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Graz, un passo avanti sulla via dell'incontro tra cristiani

Ufficio Nazionale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso

GRAZ, UN PASSO AVANTI
SULLA VIA DELL´INCONTRO
TRA CRISTIANI




Un commento del Presidente del Segretariato CEI per l´ecumenismo e il dialogo ai giovani di Graz.





Successo o fallimento di Graz?


Innanzi tutto non condivido giudizi come "delusione" o "fallimento di Graz", che sono comparsi frettolosamente sulla stampa, in rapporto soprattutto alla crisi "interna" delle Chiese ortodosse, riversata - ma impropriamente sull´assemblea. A Graz non c´è stato alcun fallimento, anzi c´è stato un fatto nuovo molto significativo: l´ecumenismo di popolo, come l´ha chiamato Chiara Lubich, e cioè un ecumenismo che integra, stimola, precede l´ecumenismo di vertice.
E esattamente quel che è avvenuto a Graz: se il "vertice" ha fallito (ma quale "vertice" poi? E che significa in questo caso "fallimento"?), il popolo ha mostrato il suo desiderio di procedere nel cammino ecumenico arduo e tortuoso, veramente "cruciale" e tuttavia "irreversibile", Gli aggettivi sono di Giovanni Paolo II. Il vertice deve prendere atto del sensus fidei del popolo di Dio, che non capisce e non tollera più ambiguità e "prudenze della carne", ma vuole un cammino serio verso l´unità.
E chiaro che il "vertice" - nel caso cattolico si tratterebbe dei Vescovi con il Papa, e cioè di coloro che sono posti alla guida del popolo di Dio - deve fare il suo dovere di discernimento; ma gli è di incoraggiamento a vincere ritrosie e ad osare, proprio l´entusiasmo lucido e tutt´altro che sprovveduto della comunità dei credenti. In ambito cattolico è il Papa in persona a spingere e a sollecitare con le parole e con l´esempio nella direzione dell´ecumenismo! Il "vertice", quindi, è in cammino: e con che passo!
Ovviamente il cammino ecumenico è tutt´altro che facile e rettilineo, né si può pensare di percorrerlo in breve tempo, magari avvalendosi di "furbizie" quali quelle di far trovare i responsabili del discernimento ultimativo dinanzi al fatto compiuto su problemi di rilevante importanza dogmatica
(ad esempio nell´intercomunione eucaristica). Non si possono sottovalutare problemi seri, né sopravalutare problemi succettibili di intesa operativa: la gradualità e la prudenza sono necessari quanto la lucidità e il coraggio.


Le ragioni conflittuali e la marcia di avvicinamento verso la riconciliazione


I nodi teologici per i cattolici sono fondamentalmente quelli ricordati dal Papa al n. 74 della Ut unum sint:
1. Le relazioni tra Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione
2. L´Eucaristia
3. Il sacramento dell´Ordine
4. Il magistero proprio dei Vescovi e del Papa
5. La vergine Maria.
Ed infine, nodo dei nodi, il cosiddetto "primato" del Papa, che è poi il servizio del Vescovo di Roma - come successore di Pietro - alla fede e alla unità e comunione della Chiesa (ortodossia e ortoprassi).
Tutto il resto va inquadrato nel contesto conciliare della gerarchia delle verità, o anche in ambiti disciplinari e rituali che non dovrebbero trovare troppe ostilità. Eppure sono proprio questi che al tirar delle somme fanno molta difficoltà, giacchè toccano la sfera emotiva, le tradizioni consolidate, la storia, addirittura l´etnia, l´ideologia, l´amor di patria. E con il sentimento e le strutture economico-politiche si lavora male: occorrono tempo, buona volontà, coraggio, umiltà, pazienza..., ma soprattutto apertura al soffio potente e rinnovatore dello Spirito Santo e tanta speranza.
Per questo si consiglia di cominciare dalla preghiera, dall´instaurazione di buoni rapporti amicali, dalla riapertura di corretti canali di comunicazione, da studi e dialoghi sistematici e paralleli, dalla riconciliazione delle memorie, da gesti di incontro e di perdono reciproco, dal variegato servizio della carità... Solo così si provoca una marcia concorde di avvicinamento reciproco, che troverà il suo culmine nell´unità ritrovata, come tutti desideriamo. Colloqui scambievoli e luoghi istituzionalizzati di incontro (ad esempio Forum nazionali delle Chiese e delle comunità cristia
ne) possono costituire una forma di prevenzione e una sorta di camera di decompressione. Sarebbe molto importante se, ad esempio, in caso di minacciato conflitto politico, le Chiese si incontrassero per prevenire le contese e definire una linea pacifica di condotta. Per non ripetere gli errori e gli scandali della ex Jugoslavia.


