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SINTESI DEL LAVORO GRUPPO DI STUDIO N° 12

Servizio Nazionale per la pastorale giovanile

SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
VII° Convegno Nazionale, Isola delle Femmine (PA), 21 - 23 febbraio 2002
"Comunicare il Vangelo ai giovani in un mondo che cambia"

GRUPPO DI STUDIO N° 12

TEMA
"Comunicare il Vangelo ai giovani nei luoghi informali (piazzetta, strada, pub, ecc). Punti di non ritorno che interrogano oggi i luoghi istituzionali della pastorale"

COORDINATORE: don Pier Codazzi, Cremona

La sfida per la Chiesa è di confrontarsi su terreni solitamente considerati "vuoti", cioè incapaci di accogliere domande e risposte di senso. La "strada" è vista non tanto o soltanto come luogo della marginalità, ma come spazio di relazione, di scommessa educativa e di annuncio cristiano


L´annuncio: a tutti i giovani
"Abbiate premura anche dei tanti giovani che non frequentano la comunità ecclesiale e che si riuniscono sulle strade, nelle piazze, esposti a rischi e pericoli…Occorre che operatori pastorali particolarmente preparati si accostino ad essi, aprano loro orizzonti che stimolino il loro interesse, la loro naturale generosità, e gradatamente li accompagnino ad accogliere la persona di Gesù". Il Papa ai giovani di Albano (2000)
"L´ascolto e la compagnia …chiedono di superare i confini abituali dell´azione pastorale, per esplorare i luoghi, anche i più impensati, dove i giovani vivono, si ritrovano, danno espressione alla propria originalità, dicono le loro attese e formulano i loro sogni.. CEI (Educare i giovani alla fede, 1999)

Il ruolo della Comunità
Se una comunità desidera ardentemente avvicinare i giovani alla fede, ripensa alla qualità dell´evangelizzazione: è giocata attorno alla qualità della vita. Non riesce più a dividere in "vicini" e "lontani", perché utilizza come riferimento la vita e la speranza. E neppure riesce a valutare l´esistente sul tipo di domande che raccoglie. Per questo fatica a concludere che i giovani della strada non hanno domande.
Riscopre che il problema da affrontare e risolvere è davvero comune a tutti: la vita, il suo senso, la speranza e la sua affidabilità.
Per quali obiettivi?
L´intenzione pastorale può "accontentarsi" di azioni educative miranti all´incontro e all´aggregazione? E legittimo dal punto di vista pastorale un intervento con questi giovani e in questi "non luoghi"? Se sì come si colloca nella scala delle priorità di una comunità cristiana? La gratuita relazione di fiducia è sufficiente a sostenere le domande di fondo sui misteri della vita (la sofferenza, la morte, i grandi cambiamenti…) e con il Trascendente? I contenuti della fede oggi, per un giovane, come possono diventare concreta esperienze di vita?

Oggi, con questi giovani e in questo luogo: con quali strumenti pastorali?
La distinzione tra pastorale in luoghi formali e pastorale in luoghi informali… funziona solo come indicazione di comodo. La distinzione non è sulla variabile spazio-tempo, ma sul livello. Se non c´è contrapposizione tra le due "anime pastorali", come rendere "formale" (e quindi modello pastorale) la spinta missionaria all´informalità, ma anche come inserire nei percorsi ordinari un sano respiro di apertura all´informalità? E quali possono essere le forme concrete d´intervento pastorale e con chi? (e il ruolo della famiglia? Anche con operatori pastorali retribuiti? In quale relazione con l´ente pubblico?)

