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'IL BAMBINO E L'ADOLESCENTE AL CENTRO DELLE NUOVE POLITICHE SOCIALI' On. Valentina Lanfranchi

Servizio Nazionale per la pastorale giovanile

On. Valentina Lanfranchi, collaboratrice della ministra Livia Turco, da lei incaricata di portare la sua voce e soprattutto l´attenzione del Ministro alle politiche giovanili. Ha collaborato alla realizzazione della 285, la legge che chiede a tutti di mettersi in gioco per una nuova promozione dei diritti dell´infanzia e dell´adolescenza.




Vi porto il saluto caloroso della Ministra Livia Turco, che veramente aveva impegni urgenti, non ha potuto disdirli e che mi ha pregato di portare un saluto calorosissimo, impegnandosi a venire a Bergamo in altra occasione.
Ieri, quando sono riuscita a rintracciarla, le ho detto che stamattina avrei prestato la mia voce mutuando però il suo pensiero, che è anche il pensiero mio e il pensiero di molti di noi. Sapete come Livia Turco sostenga che è importante rinnovare e aggiornare il welfare italiano, abbandonando le vecchie concezioni assistenzialistiche. Bisogna però non cadere, dice spesso Livia Turco, nella visione economicistica, nel lasciarci troppo irretire o affascinare dall´esaltazione dei poteri del mercato, che non può assolutamente dare risposte compiute alle politiche sociale, a meno che si opti per uno stato sociale residuale, marginale. Uno stato che pensi solo o che crei un ghetto per i deboli, per gli ammalati, praticamente per i senza voce. I profondi cambiamenti, come diceva anche il nostro vescovo, della società contemporanea impongono quindi di sottoporre a rivisitazione i tradizionali punti di riferimento della politica sociale per sfidare la politica e soprattutto la cultura della restaurazione, per rileggere e rinnovare alla luce degli strumenti dell´oggi i valori e le identità, ma soprattutto direi per umanizzare questa nostra società complessa, dove complessità va intesa come una ricchezza di mezzi, di possibilità e di intelligenze per affrancarci da miserie materiali e culturali.
Oserei dire che serve una nuova stagione pedagogica, basata su un sistema integrato e comunicante tra istituzioni ci
vili e religiose, associazioni, aggregazioni, agenzie educative e sociali. Dobbiamo imparare a metterci in rete, non chiuderci in atteggiamenti di autosufficienza o in appartenenze totali. Rafforzare le relazioni tra istituzioni, tra istituzioni e cittadini e organizzazioni per un approccio capace di facilitare le comunicazioni, rompendo la separazione dei compiti e degli interventi sociali e formativi tra i diversi soggetti. La nostra storia delle politiche sociali abbastanza recenti ma soprattutto quella del passato, ce le presenta come pensate per settori: c´era la politica sociale per l´infanzia, per i giovani, per gli adulti…Lo sforzo che si deve fare invece è quello di renderle comunicanti. Far comunicare questi mondi anche per un possibile riconoscimento e condivisione tra le persone, tra persone e istituzioni, tra adulti e generazioni.

Comunicazione intergenerazionale
Sto facendo l´esperienza come sindaco a Colzate del consiglio comunale dei ragazzi e secondo me è l´esperienza più gratificante che io stia facendo. Il lavorare coi bambini e con l´infanzia fa tornare molto più semplici, molto più umili e si vede il mondo con gli occhi non dell´immagine, non in modo fittizio ma veramente con quella carica di semplicità e di umanità che ridà senso alla nostra vita, ridà veramente senso al nostro essere. E´ importantissimo riportare nei nostri bambini, nei nostri ragazzi, nei nostri giovani la memoria storica; ormai non ricordano più quello che ha fatto, non il nonno, ma quello che ha fatto il papà, quello che ha fatto la mamma, quello che è stato il loro paese, quello che è la loro città, non ricordano quello che è avvenuto dieci, vent´anni prima anche perché dal punto di vista pedagogico non c´è questa attenzione nel riportare nella scuola quello che è stato il senso della vita dei nostri genitori. Molte volte mi chiedo che mondo è quello che ammette ed accetta l´incomunicabilità, la distanza tra l´infanzia, l´adolescenza e gli adulti? Perché non impegnar
ci tutti, indistintamente dai ruoli, dalle funzioni, dalle collocazioni sociali per ricostruire quella cultura dell´ascolto, di cui diceva prima il nostro Vescovo, del rispetto, della tolleranza, io oserei dire per un nuovo Umanesimo. Dare nuovi fondamenti e nuove ragioni a grandi ideali e a grandi valori, questo io credo sia il modo più fecondo per scongiurare la fuga dalle responsabilità e ognuno di noi deve comprendere che ha delle responsabilità verso se stesso e verso gli altri, ha delle responsabilità per combattere le derive individualistiche corporative, le semplificazioni demagogiche e soprattutto per impegnarci ad allontanare dai nostri giovani, dai nostri bambini, dai nostri ragazzi il pericolo della rassegnazione e il disincanto. Mi si può dire che forse questa è utopia, sarà anche utopia, ma secondo è me il solo modo per dare speranza per un futuro umano, un futuro di uomini e di donne, di bambine e di bambini. E´ forse un modo per sognare, ma se fortemente lo vogliamo, e in tal senso operiamo, il sogno può diventare realtà; cioè bisogna essere tanto grandi, come dice spesso Livia Turco, per comprendere il mondo dei piccoli. Invece le nostre città, i nostri paesi sono degli e per gli adulti, per chi lavora, sono ostili agli altri. L´ambiente di vita in cui il bambino cresce forma invece la sua identità, la sua personalità.