Veritatem facientes in charitate


Circa l´unità e la comunione nell´unica Chiesa di Cristo oggi, non è possibile - visti certi radicamenti anche esistenziali - l´adozione del modello del "ritorno" di tutti nella Chiesa Cattolica romana, né quello d´una generica "diversità riconciliata", per la quale ognuno rimane nei suoi convincimenti e nei suoi comportamenti, dando però vita ad una accettazione acritica ed emotiva delle "diversità". Non a caso il Papa ha introdotto nella Ut unum sint la categoria della "compatibilità" delle formulazioni dottrinali con la "sacra Scrittura e la grande tradizione della Chiesa" durante tutto il millennio dell´unità (UUS 38-39).
La Chiesa Cattolica - per parlare di noi - deve proseguire sulla strada della "collegialità" e in quella della "promozione e corresponsabilità dei laici", realizzando già al suo interno la "convivialità delle differenze", come la chiamava don Tonino Bello, e vivendo il telogumeno fatto proprio anche dal Concilio "In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas", o l´effettiva supremazia della carità non contro o senza la verità, ma con la verità, che è poi la stessa persona di Gesù (cf. il paolino "Veritatem facientes in charitate" (Ef 4,15).
Nei rapporti con gli ortodossi non dovrebbe essere molto difficile il recupero, con i dovuti adattamenti, della "pentarchia" giustinianea con l´indiscusso ruolo fraterno e pacificatore (da "ultima istanza") del Vescovo di Roma. Circa il preteso ed enfatizzato "proselitismo" - che è poi soprattutto la sopravvivenza, sin dalle origini, dei greco-cattolici (o uniati) nell´area dell´ortodossia - dovrebbe essere molto decisiva l
´intesa di Balamand e un dialogo sereno su eventuali punti disciplinari ancora controversi, senza far ricadere sul cammino ecumenico la conflittualità di interessi, anche legittimi, interni all´ortodossia.


Dai muri delle diffidenze ai punti dell´incontro


Per continuare ad usare l´immagine "muro-ponte", non possiamo dire d´aver cominciato a costruire il ponte, anche perchè non sono stati ancora abbattuti i muri della diffidenza, del sospetto, dell´equivoco eretti in tanti secoli tra le varie identità cristiane per motivo spesso non religiosi. Il fatto che ci siano talora soste prolungate o ripensamenti in corso d´opera non è negativo, giacchè occorre costruire solida fondamenta al ponte dell´unità.
Decisivo sarà l´apporto della dinamica del perdono reciproco chiesto e concesso: un perdono che non annulla la memoria, né impedisce la giustizia, ma mitiga la sofferenza, rimargina le cicatrici, favorisce il dialogo e l´accettazione reciproca fino al giorno storico - e non solo escatologico - della piena convergenza del cuore e della mente su Cristo. E allora sarà unità, secondo l´antico effato scientifico, ma anche conciliare: "Quae conveniunt uni tertio, conveniunt inter se".
Che i tempi della divisione stiano volgendo al termine è proprio il soffio potente dello Spirito che ce lo conferma: Graz è una tappa, importante ma non definitiva. Già penso, infatti, al sogno profetico di Giovanni Paolo II, che ha prefigurato un incontro pancristiano sul monte Sinai nell´anno del grande giubileo. Chi proibisce a certi sogni di diventare realtà?