Bibliografia essenziale

Il Papa ai giovani di Albano (2000); Educare i giovani alla fede (Cei, 1999); Con il dono della carità dentro la storia (Cei, 1996) La pastorale giovanile dopo Palermo (ODL); Regoliosi: La strada come luogo educativo (Unicopli); Pollo: I giovani e la notte (Milella); Dossier: "Presenti dove sono i giovani"; (NPG 1 /2000); Pati: "Mondo giovanile e comunità ecclesiale" (NPG 7 /2000); Tonelli : "Dove va la Pastorale giovanile"; (NPG 4 /2001); Dossier: "L´oratorio, ponte tra strada e Chiesa" ; (O.P. 7-8 /2001)

LAVORI DI GRUPPO
Ø Condivisione dei concetti chiave
Ø Esercizio di simulazione
Ø Costruzione di un modello di intervento
SINTESI DEL LAVORO GRUPPO DI STUDIO N° 12

Comunicare il Vangelo ai giovani nei luoghi informali (piazzetta, strada, pub, ecc…)
Punti di non ritorno che interrogano oggi i luoghi istituzionali della pastorale

Coordinatore: don Pier Codazzi, Cremona

Premessa
La sfida per la Chiesa è di confrontarsi su terreni solitamente considerati "vuoti", cioè incapaci di accogliere domande e risposte di senso. La "strada" è vista non tanto o soltanto come luogo della marginalità, ma come spazio di relazione, di scommessa educativa e di annuncio cristiano.

Il compito di sempre
Il Vangelo ci ha affidato un compito: che la ricchezza del nostro incontro con il Cristo possa e debba essere trasmessa a chiunque. L´invito ad andare a tutte le genti, di rivolgersi a tutti, nessuno escluso, è ripreso nei documenti del Magistero e recentemente ribadito. Oggi anche noi ascoltiamo questa parola e ci interroghiamo su cosa ciò significhi nelle nostre comunità, in questo tempo e per i giovani che incontriamo. Per essi non ci possiamo accontentare di progetti di prevenzione o di generica aggregazione, ma riteniamo i giovani capaci di accogliere totalmente o in parte la grandezza della proposta cristiana e di inventare nuovi modi di vivere la santità.

La comunità
Se una comunità desidera ardentemente avvicinare i giovani alla fede, ripensa alla qualità dell´evangelizzazione: è giocata attorno alla qualità della vita. Non riesce più a dividere in "vicini" e "lontani", perché utilizza come riferimento la vita e la speranza. E neppure riesce a valutare l´esistente sul tipo di domande che raccoglie. Per questo fatica a concludere che i giovani della strada non hanno domande.
E allora la comunità si interroga sulla qualità delle proprie celebrazioni liturgiche, delle proprie catechesi e del proprio stile di comunione e condivisione. Così decide di porre in atto un´azione pastorale che chiede di essere declinata nel contesto reale del proprio territorio, anche al di fuori degli spazi tradizionali della pastorale (informalità: piazzetta, strada, pub, ecc). La comunità esprime quindi un mandato, cioè l´impegno a corrispondere a questo compito, mandato che per sua natura determinerà le scelte di metodo, di contenuto, di obiettivi che si fisseranno in seguito.

L´annuncio
I discepoli di Gesù avevano la volontà di relazioni nuove e significative, cioè avevano imparato a condividere la passione che ha riempito tutta l´esistenza del Maestro: "io sono venuto perché abbiano la vita, una vita vera e completa" (Gv 10, 10). In concreto, questa dovrebbe essere l´intenzione della presenza e dell´azione dei discepoli anche oggi, nei luoghi tradizionali dove si fa pastorale e in modo speciale in quelli che identifichiamo come "luoghi non formali".
Questo atteggiamento chiama chiede di assumere soprattutto una maggiore disponibilità al servizio disinteressato, rispettoso, oltre che dei ritmi, anche degli orientamenti della crescita dei giovani (gratuità e gradualità). La comunità è convinta, inoltre, che sia necessario recepire le provocazioni e le invocazioni dei giovani ponendosi in atteggiamento di ascolto e di accoglienza: proprio così la fede della stessa comunità adulta può crescere e maturare nell´incontro. Di conseguenza è disposta anche a farsi aiutare a cambiare le proprie strutture e a riconoscere ai giovani un originale modo di vivere l´esperienza di fede (reciprocità). L´annuncio non è un vuoto gioco di parole: i fatti sono la prima e più eloquente parola e le parole della verità interpretano i fatti. Per questo l´annuncio più significativo sarà quello di far incontrare ai giovani altri giovani o adulti che siano autentici testimoni gioiosi della bellezza e del significato profondo della loro quotidianità (esperienza).

