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Saluto del Segretario generale CEI (M.Crociata)
Seminario su: “Salute e migrazioni: quale cura per la mobilità?”

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/12


Con grande piacere ho accolto l’invito ad aprire i lavori di questo Seminario di studio su un tema di notevole rilevanza ecclesiale e civile; ringrazio l’Ufficio Nazionale per la pastorale della sanità e la Fondazione Migrantes per averlo promosso e organizzato.
Secondo i dati pubblicati nel Dossier Statistico Immigrazione 2011, elaborato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, gli immigrati residenti nel nostro Paese sono attualmente 4.919.000, mentre si stima che gli irregolari siano tra 300 e 500 mila. Questo significa che oggi in Italia sono presenti oltre 5 milioni di persone di 198 nazionalità diverse. Soffermandosi a considerare tali dimensioni del fenomeno migratorio nel nostro Paese, si potrebbe facilmente intuire l’importanza di coniugare salute e migrazioni in vista dei processi di integrazione e di costruzione del bene comune. Se poi pensiamo che la maggior parte degli immigrati ha vissuto un periodo nell’irregolarità e nella paura, attraversando situazioni di sofferenza fisica e mentale senza possibilità di poterla condividere, ci accorgiamo che sul tema della cura e dell’ospitalità sono in questione i fondamenti stessi della nostra umanità e gli apporti decisivi che la fede cristiana ha dato alla nostra civiltà.
La nostra coscienza di credenti non può restare indifferente rispetto alle persone in condizione di maggiore fragilità, ma è chiamata a farsene carico e a prendersene cura. Guardando alle icone evangeliche del Giudizio finale (Mt 25, 31-46) e del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37), dobbiamo imparare a riconoscere il volto di Cristo in coloro che soffrono, spendendoci personalmente e comunitariamente per contrastare diseguaglianze, solitudine e abbandono. In questa prospettiva, la nostra cura pastorale diventa anche promozione umana: riconoscimento della dignità delle persone migranti, aiuto nell’accesso ai servizi, tutela dei più deboli.
Negli aspetti sanitari legati alla mobilità, inoltre, ci sono alcune problematiche che, più di altre, sono da evidenziare.
Un primo aspetto riguarda la tutela del diritto alla salute mediante l’accesso ai servizi. I dati provenienti dai medici di famiglia ci ricordano la lentezza con cui gli immigrati accedono ai servizi sanitari, anche dopo aver ottenuto un titolo di soggiorno. La mancata conoscenza delle istituzioni, l’ignoranza della lingua, la diffidenza naturale portano spesso anche gli immigrati regolari a non avvalersi del medico di famiglia e dei servizi. Questo richiede un accompagnamento che può essere facilitato da un lavoro di rete sociale e sanitaria. Un simile accompagnamento esige di essere ulteriormente rafforzato nei confronti delle persone irregolari presenti sul territorio del nostro Paese e che, comunque, hanno diritto alla tutela della salute.
Un secondo aspetto interessa la particolare attenzione, in un’ottica anche transculturale, ai servizi di salute mentale. La partenza dalla propria terra, l’abbandono della casa, l’arrivo in un Paese diverso, lo stile di vita differente, la nascita e la crescita in una cultura diversa da quella dei genitori, la mancanza di figure parentali fondamentali (il padre o la madre in specie), le forme di violenza manifesta o subdola, unita a discriminazioni, portano spesso con sé problematiche e patologie gravi sul piano della salute mentale.
Un terzo aspetto richiama l’attenzione alla tutela della vita e alla maternità. I dati drammatici degli aborti e del consumo di “pillole del giorno dopo” da parte di donne migranti indicano come spesso esse non siano supportate e tutelate nell’affrontare una gravidanza. Uno degli indicatori più importanti dell’efficacia nella tutela della salute di una nazione è proprio la cura della maternità e della vita nascente.
Nella prolusione ai lavori della 59° Assemblea Generale della CEI del maggio 2009, il card. Bagnasco affermava: «L’immigrazione è una realtà magmatica: se non la si governa, si finisce per subirla. E la risposta non può essere solamente di ordine pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri».
Per governare processi così complessi è certamente necessario che ciascuno faccia la sua parte, dalle istituzioni nazionali e internazionali fino al singolo cittadino. E tuttavia, nella comprensione e nel governo di tali processi, la visione dell’uomo e della società che il Vangelo ci ispira dischiude una più acuta e profonda intelligenza della realtà.
Il Seminario di oggi può diventare un tassello importante per leggere il tema “salute e migrazioni” partendo dagli aspetti giuridico-normativi, clinico-epidemiologici e socio-assistenziali, e favorendo un dialogo fecondo tra questi aspetti e i contenuti della nostra attività pastorale. I gesti della cura e la cultura dell’ospitalità dicono la qualità delle relazioni di prossimità di una comunità e costruiscono percorsi educativi. Una comunità attenta alle persone migranti e ai problemi connessi alla mobilità umana è una comunità che investe sul futuro, che sa donare e ricevere speranza, che si arricchisce e si sviluppa spiritualmente, moralmente e anche economicamente.
La cura rende ospitale la città e la città ospitale rende utili e proficui i gesti di cura. L’ascolto, la conoscenza e la prossimità ai bisogni e alle fragilità caratterizzano la città ospitale e, d’altra parte, in una città ospitale, ogni cura acquista efficacia più ampia producendo valore aggiunto. Come Chiesa, fedeli al mandato di Cristo Euntes curate infirmos, riprendiamoci il compito di educare all’ospitalità e alla cura, condizioni irrinunciabili di una cittadinanza inclusiva e di vera giustizia sociale, nonché vie efficaci di evangelizzazione.