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La struttura e i compiti dell'UCD
Ufficio Catechistico Nazionale - Catechesi
Relazione di Don ANDREA FONTANA,
Direttore UCD di Torino
(non rivista dall’autore)
Ho pensato di proporvi tre cose: la prima è la mia esperienza di questi anni all’interno della diocesi di Torino; la seconda sarà l’organizzazione del nostro ufficio a Torino; la terza consisterà in una serie di strategie che si stanno cercando di mettere in atto.
L’esperienza personale.
Non ho fatto studi particolari né in catechetica, né in altre materie teologiche. Ho passato i miei primi quindici anni di sacerdozio a fare il vicario parrocchiale, cercando di "arrabattarmi" negli anni del dopo concilio, per pensare alle cose e per farle bene. Da lì è nata una interessante esperienza, a contatto con la realtà di tutti i giorni, alle prese con la formazione dei catechisti, delle parrocchie dove ho vissuto il mio ministero.
Nel 1980 ho fatto il mio timido debutto all’Ufficio Catechistico Diocesano cominciando a lavorarci un giorno o due alla settimana. Nel frattempo vivevo un’esperienza al di fuori del contesto catechistico che, a conti fatti, mi è servita tantissimo per sviluppare alcune sensibilità e imparare alcune metodologie di formazione: ho infatti seguito per dieci anni un organismo di volontariato internazionale.
Dal 1986 lavoro a tempo pieno nell’UCD e, dal 1° settembre dell’anno scorso ne sono diventato il Direttore. Contemporaneamente svolgo la funzione di moderatore del centro diocesano per la formazione di operatori pastorali e da due anni a questa parte sono anche responsabile del servizio diocesano per il catecumenato degli adulti.
La strutturazione della diocesi e dell’UCD.
La diocesi di Torino è strutturata su tre livelli. Un primo livello è dato dal Consiglio Episcopale che è l’organo che decide e che governa la diocesi assieme all’Arcivescovo. Il Consiglio Episcopale è formato da quattro vicari episcopali territoriali, che coprono le zone di Torino città, Torino Nord, Torino Ovest e Torino Sud-Est. I vicari episcopali governano la lo
ro zona (territorio) come delegati del Vescovo e quindi con la sua stessa autorità. Hanno pertanto una competenza territoriale globale, in quanto si occupano - nel loro territorio - di tutto ciò di cui si occupa un vescovo nella propria diocesi.
Un secondo livello: le zone vicariali. Sono 26 e sono organizzate come una piccola diocesi: c’è un vicario zonale (un parroco eletto), c’è un’assemblea del clero zonale e così via. Accanto a queste figure dei vicari episcopali territoriali ci sono anche le figure dei delegati arcivescovili. Nella nostra diocesi sono quattro e sono incaricati di seguire i vari ambiti o settori della pastorale: c’è un delegato arcivescovile che segue l’ambito della catechesi, liturgia, centro missionario; un altro che segue la Caritas, la pastorale del lavoro, la pastorale della sanità, le iniziative per il terzo mondo, il gruppo Abele, ecc.; un terzo delegato si occupa invece della pastorale della famiglia, della pastorale giovanile, dell’Azione Cattolica, della Telesubalpina Radio Diocesana e altre strutture di questo genere; infine un quarto delegato arcivescovile si occupa dei religiosi.
Esiste un terzo livello, quello degli uffici pastorali. Anzitutto i tre uffici fondamentali (catechistico, liturgico e caritas) e accanto a loro gli altri uffici che animano la pastorale dei settori (famiglia, giovani, anziani, mondo del lavoro, ecc.).
La difficoltà di movimento nell’animazione pastorale è data da questo terzo livello, in quanto ogni volta che l’UCD si muove per produrre iniziative o per fare il suo lavoro, deve tener conto di una realtà molto complessa. Non deve meravigliare allora se in tale contesto ci si chieda quale debba essere il ruolo dell’UCD, il suo specifico servizio. Sembrerebbe a prima vista che l’unico "spazio" esclusivo della catechesi sia quello dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi fino alla cresima, compresa la rispettiva formazione dei catechisti per quell’età. Al di fuori di tale realtà si scon
fina in "territorio altrui"...
La linea di soluzione a tale problema è da ricercarsi nella scelta di coltivare collaborazioni e iniziative comuni con gli altri uffici, ma in modo che non siano solo iniziative dell’UCD, bensì iniziative "diocesane" a cui tutti concorrono. Questa scelta non è facile, perché chiede il dispendio di molte energie e di molto tempo. Forse potrebbe risultare utile, in una situazione come quella di Torino, poter contare su un progetto pastorale diocesano capace di offrire gli elementi essenziali verso cui far convergere il lavoro di tutti.
Le strategie dell’UCD
All’interno di questa realtà, l’UCD ha cercato di muoversi strutturandosi attorno ad una serie di strategie. La prima è quella offerta dalle attività di routine, in particolare due appuntamenti annuali diocesani: la celebrazione del mandato dei catechisti in cattedrale, il primo sabato di ottobre, che riguarda i catechisti, gli operatori pastorali e i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni; la celebrazione della messa per i catechisti durante la novena della festa della Consolata. Si tratta di due scadenze che potrebbero richiamare molti catechisti, ma di fatto, in questi ultimi anni, hanno perso di tono e sono poco frequentate.
Un’altra scelta stategica, molto significativa, è data dalla commissione zonale per la catechesi e la liturgia. In questi anni si sono dibattuti molti problemi riguardanti l’evangelizzazione e l’amministrazione dei sacramenti, realtà spesso viste in conflitto tra di loro ("smettiamo di amministrare i sacramenti, prima evangelizziamo!"). Si è scelto di camminare nella logica dei piccoli passi: partire da quello che c’è già e progettare un piccolo passo ulteriore, senza la fretta di arrivare a stravolgimenti utopici che creerebbero solo disagio. Per tale via sta crescendo nelle parrocchie il desiderio di incontrare la gente non solo prima del sacramento, ma anche dopo. Nell’ambito della formazione al matrimonio, ad esempio, questo ha port
ato al costituirsi di gruppi di giovani sposi...
Un problema che emerge sopra gli altri è la sfida della inculturazione del linguaggio della fede. Per presentare con chiarezza il contenuto del messaggio cristiano, soprattutto alle famiglie, occorre rimotivare la fede, ma questo va fatto con un linguaggio rinnovato. Come presentare le realtà di sempre? In che maniera farle capire? A mio parere questa è la grande sfida che gli uffici catechistici devono accogliere. Si tratta di atrtezzarsi per poter realizzare, nella situazione particolare delle nostre diocesi e dei nostri ambienti sociali, nuove mediazioni catechistiche, partendo dai testi della CEI e tenendo davanti a se i destinatari. Credo che dobbiamo aiutare sempre di più i nostri catechisti a preparare da soli i loro sussidi. Essi devono capire che il lavoro di inculturazione, di concretizzazione, lo può fare solo chi è sul posto e non l’esperto di un centro catechistico. Gli uffici catechistici devono aiutare i catechisti a fare questa opera di mediazione e devono fornire gli strumenti per poterla fare. E’ la logica di una formazione sullo stile del "laboratorio".
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