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Immigrati: Chiesa e Stato intervengono (D.Mogavero)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/12


L’evoluzione del rapporto che ho potuto instaurare con il ministro dell’Interno Maroni è, a mio modo di vedere, esemplare in ordine al fatto che se si dialoga si possono trovare punti di intesa, anche partendo da posizioni assai lontane fra loro, soprattutto se c’è onestà intellettuale e libertà da pregiudizi ideologici.
La storia ha preso avvio quando un comune amico mi ha riferito che il ministro gli aveva chiesto cosa avesse contro di lui il vescovo di Mazara del Vallo, a seguito delle mie prese di posizioni chiare e molto critiche sulle norme riguardanti i respingimenti degli immigrati. Ho risposto di riferire che non avevo nulla da mandare a dire a Maroni, ma gli proponevo di venire a Mazara del Vallo per conoscere la realtà della nostra città. Il mio intento era ovviamente provocatorio, perché desideravo mostrare all’esponente leghista del governo Berlusconi che si poteva impostare diversamente il discorso sugli immigrati, alla luce della nostra esperienza. In verità non pensavo che la cosa potesse avere un seguito e invece sono stato clamorosamente smentito. (…)
(…) Maroni è venuto in visita privata. Io gli ho fatto vedere la sede della Fondazione San Vito, dove ha incontrato gli operatori che gli hanno esposto i progetti realizzati e quelli in cantiere, e i risultati positivi conseguiti, in più, essi hanno contestato vivacemente al ministro la politica messa in atto dal governo nei confronti degli immigrati, sollecitando un cambiamento di atteggiamento e di strategia da parte del nostro Paese. Maroni è rimasto particolarmente impressionato dalla vivacità degli interventi; ha difeso l’azione del governo ma sicuramente non ha preso sottogamba le istanze dei nostri operatori. Peraltro, le considerazioni di questi ultimi sono state avvalorate da alcuni cittadini tunisini coinvolti nei programmi. Dopo l’incontro, durante la cena in episcopio è proseguito il nostro confronto e ho potuto constatare il compiacimento del ministro nell’essersi reso conto che si poteva prendere in considerazione una prospettiva diversa da quella dei respingimenti di massa, che privilegiasse la linea dell’ordine pubblico e non quella umanitaria. Indubbiamente, nel dialogo serrato con gli operatori Maroni non ha fatto alcuna concessione e non ha preso alcun impegno. Tuttavia, mi ha sorpreso alquanto allorché, dopo qualche giorno, in occasione della seconda Conferenza sull’immigrazione tenuta a Milano ha citato la Fondazione San Vito, definendola struttura di eccellenza nell’accoglienza degli immigrati. Una bella soddisfazione ricevere quell’apprezzamento da un ministro con tanta onestà intellettuale.
Da allora il rapporto è continuato con contatti periodici per uno scambio di pareri. Questo canale confidenziale di comunicazione mi ha permesso di constatare che Maroni, soprattutto dopo la Rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, ha cominciato a mostrare una sensibilità diversa nel trattare la questione dell’immigrazione, che non si può ridurre al solo aspetto di quella clandestina. C’è oggi un’emergenza nel Mediterraneo che interpella l’Italia e l’Europa, in ordine alla quale non si riesce a raggiungere una consonanza di vedute tra i diversi Paesi. Volendo dare un contributo alla soluzione del problema, alla luce del rapporto preferenziale che la diocesi di Mazara del Vallo ha da oltre dieci anni con la Tunisia, sul piano religioso e su quello culturale, ho offerto al ministro la mia disponibilità, accertata subito e di buon grado, di mediare nei rapporti tra i due Paesi in ordine alla elaborazione di progetti di sviluppo per frenare le partenze, particolarmente dei giovani, e per offrire in loco opportunità di lavoro che valorizzassero le risorse umane e professionali, senza impoverire il territorio con una emigrazione selvaggia. Questa la vicenda di un rapporto nato e sviluppatosi da posizioni contrapposte e approdato poi a un dialogo proficuo, anche sotto il profilo umano della stima e del rispetto, nonostante le diversità di opinioni.
Questa spontanea evoluzione di pensiero mi fa essere ottimista sulla possibilità che la questione immigrazione venga affrontata senza pregiudizi e senza contestualizzarla in una sorta di ultima spiaggia da difendere per non far naufragare l’Occidente. Io penso che il baluardo di salvaguardia del patrimonio culturale, in senso ampio, del nostro mondo non può essere l’intolleranza o la chiusura, ma la forza stessa dei nostri valori, incentrati sulla dignità umana, considerata senza altre aggettivazioni. Non possiamo sottovalutare la forza dei valori e delle idee, che si fanno strada comunque, talora anche a dispetto delle persecuzioni; ne è una prova convincente il cristianesimo, diffusosi sempre in mezzo a tante violenze e a prezzo di innumerevoli martiri.
A proposito dei risvolti positivi della immigrazione, mi preme rilevare che l’incidenza sociale degli immigrati negli indicatori di sviluppo dei Paesi che li accolgono è straordinaria, sia per quanto riguarda la salvaguardia di ambiti occupazionali a rischio estinzione, sia per l’incremento della natalità in un’Europa sempre più vecchia e disaffezionata verso la procreazione. Per non dire dell’apporto che gli immigrati danno alla instaurazione di buoni rapporti tra il Paese che li ha accolti e quello di provenienza, non solo per ragioni di carattere economico.
Desidero chiudere queste considerazioni con una breve riflessione su una parola che spesso viene invocata, a mio giudizio, a sproposito in tema di immigrazione. Si tratta della reciprocità, chiamata in causa non tanto a proposito dell’immigrazione, quanto piuttosto in merito alla costruzione di moschee in Italia.
Si dice che occorre negare tale possibilità perché i Paesi arabi non sentono la simmetrica costruzione di chiese cattoliche, o cristiane in genere. Mi pare un argomento alquanto forzato e privo di fondamento logico. Sarebbe come dire che in Italia puniamo con la pena capitale un cittadino statunitense, perché nel suo Paese il reato di cui è stato riconosciuto colpevole è sanzionato con la condanna a morte! Pretendere di difendere il cristianesimo calpestando taluni capisaldi di civiltà come il diritto alla libertà religiosa mi pare una scelta infantile nella logica del dispetto.