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Il vento dello Spirito

Ufficio Nazionale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso

IL VENTO DELLO SPIRITO




Intervento di S.E. Mons. GIUSEPPE CHIARETTI,
alla Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)
svoltasi a Torre Pellice dal 30 ottobre al 2 novembre 1997






Care sorelle e fratelli in Cristo,


1. un grazie sincero e commosso per l’invito che, come Conferenza Episcopale Italiana, ci gratifica e ci onora. Reco a tutti voi il fraterno saluto del cardinale Camillo Ruini, presidente della CEI, e dell’intero Segretariato CEI per l’ecumenismo e il dialogo.
In questi giorni voi ricordate il trentesimo anniversario della fondazione della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) con un’assemblea che ha come motivo di riflessione un’espressione di Isaia: "Allarga le tue tende e rafforza i tuoi paletti" (Is 54,2). Vengo da una visita, di appena una settimana fa, ai campi di accoglienza dei terremotati di Nocera Umbra, dove ho verificato di persona il senso concreto delle parole di Isaia: in quell’accampamento, infatti, le tende si facevano larghe ed accoglienti per tutti i colpiti dal sisma, i quali, diversi e separati nelle loro case private, si sono ritrovati forzatamente uniti e affratellati nella precarietà d’una tenda dopo la comune sventura; e i paletti delle tende erano ben conficcati nel terreno per reggere al vento impetuoso, che faceva, sì, volare gli aquiloni dei bambini, ma rendeva precario il riparo. Fuori metafora, una ulteriore lettura "ecumenica" potrebbe anche voler dire che il terremoto della secolarizzazione, che pretende e spesso riesce a fare a meno di Dio (e il problema di Dio è oggi il vero problema serio che riguarda tutti i credenti!), ci ha resi tutti più poveri di sicurezze umane e ha scoperto il nostro comune bisogno di fraternità e di comunione; mentre il vento dello Spirito, impetuoso come a Pentecoste, ci obbliga a rinforzare i nostri appigli di pura fede e la nostra fiducia nella sua forza unificante. L’interpretazione vera del testo biblico non è del tutto esatt
a, ma l’ho accomodata un po’ al mio bisogno per introdurre una riflessione che mi sta particolarmente a cuore.


2. Condivido infatti con voi la passione per l’evangelo del Signore e per la missionarietà della Chiesa. Il Cristo, secondo il suo stesso comando, va annunziato a tutte le genti. La risposta dei singoli all’annuncio sarà quella che potrà essere: certamente però sarà libera e motivata perché la fede non si impone a nessuno, si può solo proporla con la parola e testimoniarla con la vita.
Da sempre l’evangelizzazione interessa i cristiani, ma oggi ha una particolare pregnanza e urgenza perché stanno cambiando con molta rapidità e radicalità gli scenari culturali, comportamentali, sociali, religiosi, e c’è bisogno di riproporre la fede di sempre con diversa forza. In ambito cattolico viene usata una formula abbastanza felice, parlando di nuova evangelizzazione e intendendo la novità sul piano del fervore dell’evangelizzatore, del metodo, e cioè dei percorsi concreti di annuncio e di conversione, del linguaggio, che non può non tener conto del grande salto di qualità della cultura moderna e degli orizzonti conoscitivi e pratici che apre. In questo contesto ha ricevuto nuovo impulso proprio l’ecumenismo, perché non può essere pienamente credibile un annuncio fatto da credenti nello stesso Cristo, che sono però divisi tra di loro contraddicendo il suo "comandamento nuovo", l’unico segno distintivo che Gesù ha dato ai suoi discepoli: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" (Gv 13,34).
In questa duplice tensione dell’evangelizzazione come cristiani e di riconciliazione tra cristiani in obbedienza all’evangelo, urge imboccare con decisione le vie di questa riconciliazione e del perdono chiesto e concesso, arrivandoci attraverso un graduale cammino di avvicinamento, con la strategia della pazienza e dei piccoli passi: il che è esattamente quello che stiamo cercando di fare dopo secoli di conflitti o di indifferenza reciproca. Con commozione ho fatto v
isita al vostro museo, dove c’è la narrazione della vostra passione di popolo umiliato e disperso. Quando la fede anche religiosa diventa ideologia e strumento di potere, nascono purtroppo persecuzioni e veri genocidi: ieri, oggi, domani! Speriamo, tuttavia, in un domani assolutamente diverso.


