» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Rilancio della Parola di Dio nel mondo giovanile

Servizio Nazionale per la pastorale giovanile

sto
diventa goccia dopo goccia - cioè giorno dopo giorno - "rimanere con Qualcuno", e il Vangelo diventa allora carne, diventa il "quinto Vangelo", ogni volta che si incarna in un uomo che è disposto a lasciare tutto per viverlo e assaporarlo fino in fondo. Vangelo, Scrittura, Bibbia diventano le orbite del proprio vivere, diventano il nostro cibo quotidiano, letto dove trovare riposo, scuola di spiritualità autentica, incontro con Dio dove si presenta sempre nuovo e diverso da come lo vorrei o come l´ho imparato.
Nella Sacra Scrittura, è Cristo che mi viene incontro! La Scrittura non è più qualcosa che "mi serve", uno strumento nelle mie mani (oggetto, manipolazione o "idolatrizzazione" della parola). Ma costituisce linfa, prospettiva, punto di vista, tanto che le due pagine di un testo biblico diventano le mani di Cristo bucate, perché sono faticose, non immediate, ma anche le mani di Dio nelle quali trovo riparo, le braccia del Padre tra le quali mi ritrovo abbracciato. Le nostre conclusioni dopo che leggiamo un brano saranno sempre spiazzate, perché Cristo nelle sua Parola avrà sempre qualcosa di nuovo da dire, di diverso, qualcosa di tremendamente radicale e diverso da me e diverso dal Dio che credo di conoscere, sarà sempre un Dio diverso e sempre nuovo, una storia che inizia e non si ripete. Può capitare di rileggere un brano per più volte consecutive, e ogni volta si svela qualcosa di nuovo, qualcuno che posso incontrare come in un gioioso banchetto.
A.3 Una gerarchia delle scritture (D.V. 17-19) e la centralità del Vangelo
La Bibbia è una biblioteca: ospita libri di tutte le epoche, i quali si stratificano in molteplici narrazioni e generi letterari. L´interpretazione della Chiesa considera questi testi sacri, ispirati, senza rinunciare a cogliere l´aspetto umano/letterario di questa biblioteca e se ciò che contiene ha un proprio ordine: l´interpretazione lungo i secoli ha cercato di collocarli con un ordine che non si riduca alla semplice scaffalatura d
isordinata dei singoli libri. Esiste, infatti, una gerarchia degli scritti biblici: non si tratta di importanza e prestigio, o di una classificazione competitiva dei testi; si tratta di un ordine "teologico". L´ordine teologico non corrisponde quello cronologico, anche se è necessario tenerne conto. L´ordine teologico cerca nella bibbia il perno, il centro attraverso il quale sia possibile cogliere il tutto. All´interno degli scritti del N.T., ad esempio, il Vangelo/vangeli gioca un ruolo fondamentale, ne costituisce, cioè, il perno. Qualcosa di simile si può ribadire del N.T. nei confronti dell´A.T. E da ribadire, però, che non si tratta ti competizione, ma di prospettive relazionali, cioè di una prospettiva che coglie delle relazioni generali tra la miriade di testi che compongono il testo biblico.
Questo principio può avere le sue conseguenze anche a livello spirituale e formativo: il Cristiano introdotto nella scrittura è chiamato ad abitare nel Vangelo, perché è a partire da questo che ci si appropria di una mentalità di fede, tale per poi appropriarsi della Sacra Scrittura, e del rapporto fondamentale tra A. e N.T.
Si potrebbe ipotizzare anche una possibile relazione tra gli stessi Vangeli: quattro Vangeli per chi desidera chiarezza cartesiana di riferimenti possono significare confusione, per le contraddizioni che presenta il loro reciproco confronto; ma questa diversità, invece, significa ricchezza e possibilità di dinamismo spirituale, di cammino…
