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Circensi e lunaparchisti protagonisti e promotori di una comunità viva


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/01


-CIRCENSI E LUNAPARCHISTI PROTAGONISTI E PROMOTORIDI UNA COMUNITÀ VIVAdi Piergiorgio SaviolaIn Genesi 4,9 risuona forte e severa la domanda di Dio rivolta a Caino, "dov´è tuo fratello?", ed è la stessa domanda che riecheggia nella storia di ogni uomo da allora fino ai nostri giorni.La domanda che Dio ci rivolge è perentoria e attende una sola risposta da noi, che risulta dall´osservanza del comandamento chiave per il cristiano: Amerai il prossimo tuo come te stesso! Questo amore lo si vive praticando la giustizia e nello scambio vicendevole dei doni che Dio stesso abbondantemente ci elargisce:- il dono della gioia: Dio vuole incontrare l´uomo e renderlo felice. Tale felicità richiede un riconoscere e aprirsi a Dio stesso, cercarlo con tutte le forze e porre in lui il senso pieno della vita e di ogni scelta morale;- il dono di Gesù e della sua testimonianza pasquale di amore, di donazione: c´è più gioia nel dare che nel ricevere;- il dono della Chiesa come famiglia di Dio dove tutti si sentano a casa propria e ciascuno aiuti gli altri offrendo i propri talenti o doni particolari a servizio dell´intera comunità. Una Chiesa dunque che si costruisce insieme non per se stessi, ma per portare gioia e amore al mondo intero;- il dono della festa che nasce dall´incontro tra il Signore e la comunità nelle celebrazioni sacramentali, tappe fondamentali del cammino di crescita cristiana e segni anticipatori della gioia del Regno;- il dono dei comandamenti del Signore, vera via che conduce alla vita, alla libertà dal male e alla gioia interiore del cuore;- il dono della preghiera nutrimento quotidiano del cammino.Sono questi i doni che anche i circensi e i lunparchisti possono e devono offrire e ricevere in cambio dalle comunità ospitanti delle chiese locali.Esiste infatti una sintonia profonda tra le parole di vita del Vangelo e gli artisti dello spettacolo: lo spirito aperto, il cammino, la gioia e la speranza che essi sperimentano e offrono agli altri si coniugano con la proposta evangelica, che può pertanto essere accolta come vera parola di vita per loro e stimolo di continua novità.è facile allora pensare ai circensi e ai lunaparchisti come i protagonisti di una comunità viva e che ne possano diventare anche i promotori. Questo però non sempre avviene!Le parrocchie, le Chiese locali, le nostre comunità di credenti, sono sovente arroccate, più preoccupate a difendersi che a capire quanto sta avvenendo nel mondo.Da qui la necessità di sensibilizzarsi, prendere coscienza che non possono vivere in pieno la loro realtà cristiana se non si aprono alla realtà mobile, e nel nostro caso ai circensi e ai fieranti, da cui possono ricevere molto.E fondamentale che le comunità di credenti pensino e si avvicinino a tutta la gente senza fissa dimora come a un "luogo teologico per eccellenza", riconoscendo loro un ruolo profetico che metta in crisi le loro sicurezze.Urge l´informazione, la comunicazione e soprattutto la formazione. Dobbiamo infatti ammettere che le nostre Chiese locali conoscono il mondo dei Circhi e dei Luna Park superficialmente. L´ammirevole impegno in questo settore di questo o quel prete o suora non le scalfisce, anzi talvolta il loro zelo pastorale costituisce un alibi: "tanto ci sono loro…". Fioriscono così i pregiudizi, si discute per sentito dire, si consolidano stereotipi fasulli. L´informazione, la comunicazione e la formazione devono svelare il vero volto del circense e del lunaparchista, che non è solo un saltimbanco o un fenomeno da baraccone, ma persona umana, portatrice di diritti, con valori culturali e religiosi da immettere nel nostro mondo decadente.Si rende pure necessaria la formazione degli operatori pastorali del settore a questa pastorale specifica di cui sono chiamati a diventare protagonisti.Anche questo è senza dubbio un problema centrale. Qui si tratta di credere che il circense e il lunaparchista abbia la stessa nostra dignità e capacità; credere che egli possa e debba essere Chiesa come noi, che possa e debba essere Chiesa vivendo la propria fede e religione con espressioni linguistiche e culturali diverse dalle nostre. Anche se la dottrina della Chiesa al riguardo è chiara, non è pacifico che "il rispetto per ogni forma culturale e religiosa… debba far nascere una pastorale diversificata per fede e per etnia". Certamente non si usano parole come clonazioni od omologazione, ma tanti, troppi, vorrebbero omologare o clonare le comunità etniche a propria immagine e somiglianza.Il primo passo della Chiesa, pur semplice ma senz´altro praticabile, è quello di essere sempre presente con una fraterna accoglienza e in un atteggiamento di vera carità.