3. Al di là di questa lettura un po’ funzionale e pragmatica dell’ecumenismo, c’è però, come sappiamo, una lettura più pregnante: "l’ecumenismo non è una tolleranza generica che lascia ancora estraneo l’altro, ma è un amore alla Verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque" (L. Giussani). Quest’ecumenismo positivo ci porta a riconoscere lealmente tutto ciò che ci unisce, ed è tanto!, assai più delle dottrine e delle prassi che ci dividono.
Ma c’è anche tra i cattolici un’altra lettura più audace dell’ecumenismo, che viene proprio da Giovanni Paolo II, che in un testo, non magisteriale a dire il vero ma sempre autorevolissimo, dice: "Non potrebbe essere che le divisioni siano state anche una via che ha condotto e conduce la Chiesa a scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo e nella redenzione da Lui operata? Forse tali ricchezze non sarebbero potute venire alla luce diversamente". E conclude: "Bisogna che il genere umano raggiunga l’unità mediante la pluralità, che impari a raccogliersi nell’unica Chiesa pur nel pluralismo delle forme del pensare e dell’agire, delle culture e delle civiltà" (cf. Varcare la soglia della speranza, p. 167).
Questo significa che, fatta salva la fede nelle verità fondamentali espresse nel Credo, occorre camminare sulla via della complementarità almeno delle opzioni dottrinali compatibili, le quali non vanno escluse - nel senso che ognuno si tiene le sue e basta - ma vanno confrontate e verificate per essere accolte dagli uni e dagli altri. Il che risponde all’esigenza dell’e-e, non dell’o-o, che è poi la spiritualità dell’incarnazione.
Non pretendo di essere maestro a nessuno, ma mi pare che si po
ssa condividere quanto ha detto di recente un ecumenista autorevole, mons. Luigi Sartori, riprendendo una affermazione del Concilio: "Si tratta di sapersi concentrare sempre e in tutto su ciò che è essenziale, e non confondere mai la sostanza veramente divina dei doni affidati alla Chiesa e le forme culturali umane attraverso le quali essi sono stati o vengono espressi nella storia" (SIR 72, 17-10-1997, p. 9).
E questo, in fondo, il criterio che ha guidato i Vescovi cattolici ad accogliere - con una vera e propria receptio - le linee dottrinali originarie e primarie valdesi e metodiste sul matrimonio. Il lavoro intorno agli aspetti rituali e pastorali del problema è cominciato a Roma proprio ieri pomeriggio, con l’incontro delle due delegazioni nella sede della Tavola Valdese di via Firenze.


4. Occorre anche convergere molto sulla spiritualità evangelica dell’unità e della comunione, per imparare quella "spiritualità ecumenica" senza della quale i nostri passi si inceppano proprio mentre il cuore sogna l’unità. E della spiritualità ecumenica fa certamente parte, oltre alla sincerità e alla pazienza, alla umiltà e alla intensa preghiera allo Spirito - essendo l’unità della Chiesa dono suo, anche la forza e il coraggio di uscire da certe nostre sicurezze, come Abramo dalla sua terra, di affrontare l’ignoto d’un viaggio senza rotta ma anche senza ritorno, di camminare per le vie rudi d’una riconciliazione che è fatta anche di perdono reciproco, come ci insegna Gesù dall’alto della croce.
Nel frattempo seguiranno certamente altre iniziative: stiamo pensando a un Forum delle chiese cristiane in Italia, già presente in diversa misura in alcune diocesi più grandi (Venezia, Bari, Milano...); alla piena traduzione ecumenica della Bibbia in Italia, diversa dalla bella e benemerita TILC fatta pur essa di comune accordo, cominciando dal vangelo di Giovanni in vista del secondo millennio della nascita di Cristo; ad un convegno sulla preghiera del Signore, il Padre Nostro,
che verrà pur essa tradotta ecumenicamente per l’occasione; a ricerche storiche concertate tra cattolici e valdesi su determinati episodi di maggior sofferenza; a confronti aperti su temi di particolare attualità.
Il cammino è iniziato e, anche se "cruciale" (da "crux-croce"), è però "irreversibile", come dice Giovanni Paolo II. Vorrei chiedervi di considerare l’accelerazione ecumenica di parte cattolica come sincera e autentica, anche se il viaggio non sarà facile e subirà inevitabilmente anche al suo interno i contraccolpi della diffidenza e della paura. Ma siamo convinti che è lo Spirito a soffiare potentemente in questa direzione, - e lo abbiamo sperimentato anche a Graz -; e sarebbe peccato gravissimo non riconoscere i "segni dei tempi" e spegnere lo Spirito con la nostra resistenza. Anche il continuo riconoscimento di errori ed ingiustizie del passato (un giornalista, Luigi Accattoli, ne ha già contati una novantina in bocca al Papa, e non sono finiti...), se pure umilia e sconcerta non poco e non è sempre pacificamente accolto, diventa per i cattolici consapevolezza di fragilità, assunzione di responsabilità, educazione a non ripetere gli errori, impegno ad eliminarne le cause, volontà seria di riconciliazione a tutti gli effetti. Lo Spirito è creatore di novità, ma non senza le doglie del parto. Ora, comunque, soffia con particolare intensità, e l’ansia ecumenica lo rivela. "Sant’Agostino era solito dire che il segno evidente della presenza dello Spirito Santo non sono i miracoli o il parlare le lingue, bensì l’amore per l’unità della Chiesa" (cf. R. Cantalamessa, Il soffio dello Spirito, 1997, p. 74). E se lo Spirito soffia in direzione dell’unità della Chiesa perché i tempi della divisione "sono compiuti", chi siamo noi da contristarlo con le nostre ostinazioni?
Sulla verità deve fare aggio la carità, senza ovviamente tradire la verità, secondo il monito paolino "Veritatem facientes in charitate", che è poi lo statuto fondamentale della ricerca ecumen
ica. E questo fatto dovrebbe aiutarci, intanto, a riconoscere le diversità rispettandole, a ridimensionare i nostri pregiudizi, a purificare i nostri linguaggi, a rendere più serene e meno autoreferenziali le nostre informazioni. La verità da sola può anche uccidere; la carità da sola può anche illudere; solo la coniugazione di verità e carità, con priorità della carità, salva.
Aiutiamoci insieme alla pazienza dell’attesa e al coraggio della speranza, rinnovando l’antica comune preghiera allo Spirito Santo di Dio "perché risani ciò che fu lacerato" per colpa dei nostri padri, e continua ad essere lacerato per la non-profezia di noi figli.
Il Signore Gesù benedica i vostri lavori e il comune sforzo ecumenico.