… ecco una proposta che tenti di valutare a grandi linee una gerarchia anche all´interno dei Vangeli. Se dovessimo leggere i sinottici con questa: i sinottici (Mc e Mt, poi Lc), poi Giovanni, sembra che si possono cogliere almeno tre tappe, o tre orientamenti della vita spirituale cristiana, scanditi da tre verbi chiave: imitare, seguire, rimanere.
Quando l´uomo inizia un cammino spirituale, quando supera le prime fasi e riconosce la presenza di Dio nella figura di Gesù Cristo, il Risorto, subentrano almen
o tre modi di stare davanti a Gesù, di comprenderne l´esperienza di fede:
1 l´imitazione (Mc - Mt)
2 la sequela (Lc)
3 il rapporto amicale (Gv)
Queste tre dimensioni sono compresenti in ciascun Vangelo ma con accentuazioni diverse, e sono compresenti anche nel nostro modo di stare davanti a Cristo. Può diventare importante riconoscerle in un cammino di discernimento spirituale:
1. Nel primo caso, cioè l´imitazione, Cristo costituisce per noi un esempio, un esempio da imitare e vivere nella vita… questa condizione trova un luogo di espressione soprattutto nell´età adolescenziale.
L´adolescente si innamora di un mito, un cantante o un attore o un personaggio, si identifica con esso e lo imita. Qualcosa di simile può accadere con Cristo. La sola imitazione, non è ancora una relazione adulta con Dio è ancora una fase di innamoramento, sogno, forte tensione ideale. Non meraviglia che chi vive in questa fase (il giovane entusiasta) si presenti più santo di chi, invece, vive un reale ma più faticoso rapporto con Dio. Egli è apparentemente più "santo", perché vive gli stessi atteggiamenti di Gesù, forse in maniera eroica e autocentrata; le beatitudine del Vangelo di Matteo, ad esempio, diventano la magna carta del cristiano, diventano modello a cui riferirsi per essere come Gesù, e possono diventare un buon punto di partenza per suggerire questo slancio passionale, per dare inizio ad un cammino. L´imitazione, però, non è esaustiva nel orientare un autentico rapporto con Cristo.
2. Nel secondo caso, cioè la sequela, subentra una fase più profonda del nostro rapporto con Cristo. Egli non è da imitare, anche perché è impossibile essere come Gesù al cento per cento. E la fase in cui si scoprono le crepe, l´incapacità della propria volontà di essere come Lui, le debolezze e gli insuccessi spirituali e morali. In questa fase, Gesù è da seguire, è da cogliere come maestro e guida di vita, come "padre" o "fratello maggiore". Questa fase succede all´adolescenza, quando il
Giovane ormai entra nell´età adulta e desidera camminare sulle orme di Gesù. In questo caso inizia un rapporto dialogico con Cristo nel quale si riceve da lui insegnamento e luce per la vita: si diventa discepoli, e diventano luogo di verifica spirituale la ferialità della vita, la quotidianità dei rapporti, la stanchezza della routine, etc. in questo cammino ci si sperimenta "servi" di Cristo. Il discepolo scopre di essere "servo inutile", e affronta in maniera meno aggressiva ma più mite, il cammino di sequela di Cristo. Questo cammino può essere emblematico nella recensione di Luca: a partire dal cap. nove, infatti, inizia questa scuola discepolare, che per Luca si snoda per nove capitoli e diventa un cammino deciso (cf. Lc 9,51) e faticoso per i suoi seguaci.
3. Nella terzo caso, subentra una fase ancora più profonda del nostro rapporto con Gesù. Egli non è più guida e maestro ma amico. Soprattutto nel vangelo di Gv, troviamo il passaggio a questa fase della relazione con Cristo. In Gv 15,13 troviamo la frase di Gesù: "Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio." Inoltre nel vangelo di Giovanni non si parla proprio di seguire Gesù ma di "rimanere" con Lui (cf. l´ultima icona della parte iniziale). Questo "rimanere" con Gesù dice il significato profondo dell´amicizia con Lui. Qui amicizia significa rapporto di cuore, rapporto di contemplazione, rapporto di amore libero e liberante. Infatti Gesù parla di amicizia perché si è aperto ai suoi dicendo le cose più personali, far conoscere cioè il suo rapporto con il Padre. Questa fase è quella di chi non segue Gesù, ma sta con Lui, così come è, nella semplicità della propria umanità, presentandosi anche nel proprio peccato; è una fase di profonda verità di se stessi e di piena e profonda consapevolezza di essere nella misericordia di Dio, di esserci per sempre. Questa fase comporta la si
ntesi delle precedenti:
l´imitazione, non più per propria iniziativa personale (inseguire un mito), ma per contagio rigeneratore e quotidiano che scaturisce dal rimanere con Lui.
la sequela, non più come inseguimento di colui che sta davanti a noi, ma come scoperta dell´alterità che mi è ormai di fronte e di fianco nel mio camminare. L´ultimo gesto di Gesù di affiancarsi ai due pellegrini di Lc 24, apre così il rimanere con Gesù del Vangelo di Gv: se in Lc 24 "resta con noi" è invocazione, preghiera, in Gv diventa un dato esperienziale quotidiano e frequente: aumentano le parole, i dialoghi, gli incontri, è rilevabile una generosa presenza del verbo rimanere/dimorare (menein).
Queste tre fasi non sono in competizione… esse sono compresenti in ogni cammino spirituale… perché Cristo è da imitare, seguire e amare.
Problema dell´interiorizzazione o dell´appropriazione della Parola
Il giovane d´oggi ragione a slogan, ad emozioni, ad immagini. Questo fenomeno crea un certo disagio nell´animatore, o nella guida, il quale si accorge come vi sia sempre il rischio di proporre ad un giovane esperienze che si rivelano infine epidermiche… non in grado di lasciare segni di continuità. Se da un punto di vista psichico, il giovane d´oggi rivela una certa fragilità strutturale, è possibile che vi sia un problema parallelo anche da un punto di vista spirituale, nel senso cioè delle capacità di senso e di sintesi che l´interiorità dovrebbe esprimere. Mi pare che il problema si possa sintetizzare in duplice movimento: da una parte, cioè, la manifestazione di forti esigenze religioso/spirituali, dall´altra la fatica di interiorizzare i contenuti propri di una spiritualità, una spiritualità in grado di determinare un solido cammino che il giovane avverta come proprio (cioè non in maniera esteriore). Prendendo a prestito il linguaggio di Paolo, oggi il giovane desidera cibo solido, e non s´accorge che la guida è spesso costretto ad offrigli il latte …. (1Cor 3,2; cf. pure Ebre
i 5-12-13, e 1Pt 2,2). L´interiorizzazione sviluppa la capacità di appropriarsi di un contenuto in maniera integrale, cioè concertando in maniera sinfonica dinamiche intellettuali, psichiche, affettive, operative, etc.… è da sottolineare che forse siamo eredi di un tipo di appropriazione che sottolinea solo l´aspetto razionale, di comprensione intellettuale e logica, e questo può aver influenzato pure una certa incapacità comunicativa della proposta, non solo del recettore. Ad esempio, sentir parlare di "intelligenza affettiva" da parte di qualche giovane, può essere un segnale che lo slogan, l´emozione forte, l´enfasi sugli aspetti estetici di una esperienza di formazione cristiana, suggeriscono un invito, o un rischio, che vale la pena affrontare: integrare nella capacità di interiorizzazione anche tutti quegli aspetti che fanno appello alle facoltà non direttamente intellettive.

