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LA COMUNITÀ CRISTIANA E L'EDUCAZIONE: NUOVE PROSPETTIVE PASTORALI

Servizio Nazionale per la pastorale giovanile

i di essa, quasi a voler dire che quando la comunità compie un gesto deve poter essere sempre disponibile a dire: "Qui Dio c´è già, qui Dio mi ha anticipato".
La comunità cristiana è una parte di comunità umana che dice un valore che è più grande di essa, che dice un valore che è offerto a tutti. Questo è il concetto anche di elezione, Dio sceglie un popolo per parlare a tutti. Ha scelto gli Ebrei, non i Cinesi o i Romani o gli Etruschi. Ha scelto quel popolo e quella cultura e non un´altra. Il prendersi cura del bene umano si coniuga con la disponibilità a riconoscere laddove la ricerca di questo bene umano viene fatta. Quindi la disponibilità anche qui a promuovere responsabilità, perché questo bene umano venga riconosciuto e venga attuato al di là della stessa comunità cristiana. E´ un impegno a entrare in gioco perché si dia forma a questo bene umano; in fatti oggi non è scontato per tutti che cosa è bene umano non è scontato e quindi la comunità cristiana non può non mettersi in gioco a dialogare per discernere che cosa è. La Pastorale è edificazione della comunità in quelle dimensioni che accennavo, compresa quest´ultima su cui ho insistito, perché è il tema che stiamo svolgendo e affrontando.

Una forma della carità, della dedizione al bene dell´uomo è quella del far diventare uomo.

La forma cioè del dedicarsi ad un altro o a degli altri perché diventino uomini. Anche qui si verifica una mancanza, ovvero quella della libertà attuabile della responsabilità esercitata, soprattutto del prendersi carico, prendersi cura degli altri. Qualcuno dice che la responsabilità e la libertà a cui si arriva diventando uomini è quella dove uno comincia a prendersi cura degli altri e non è solo preoccupato per sé. Forse il problema della comunità adulta nella nostra società è la fatica a prendersi cura degli altri in maniera morale.
La fatica dell´educare: tutto questo mette in gioco la natura della comunità umana e appare oggi faticoso e complesso, ma è proprio in rapporto a questa fatica e a questa complessità che si gioca il compito di una comunità credente. Provo ad esemplificare queste fatiche, queste complessità e quindi anche le direzioni possibili di una comunità cristiana:

1. C´è, per esempio, una fatica a crescere, anche se può apparire paradossale perché oggi c´è la fretta di crescere, di sapere, di conoscere, di provare, di avere, di essere come e magari la stessa comunità adulta porta in questa direzione,
2. ma dall´altro lato c´è la fatica a decidere, a prendersi una responsabilità, a decidere rendendo ragione a sé prima di tutto della propria decisione, a decidere non arbitrariamente e a decidere coinvolgendo se stessi in quello che si decide. Se questo è vero, allora una comunità credente entra in rapporto con la comunità umana più ampia e quindi anche con le istituzioni che dentro questa comunità sono preposte a questi compiti, entra in dialogo aiutando il più possibile ad essere responsabili, cioè a rendere ragione, a rendere conto. Educare forse vuol dire responsabilità ma nel senso di rispondere di me di fronte a.
3. La complessità dell´educare oggi si manifesta nella fatica a convincere e a convincersi su ciò che vale e su ciò che conta. Sembra che niente o poco nella vita sia talmente convincente per cui ci si possa spendere la vita stessa. Educare allora significa prospettare delle direzioni pratiche, esperienze in modo particolare, dove si manifesta ciò che vale nella vita e su questo che vale si può spendere la propria convinzione. Educare forse vuol dire aiutare a convincersi su ciò che conta e che vale nella vita. Questo richiede una capacità di discernimento perché la tendenza diffusa è quella di mettere tutto sullo stesso piano, tutto in qualche modo si equivale. Il valore non è identico, ma è equivalente. Dire che tutto si equivale vuol dire rendere difficile poi la decisione di mettermi in gioco e di prendermi cura degli altri, se così definiamo il diventare uomo. Questa fatica del discernimento mette in gioco una dimensione dell´educare che è capacità di distinguere e di valutare in maniera differente priorità.
4. La fatica e la complessità dell´educare si manifesta oggi nella difficoltà a sapere individuare una immagine, una forma, ovvero a saper unificare le risorse, le capacità, gli elementi della propria identità, in una parola potremmo dire "a sapere dare figura alla propria coscienza". Il coinvolgimento di una comunità cristiana sulla pratica educativa consiste nello stimolare, nell´aiutare, nell´aiutarsi a individuare una forma, un´immagine della propria identità, a riconoscersi nella propria identità per quello che si è attraverso tutti gli strumenti che le scienze umane offrono a questo riguardo e in relazione a questi strumenti una propria identità rispetto al vivere e al convivere. Quando dico vivere e convivere intendo le ragioni del vivere e il futuro del convivere.
Se l´educazione o i processi educativi sono la forma della carità, questi processi educativi per certi versi problematici oggi, diventano un´occasione per la quale la comunità cristiana è chiamata a spendersi secondo queste prospettive o alcune di queste prospettive che anche in questo modo si possono riconoscere.

Quale è il compito pastorale educativo di una comunità cristiana in questo campo?
Non è semplicemente trasmettere contenuti, non è solo l´esplicitare le risorse o le capacità che ognuno ha permettendogli di esprimere quello che ognuno è, non è nemmeno solamente socializzare al proprio gruppo.
· Educare è prima di tutto un´attività, quindi una pratica, una relazione, non è solo fornire conoscenze.
· E un´attività in cui si rende ragione dell´aspetto buono del vivere, del fatto che nella vita c´è una dimensione di bene.
· Educare è rigenerare costantemente la vita che si è data, che noi comunità adulta abbiamo dato. Educare è un rendere conto, non tanto teoricamente con le parole, ma è un rendere ragione verso i minori da parte della comunità adulta della vita. Si rende conto della vita a loro, che sono stati chiamati a vivere. Capiamo che sono in gioco tutte le dimensioni di fondo del vivere. Quando dico identità, forma, intendo un´identità che tocca le radici stesse del vivere. Non basta il momento psicologico dell´equilibrio perché uno si conosca, sappia chi è, capisca le sue capacità, i suoi limiti e raggiunga un certo benessere con sé e con gli altri.
· Educare è prospettare direzione, perché non si possono trovare le ragioni buone, gli aspetti positivi della vita di cui si rende conto, se non si prospetta questa ragione buona davanti. Siccome la vita è una relazione, è un´esperienza, è una dinamica, non è una cosa, non basta mostrargli le ragioni ma devo mostrare anche le prospettive, le direzioni, le attese perché una persona si attende sempre qualche cosa.
· Educare è prospettare un senso, una direzione futura cioè una speranza per l´uomo che sta crescendo. Educare è prospettare un cammino che attiri, che attragga. Quando la comunità cristiana fa questo, compie la testimonianza della carità.