La realtà
Abbiamo voluto porre il nostro sguardo sugli adolescenti di oggi (14-20 anni), caratterizzati da una sicura fragilità della crescita personale e da un generale contesto di frammentarietà che la società adulta manifesta. A questo aggiungiamo la mobilità dei gruppi di adolescenti (vedi scooter) ed anche una sorta di pluri - appartenenza con uno scarso livello di identificazione, soprattutto con gli ambienti istituzionali di vita (scuola, oratorio, famiglia…).
E quindi mutato il contesto generale in riferimento alla velocità dei cambiamenti e alla quantità enorme di sollecitazioni esterne, come pure sono cambiati di fatto gli adolescenti. Mantenere un approccio pastorale legato a modelli passati di società e di Chiesa rischia fortemente di divenire un ostacolo insormontabile all´incontro e, quindi, all´annuncio.

Gli obiettivi
· Il lavoro di comunità: non si tratta di delegare solamente ad alcune persone un´attività straordinaria, ma innanzitutto di coinvolgere i vari attori (sacerdoti, educatori, catechisti, allenatori, ecc.) nel ripensare il proprio servizio educativo ordinario tenendo conto che esiste la componente informale. E in primis la comunità ad assumersi la responsabilità di rischiare e di investire in questo ambito, così come si rischia e si investe per la catechesi o per altre azioni pastorali ritenute fondamentali per la crescita delle nuove generazioni.
· Aiutare gli adolescenti a diventare "persone invocanti": si ritiene che gli adolescenti stessi, attraversando esperienze significative come pure le normali fatiche, siano capaci di far emergere le domande di fondo dell´esistenza e di passare da "utenti" a vere e proprie risorse di cambiamento sia del proprio vissuto che del territorio dove si abita.
· Improntare nuove relazioni: sostenere lo sviluppo di relazioni significative con figure adulte (formali e informali) che possano diventare di riferimento per gli adolescenti e avere una funzione di "ponte" con le istituzioni.
· Sostenere la famiglia: è necessario coinvolgere la famiglia in questo progetto, offrendo opportunità di confronto e di crescita in ordine alla relazione e alla comunicazione con le altre agenzie educative.

Metodo e risorse
· L´attenzione all´informale deve divenire una dimensione di tutti gli educatori; capaci, cioè, di relazione educativa anche al di fuori del proprio specifico compito e degli ambienti parrocchiali.
· Sarà necessario formare nuove figure educative che possano andare anche nei luoghi informali ad incontrare gli adolescenti. Non ci dovrà essere contrapposizione tra le due "anime pastorali" (formale e informale) rendendo esplicita (e quindi modello pastorale) la spinta missionaria dell´informalità, ma anche inserendo nei percorsi ordinari una maggiore apertura nella relazione. La comunità cristiana adulta sarà sempre il luogo dove "tornare" per "nutrirsi" e "verificarsi" con gli altri educatori.
· Il mandato sull´informalità non deve essere una delega e quindi non può essere vissuto nella solitudine: diventerebbe un rischio per l´educatore (abbandono, fatica, confusione, autocentrismo, mancanza di verifica e rielaborazione). Potrebbe diventare un rischio anche per gli adolescenti (difficoltà a vedere una comunità educante dietro l´educatore, rifiuto di altre figure educative, ulteriore chiusura nei confronti delle istituzioni).
· Per sostenere questo progetto è indispensabile la presenza di alcuni educatori volontari adeguatamente formati. In alcuni casi potrebbe rendersi necessaria la presenza di un operatore professionale retribuito che unisca, comunque, alla competenza la sensibilità pastorale.
· Si può verificare l´opportunità di entrare progettualmente in collaborazione con l´ente pubblico per condividere un´attenzione educativa comune e per arrivare a una graduale definizione di un patto educativo con le altre realtà presenti sul territorio.
· Per una seria sperimentazione è necessario prevedere che il progetto abbia una durata di almeno 2 o 3 anni.

N.B. E´ possibile ottenere del materiale inerente esperienze e riflessioni sull´educativa di strada scaricandolo dal sito www.giovani.org/palermo, sezione lavori di gruppo.