LO SLOGAN, LE FRASI TURBO… E I PROVERBI BIBLICI

"Dio bussa continuamente alla porta del tuo cuore:
ricordati che si apre solo dall´interno"


Quello che fa parte del titolo di questo paragrafo è uno slogan che spesso ho sentito dire in contesti giovanili. Devo confessare che ha avuto esiti comunque postivi, perché in un piccolo parallelismo viene stimolata la ricerca di Dio, cioè il lasciarlo entrare nel cuore. Mi sono domandato se la scrittura non abbia qualcosa da dire in merito agli slogan, alla loro funzione. Al pensiero dello slogan e del parlare per finestre (windows), cioè per frasi ad effetto, ho tentato di interrogare il Vangelo. Sono risultati interessanti quelli che riguardano frasi costruite sulla forma del proverbio, il quale rappresenta in qualche maniera uno slogan, una frase ad effetto, breve, concisa ma che sinteticamente afferma una saggezza sulla realtà della vita: il Vangelo ne è pieno, e spesso certi slogan, compaiono proprio con l´intento del testo di fare da sintesi, e produrre un effetto sull´uditore. Il proverbio "gli ultimi saranno i primi e i primi g
li ultimi", ad esempio, si ritrova recensito in formulazioni simili nei sinottici e in contesti diversi: in Lc 13,14 si inizia con la esortazione della "porta stretta", e si conclude al v. 30 con questo proverbio; una esortazione simile, ma con esempi diversi, compare in Mc 10,31 dove ritroviamo la domanda sulle possibilità di salvezza. In questi due casi il proverbio serve a rovesciare il concetto di salvezza, facendovi rientrare anche categorie di persone che nella logica degli uditori sono ultimi, se non esclusi. Lo stesso proverbio lo si ritrova nella parabola degli operai dell´ultima ora: questo contesto, però, è diverso dai precedenti, e il proverbio che chiude in sintesi la parabola, assume altre sfumature, e nello stesso tempo angola la parabola in una prospettiva che potrebbe essergli estranea. Il proverbio, dunque, chiude a mo´ di sintesi un discorso o una parabola: dopo cioè un lavoro più analitico, il proverbio sembra codificare in poche parole ad effetto una sintesi. Questo fenomeno linguistico ed ermeneutico mi pare che abbia qualcosa da dire sugli "slogan", tanto usati e tanto odiati, sulle "frasi turbo", viste con antipatia ma facilmente riutilizzate, gli slogan compaiono nell´omiletica media delle guide giovanili e non sono da vedere con sospetto, nemmeno come strumento per manipolare, o per non stancare. Mi pare che il Vangelo offra una prospettiva più equilibrata: si tratta di cogliere come una frase proverbiale, ad effetto, costituisca un momento di sintesi, come il titolo di un´opera, o di un film. Non è da disprezzare, ma da rivalutare la forza degli slogan, delle frasi ormai convenzionali che circolano tra i giovani. Se diamo una occhiata ai diari di qualche giovane o adolescente, è facile scoprire frasi di cantanti messe assieme ad una frase di Madre Teresa, e a quella del don della parrocchia - di solito sull´amore o sulla preghiera - che ha proferito con tanta enfasi nell´ultimo ritiro. E un fenomeno da tener presente non tanto per un uso
funzionale e manipolativo, ma per perché appartiene al mondo e alla didattica biblica.


LE EMOZIONI FORTI NELLE ESPERIENZE GIOVANILI …

"Non ci ardeva forse il nostro cuore in noi mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci apriva alle Scritture?"

Un altro fenomeno che viene desiderato come avvenimento ma che viene criticato, se non ridicolizzato, riguarda le emozioni forti: si tratta di fenomeni legati a veglie notturne, ai ritiri in luoghi che si prestano avere le condizioni particolari per suscitare forti emozioni che poi il giovane aiutato dalla guida dà il nome di esperienza di Dio (si pensi al fenomeno di Assisi). Anche in questo caso si avverte il disagio che l´emozione non sia in grado di creare continuità, se non una piccola spinta che dopo qualche mese è destinata ad arenarsi. Questo può suggerire per qualcuno l´inutilità di certe esperienze, se non addirittura il danno di creare l´aspettativa di ripetere la stessa esperienza per provare a stessa emozione. Ma aihmè, spesso la seconda volta avviene un certo disincanto, e poi subentra la routine, che favorisce più un appiattimento che un risveglio della vita dello spirito. Anche a riguardo di questo fenomeno è da tentare di chiedere aiuto al Vangelo: sembra che vi siano testi con l´intenzione di suscitare forti intensi momenti di emozione, addirittura con sfumature psicologiche che rientrano nell´orbita della dalla problematica. L´esperienza del monte Tabor, ad esempio, sembra un quadretto appositamente suggerito. La recensione di Mc riporta un particolare al v. 6, legato all´emozione di quel momento, dopo che Pietro ha mosso la richiesta delle tre tende: "Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento". Più breve ma efficace è quella di Lc 9,33: "Egli non sapeva che quel diceva". Anche la frase di Lc 24,32, sul "cuore che arde", rivela l´importanza dell´aspetto emozionale come prova che quello è stato un incontro con Gesù in persona. Il testo di Emmaus si
rivela program

Don Martino Signoretto