace ma addirittura vi si oppone, non potrà mai diventare pace. Questo smascheramento della menzogna esige un discernimento storico, esige un impegno culturale che chiama in causa precise capacità e precisi atteggiamenti umani; solo là dove la fede ha generato una cultura di pace, queste falsificazioni vengono facilmente smascherate. Ora, se è certamente vero, che - nel popolo di Dio - la coscienza di una cultura di pace è enormemente cresciuta in questi ultimi decenni, non si dovrebbero però tacere le resistenze, le paure rinascenti, la richiesta di leggi restrittive di fronte all´immigrazione, il mantenimento del commercio di armi, la chiusura di programmi di solidarietà mondiale…
Contro simili affermazioni, la fede cristiana richiama che la pace è già una realtà all´opera; Cristo, infatti, "è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l´inimicizia […] per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l´inimicizia" (Ef 2,14-16). Legata all´annullamento della inimicizia, la pace di Cristo sconvolge la logica della storia umana, spesso legata alla affermazione del più forte o alla logica della deterrenza; sconvolge anche una riduzione intimista della vita di fede. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Gv 14,27). La costruzione cristiana della pace entra così in una provocante tensione con i sistemi culturali e politici; bollando come falsa soluzione ogni soluzione violenta, chiede una rinnovata lettura dei libri santi delle diverse religioni per purificare una lettura giustificativa della violenza e un deciso impegno positivo per il servizio al regno. Relativizzando la pax americana e l´omologazione tecnico-scientifica del pianeta, visti come mezzi e non come fini, ripropone l´interrogativo sul senso ultimo.
La grande profezia di Mich 4,2-8 rappresenta bene questo sogno che si spera possa costituire il futuro dell´umanità:
" "Venite, saliamo al monte del Signore e al tempio del Dio di Giacobbe;
egli ci indicherà le sue vie e noi cammineremo sui suoi sentieri",
poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà arbitro tra molti popoli e pronunzierà sentenza fra numerose nazioni;
dalle loro spade forgeranno vomeri, dalle loro lame falci.
Nessuna nazione alzerà la spada contro un´altra nazione e non impareranno più l´arte della guerra.
Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite e sotto il fico e più nessuno li spaventerà,
poiché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato ".