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SINTESI DEL LAVORO GRUPPO DI STUDIO N° 14

Servizio Nazionale per la pastorale giovanile

SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
VII° Convegno Nazionale, Isola delle Femmine (PA), 21 - 23 febbraio 2002
"Comunicare il Vangelo ai giovani in un mondo che cambia"

GRUPPO DI STUDIO N° 14

TEMA
"Giovani preti e pastorale giovanile: la comunicazione del Vangelo ai giovani come sfida per la formazione"
COORDINATORE: don Paolo Auricchio, Napoli

Da più parti sembra emergere una crescente difficoltà da parte del clero giovane al coinvolgimento nella pastorale giovanile.
Talvolta si percepisce una tendenza ad accentuare la dimensione cultuale - liturgica del ministero; oppure una modalità "cameratistica" nel vivere la relazione con i giovani, ove persiste il rischio di confondersi nel gruppo dei pari in una totale coetaneità che potrebbe non lasciare spazio alla dimensione dell´essere "pastore".
C´è da chiedersi se negli attuali itinerari formativi dei candidati al presbiterato è contemplata un´attenzione alle sfide che le nuove generazioni pongono alla comunità ecclesiale e, quindi, alla PG. Tra l´altro, gli orientamenti pastorali della CEI "Comunicare il vangelo in un mondo che cambia" indicano la PG come uno degli impegni precipui che vengono affidati alla comunità cristiana. A maggior ragione, il discorso riguarda i presbiteri: "abbiamo tutti una grande responsabilità: se non sapremo trasmettere alle nuove generazioni l´amore per la vita interiore, per l´ascolto perseverante della parola di Dio, per l´assiduità con il Signore nella preghiera, per una ordinata vita sacramentale nutrita di Eucaristia e Riconciliazione, per la capacità di "lavorare su se stessi" attraverso l´arte della lotta spirituale, rischieremo di non rispondere adeguatamente a una sete di senso che pure si è manifestata. Non solo: se non sapremo trasmettere loro un´attenzione a tutto campo verso tutto ciò che è umano - la storia, le tradizioni culturali, religiose e artistiche del passato e del presente -, saremo corresponsabili dello smarrirsi del loro entusiasmo, dell´isterilirsi della loro ricerca di autenticità, dello svuotarsi del loro anelito alla vera libertà." (CEI, Comunicare il vangelo, n°51)
Inoltre, è significativo che la XLV Assemblea Generale della CEI (Collevalenza, 9-12 novembre 1998) abbia dedicato i suoi lavori proprio alla PG e, in particolare, il 3° gruppo di studio coordinato da Mons. Italo Castellani al tema "I presbiteri come formatori dei giovani e la direzione spirituale" (cfr Quaderni Segreteria Generale CEI, n°30, dicembre 1998, pp. 64-68): "Preparare i giovani che si orientano al presbiterato: a vivere la carità pastorale accettando la complessità e le difficoltà della vita (e della preparazione intellettuale), a educarsi ad una autentica ecclesialità evitando ogni personalismo (collaborazione pastorale) e a vivere una "paternità pastorale" (n°1).

Alcuni punti

Ø Ad un´analisi anche sommaria della situazione, ci chiediamo quanto sia ampio questo scollamento nell´impegno pastorale del giovane presbitero rispetto alle esigenze della PG;
Ø Quali potrebbero essere le "cause" che impediscono questo incontro, sul versante della formazione (a livello umano e spirituale) e su quello teologico - pastorale;
Ø Eventuali proposte e percorsi da individuare;





SINTESI DEL LAVORO GRUPPO DI STUDIO N° 14

Giovani preti e pastorale giovanile: la comunicazione del Vangelo ai giovani
come una sfida per la formazione.

Coordinatore: don Paolo Auricchio, Pozzuoli

L´intenso scambio di esperienze e di opinioni e la condivisione sugli aspetti problematici inerenti al rapporto tra clero giovane e PG indica che ci troviamo di fronte ad una sfida alta: essa investe ed interpella realmente l´intera chiesa italiana e il suo futuro; in effetti, nel gruppo, rappresentativo della varietà delle nostre chiese ha sorpreso che la questione fosse condivisa ad un così ampio raggio, praticamente in tutte le diocesi rappresentate nel gruppo.

1. SEMINARIO E PG
In prima analisi, si è discusso sulla qualità della proposta formativa presente nei nostri seminari. L´accentuazione è posta spesso sulla cura della liturgia, definita di tipo "semimonastico" che potrebbe poi stridere con quanto effettivamente si vive nella comunità parrocchiale nella quale si sarà poi inseriti.
Si ha inoltre l´impressione che i giovani preti siano spesso il pessimo esito di una cattiva o mancata PG in seminario: i preti giovani che non scelgono il campo della PG all´inizio della loro esperienza ministeriale. Ciò denota anche l´esistenza di una pastorale vocazionale sganciata e tutta centrata su se stessa. I giovani talvolta restano delusi dai seminaristi stessi: risultano distanti, come se avessero già un altro ruolo, come se fossero già un gradino più in alto.

Il piano formativo del seminario dovrebbe tener conto maggiormente che:
a) prepara ad "essere pastori": una formazione pastorale "non parlata", ma fatta, con esperienze sul campo;
b) Suoi destinatari sono giovani (anche il giovane seminarista che, come ogni giovane, tende a a semplificare ciò che è complicato, ha bisogno di essere ascoltato, compreso, ecc.);
c) Più diviene "personalizzato", più ha garanzie di tenuta; educarsi ed educare alla flessibilità, all´accoglienza delle altre esperienze, nel rispetto dei "mondi" presenti nel seminario, così quanti sono i seminaristi;
d) E cambiato sensibilmente il profilo medio del giovane che entra in seminario (percorsi più variegati e vissuti meno omologabili);
e) Si rivela ancora di più indispensabile una seria e rigorosa verifica sulle motivazioni di chi chiede di entrare in seminario;
f) Il progressivo inserimento nelle attività pastorali della parrocchia andrebbe progettato più puntualmente; facendo passare l´idea della pastorale non come "cose" da fare, ma come un "essere", dando ragione di ciò che sono chiamati a compiere, sventando il rischio dell´ "impazienza di aver successo" col rischio di apparire o sentirsi "piccoli maestri di teologia", con un buon ritorno di immagine; vi sia comunque gradualità nell´inserimento dei seminaristi nelle attività, non caricandoli di ansia pastorale eccessivamente e prematuramente.

2. VISIONE DEL MONDO E SPIRITUALITA´

La formazione in seminario può condurre ad una visione della realtà solo in una determinata prospettiva, decisamente "antiquata", oppure di un mondo lasciato in sospensione, in standby, nel quale al termine del seminario bisogna reimmergersi in maniera indiscriminata, per poter dire "io sono uno di voi".
Per realizzare un giusto equilibrio va posto l´accento anche sulla problematica della dimensione spirituale; essa talvolta può essere percepita o fatta vivere come una "protezione" rispetto alla realtà e ciò può produrre relazioni interpersonali fredde e distaccate, "da ghiacciolo", nel rischio di non sapersi spendere per le nuove generazioni. La sfida sta nel rilanciare una spiritualità che apra al mondo, alle persone, appunto alle nuove generazioni.

3. PRETI GIOVANI E PG

Anzitutto va detto che in tutti gli interventi si è accentuata la presenza di tensioni da risolvere in questo ambito; il prete giovane, specie nelle chiese dove è realmente una "bestia rara" o "razza in via d´estinzione", si ritrova spesso ad essere caricato di molteplici attese e aspettative che, se non rispettate, scatenano una dinamica di colpevolizzazione verso il prete stesso che , peraltro, non riesce a distinguere a volte la dialetticità di una verifica di una situazione pastorale da un´accusa fatta alla propria persona.
Emerge forse una visione quasi "eroica" del prete: bisognerebbe forse andare piuttosto verso una visione più realistica del ministero presbiterale, in un processo anche di ripensamento del "ruolo".
Il giovane prete "già pronto" per la PG è un mito da sfatare, così come quello di una visione della pastorale a compartimenti stagni: ci è affidata tutta la pastorale, rivolta all´intera comunità ecclesiale. Probabilmente, la grande sfida è educarsi a "fare squadra" nella chiesa (educazione alla ecclesialità), in un passaggio decisivo dalla mera esperienza della comunicazione tra preti a quella del dialogo, educandosi alla stima vicendevole.
Apprendere l´arte di collaborare con gli altri, nel tempo del seminario e nei primi anni del presbiterato, nella capacità anche di gestire i conflitti; è contraddittorio parlare di una PG accogliente quando chi è chiamato a favorirle non è stato educato a vivere l´accoglienza in prima persona.
Lo stesso inserimento dei giovani preti non è calibrato: l´immissione nella vita pastorale sia più dignitoso e non alla stregua di una logica del "tappare i buchi".

Alla luce di ciò sia operato anche un reale discernimento nella scelta degli operatori della PG: non tutti sono adatti per la PG; nella logica dei talenti e dei doni di Dio, è importante aiutare ciascuno a scoprire quanto possiede, in un progressivo incremento e chiarificazione delle proprie motivazioni.

La stessa comprensione della PG va resa forse univoca: talvolta si opta per un accompagnamento del tutto personalizzato, escludendo a priori la possibilità e la proposta del "gruppo" forse proprio per incapacità a gestirlo.
Non bisogna, inoltre, puntare solo ai giovani che "vengono" come l´unico criterio della PG, ma avere un´attenzione anche per i lontani. Andrebbe incrementata la dimensione del "vivere con loro" (pastorale della strada e della notte) da parte del giovane prete come punto forza di una rinnovata PG.

Concludiamo auspicando che i responsabili dei seminari diventino i promotori di un coinvolgimento diretto dei singoli seminaristi (convegni, raduni, ecc), e ci auguriamo che nell´organizzazione dei convegni di PG sia prevista anche una relazione da parte dei giovani, soggetto della PG, come occasione per un ulteriore verifica