Nuove politiche sociali.
Molti di noi viviamo male le nostre aree metropolitane, i nostri paesi stessi anche se sono più piccoli ed i bambini ancora di più, per la solitudine, per l´insicurezza. Ai bambini noi adulti diamo tutto, noi genitori diamo tutto, ma diamo tutto per stare da soli in casa, con la televisione, con i computer. E giusto invece che i ragazzi escano: hanno bisogno di una città, di un paese attraversabile, respirabile che li accolga, hanno bisogno di spazi, hanno bisogno anche di esempi da imitare, hanno bisogno di muoversi autonomamente. Invece i nostri spazi urbani, le strade, non sono assolutamente per i ba
mbini, sono costruiti e studiati per gli adulti che operano freneticamente. I bambini invece hanno bisogno, come diceva in una bellissima relazione Beatrice Testa, di pause, di attese, di indugi, di lentezze. Per qualche ora della nostra giornata perché non pensiamo di sintonizzarci proprio sui loro tempi, di vivere un po´ con loro? Da qui la necessità, se questo noi vogliamo renderlo credibile e vero, di una nuova politica sociale, di una nuova politica urbana, di una nuova politica del lavoro, dei tempi, dei servizi, della famiglia, della maternità e della paternità, di una nuova politica per la madre lavoratrice affinché la maternità sia feconda e gioiosa e non portatrice di nuove emarginazioni. Costruire relazioni rispettando le diversità, sostenendo le debolezze e valorizzando le differenze, perché oggi c´è indifferenza e non si valorizza la differenza, ed esempio la differenza donna-uomo, bambino-adulto, dando rappresentanza e quindi cittadinanza a chi come i bambini, come i giovani spesso non hanno.

Nuova progettualità
E certo che progettare e operare nel sociale significa anche rischiare, perché non ci sono certezze una volta per tutte e ad esempio una pianificazione degli enti locali, degli enti religiosi, una pianificazione sul disagio può essere un´illusione se si pensa di avere subito dei riscontri, perché i riscontri sul piano sociale vengono a medio-lungo termine. Infatti quando si lavora sulle persone, pur con degli strumenti tecnici moderni e validi, non si arriverà mai ad avere ragione di una serie di tensioni e di difficoltà di ansie esistenziali. Bisogna imparare a progettare senza imporre e senza rendere totalizzante il proprio punto di vista. La progettualità sociale, più che disposta e imposta, deve essere costruita insieme e anche questo richiede pazienza, dialogo, confronto. Non è più il tempo della tutela, una volta i comuni, le province, le regioni con le vecchie leggi del ´20, ´30, che avevano solo una funzione di tutela. Ora non bas
ta più, bisogna dare la parola agli adolescenti, ai giovani, che spesso privi di legami, vivono una sorta di invisibilità sociale, di senso di appartenenza e vivono una sorta di perdita di cittadinanza.
E chiaro che una tale visione di politica sociale deve essere indirizzata, non imposta, deve essere costruita collegialmente, giorno per giorno. Non può quindi che essere assunta dal pubblico, dalle istituzioni, dalle aggregazioni sociali, dagli oratori, dalle parrocchie; poiché la visione mercantilista contrasta con una tale impostazione. E quanto, tra l´altro, si sta sperimentando a Bergamo con la 285. In questi due, tre anni si è fatto un grandissimo lavoro, sotterraneo, ma molto importante; è un patrimonio prezioso quello che abbiamo messo insieme con i numerosi rapporti costruiti, con la ricchezza ideale scambiata, con le amicizie anche costruite. Non permettiamo che venga disperso tutto questo, chiediamo invece ai nostri governanti, siano essi gli attuali o altri, di proseguire sull´impostazione carica di valori e di idealità che la nostra Livia Turco, anche con quest´ultima finanziaria, che vi pregherei di andare a leggervi, ha saputo dare alle politiche sociali e familiari. Al centro dei nostri pensieri si deve mettere la persona, si deve mettere la famiglia in ogni profitto. Sarà tra l´altro il modo per essere rispettosi di quanto il nostro Papa bergamasco, Giovanni XXIII, ha sempre posto a fondamento del suo magistero: la persona. La persona indipendentemente dal colore, dal credo politico e religioso, dalla razza, la persona indipendentemente che sia uomo o donna, che sia bambino o adulto.