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Una Chiesa sempre in cammino, diversamente (G.Perego)
Messaggio per il 50° anniversario della Missione Cattolica Italiana di Kreuzlingen

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/12


Nella storia e nel cammino degli emigranti italiani le Missioni cattoliche hanno costituito un luogo importante non solo del riconoscimento della propria identità culturale, ma anche della propria esperienza di fede. Tra difficoltà, sofferenze, abbandoni che gli emigranti italiani hanno vissuto, anche in terra elevetica, la missione cattolica italiana è stata un luogo di accoglienza e di conoscenza, di riscoperta delle proprie radici anche cristiane, di professione di fede. è una storia, quella della Missione Cattolica Italiana, che un secolo fa, soprattutto con i missionari dell’Opera Bonomelli, sostituiti e accompagnati successivamente anche dagli scalabriniani, che ha faticato a farsi riconoscere, che è cresciuta talora in parallelo alla vita ecclesiale delle comunità cattoliche in Svizzera, ma che oggi è stata scoperta come un’ esperienza necessaria alla Chiesa in Svizzera. Nell’opera Tre mesi al di là della Alpi, pubblicata nel 1901, il vescovo Geremia Bonomelli scriveva: “Abbassando l’occhio dalle vette delle Alpi sui contrafforti, che ne sono le basi, fin giù verso il lago di Costanza e le colline dell’Argovia e di Zurigo, io pensavo ai 130.000 operai italiani, disseminati su quella gran plaga, che la bagnano dei loro sudori e spesso delle loro lagrime per averne in compenso un tozzo di pane per sé, pei figli e pei parenti lasciati in Italia” (pp. 90-91).
Nei cinquant’anni di storia della Missione Cattolica Italiana di Kreuzlingen (1962-2012), attraverso l’archivio della Migrantes di oggi e prima ancora dell’UCEI, incontriamo anzitutto i volti dei missionari: don Cristoforo Maggio (1962-1967), sacerdote leccese che ha aperto l’esperienza pastorale missionaria; il breve passaggio di don Tarcisio Giurisato (1968), sacerdote italo-brasiliano della diocesi di Pitigliano; don Ennio Fiorati (1968-1985), sacerdote diocesano di Fiesole; don Federico Andreoletti (1985-1999), sacerdote diocesano di Bergamo oggi Delegato nazionale delle Missioni cattoliche in Francia; don Elvio Sforza (1999-2002), sacerdote diocesano di Camerino fino all’attuale Don Francesco Diodati, sacerdote diocesano di Cassano allo Ionio. Come si può vedere, sacerdoti diocesani di tutta Italia, del Nord, del Centro e del Sud, hanno contribuito all’assistenza religiosa degli emigrati italiani a Kreuzlingen. Nei documenti d’archivio della Migrantes, poi, ho letto pagine interessanti di alcuni tornanti della storia recente dell’emigrazione italiana e le nuove scelte pastorali: la vita e la recezione del Concilio Vaticano II, l’apertura dell’asilo, la comunità di suore, le problematiche sociali e, a metà degli anni ‘70, il ritorno in massa in Italia degli emigranti, l’abbandono della fede da parte dei giovani, la collaborazione con la Chiesa in Svizzera, la nascita dell’unità pastorale con Weinfelden (2002) e la nuova unità pastorale nel 2011 con alcune comunità vicine (Arbon, Romanshorn). In riva al Bodensee è cresciuta in questi cinquant’anni una comunità cristiana vivace, con gesti anche esemplari, pronta a rinnovarsi: una comunità di fede che sa camminare vicina alla gente, condividendone le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce (cfr. GS, 1), come invitava a fare il Concilio Vaticano II, aperto 50 anni fa.
Auguro a te, don Francesco, e a voi, fedeli di Kreuzlingen, che in questo anno giubilare, memoria storica, immagini del passato e prospettive future si fondano insieme, favorendo la costruzione di una comunità, una missione che, nella Chiesa locale e in un contesto multiculturale, sappia coniugare identità e diversità, in un incontro di fede ricca della differenza. In questo senso mi sembrano quanto mai opportuno ricordare in questa circostanza giubilare un passaggio del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2012: “Avvertiamo l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli, sia per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, sia per la frequenza e la facilità con cui sono resi possibili spostamenti di singoli e di gruppi. In questa nuova situazione dobbiamo risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide annunciatrici della novità evangelica, facendo risuonare nel nostro cuore le parole di san Paolo: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto; perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16)”.

Kreuzlingen, 11 febbraio 2012