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L’Apostolato del mare “Stella Maris Taranto” (M.Metrangolo)
Dossier/Inserto

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/11


Nella Diocesi di Taranto la Stella Maris è presente da circa trent’anni. Un’attività ferma solo per qualche tempo finché, su richiesta esplicita di un marittimo, l’attuale Arcivescovo ne ha ripristinato la funzione. In una breve storia dell’Apostolato del Mare notiamo che le sue radici hanno origine tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, quando si costituirono i primi centri di servizi e di preghiera per i marittimi in più città del mondo. Già negli anni ’20, infatti, alcuni missionari scalabriniani accompagnavano gli emigrati sulle navi verso le terre di destinazione. Fu il Papa Pio XI nel 1922 a riconoscere l’ “Apostolato del Mare” approvando e promuovendone l’attività. L’ “Apostolato del Mare”, a cui la Stella Maris oggi fa riferimento, è il Motu Proprio, il documento che ha promulgato Giovanni Paolo II il 31 gennaio del 1997, ponendo particolare attenzione alla pastorale della gente di mare.
Taranto pur essendo una città di mare, anzi viene definita “la città dei due mari” per la presenza di due seni che dividono il mar piccolo dal mar grande, non ha marittimi, non ci sono giovani che s’imbarcano sulle navi mercantili. Essi scelgono la Marina Militare o l’Ilva. In Italia abbiamo ogni anno circa 5 milioni di transiti, di cui circa 60.000 transitano a Taranto. Questi marittimi sono pressoché sconosciuti e difficilmente vengono incontrati.
è gente che proviene da tutti i Paesi del mondo: da noi gli equipaggi mercantili sono formati soprattutto da filippini, russi, ucraini, rumeni, cinesi, polacchi, indiani, turchi, pakistani, italiani. Questi uomini e donne trascorrono la maggior parte della loro vita lavorativa lontano da casa e dalla famiglia , svolgono una professione faticosa e rischiosa in Paesi stranieri spesso impossibilitati ad accedere ai più elementari servizi (la sanità, i bisogni primari).
Forse fra tutti i migranti, i marittimi sono quelli che soffrono maggiormente la solitudine per i tanti mesi a bordo lontano dai propri cari e perché vivono in un luogo per loro innaturale, il mare. Il marittimo a bordo ha bisogno d’incontro, di amicizia. I suoi argomenti sono la famiglia, i problemi di lavoro e il relazionarsi con il comandante e gli altri membri dell’equipaggio. A volte basta un sorriso e un gesto di fraternità per dar loro un momento di gioia.
Così come in altri porti, anche in quello di Taranto non tutti i marittimi possono scendere a terra in virtù di leggi severe, quali l’antiterrorismo, regolamentate dal Codice internazionale per la sicurezza marittima - l’ISPS e inserite nell’ordinamento mondiale dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001. Questo provvedimento ha condizionato lo svolgimento della vita nei porti, individuando anche negli equipaggi della navi in transito uno dei possibili fattori di rischio di terrorismo, cosicché le visite a bordo sono limitate a poche categorie di persone. Il Comando Generale delle CCPP ha cercato di rimediare con due circolari, con le quali si suggerisce ai Comandanti di porto di assimilare i volontari della Stella Maris ai classici operatori marittimi, ai quali è consentita la libera circolazione nei porti.
Attraverso la ricerca Il benessere dei lavoratori del mare effettuata dall’Apostolato del Mare nazionale della Migrantes su 60 porti italiani, abbiamo conosciuto meglio le problematiche dei marittimi. Essi sono relativamente giovani, quasi il 50% non raggiunge i 35 anni, ha una buona scolarizzazione e per il 60% ha una padronanza di due o più lingue straniere.
La religiosità è uno dei pochi punti saldi della gente di mare. Quasi l’84% si dice, in qualche modo, religioso. Questo dato è anche fortemente inficiato dal fatto che sono in forte crescita i marittimi che provengono da culture ateistiche come quelli dei paesi dell’est o dalla Cina (a Taranto abbiamo avuto un cinese che ha chiesto di essere battezzato). Dei cosiddetti credenti circa tre quarti si dichiara cristiano. Anche questo dato si è modificato particolarmente negli ultimi tempi, a causa delle forti restrizioni che il protocollo della Security opera rispetto ai marittimi che provengono dalle aree geografiche culturalmente legate all’Islam (al nostro cappellano un musulmano ha chiesto una Bibbia, nonostante sapesse il pericolo che correva).
Con le poche e brevi telefonate che riescono a fare in due mesi, difficilmente potranno ottenere notizie relative al proprio Paese. Va ricordato l’episodio dei due marittimi srilankesi che, nel 2007, leggendo uno dei bollettini di informazione della Stella Maris, distribuiti a bordo, seppero dell’immane tragedia dello Tsunami avvenuta due mesi prima nel loro Paese. Il volontariato della Stella Maris è la fonte principale cui attingere, per fare accoglienza nel porto e soprattutto a bordo delle navi. Il transito è la loro condizione esistenziale: le navi, infatti, spesso attraccano e mollano gli ormeggi da uno a tre giorni. In questo arco di tempo i marittimi hanno bisogno di mandare i soldi a casa, telefonare alle famiglie, fare le spese, informarsi su quel che succede nei loro Paesi d’origine, chiedere aiuto perché magari non vengono pagati da mesi.
Hanno bisogno di mettere i piedi a terra, di riposarsi, di rilassarsi, anche di giocare, di parlare, di confidarsi. I volontari della Stelle Maris cercano di accoglierli facendoli sentire come a casa propria. I servizi che la Stella Maris offre ai marittimi sono molteplici: schede telefoniche internazionali, possibilità di poter utilizzare il telefono fisso, spedire corrispondenza, fax, leggere giornali e libri in lingua. Spesso si celebra la S. Messa in lingua, soprattutto in inglese, quando il comandante e l’equipaggio ne fanno esplicita richiesta (spesso la si celebra su più navi lo stesso giorno), vogliono conoscere la città e la distanza dal porto mercantile ai vari servizi pubblici, utilizzare un mezzo di trasporto e soprattutto incontrare persone e dialogare con loro. Sono forme di supporto, a volte minimali, ma che per un forestiero rappresentano tanto. Questo è il vero senso dell’accoglienza: poter offrire calore familiare, una sorta di “casa lontano da casa”.
Ritenendo importante la formazione dei volontari, a livello locale si svolgono Corsi di formazione inseriti in progetti della Stella Maris e finanziati dal CSV (Centro Servizi Volontariato). Da quando la Stella Maris è divenuta associazione di volontariato, si riesce a far finanziare i progetti in favore degli immigrati della Migrantes diocesana da più enti. Anche la Festa dei Popoli viene in parte finanziata dal CSV.
La Stella Maris è inserita nella Federazione nazionale delle Stelle Maris la quale tutela l’unitarietà e svolge il compito di coordinamento, indirizzo, verifica per il raggiungimento degli obiettivi, e rappresenta le proprie associate nei confronti di tutti i soggetti, istituzionali, pubblici, privati, di livello nazionale ed internazionale competenti per settore di interesse dell’associazione. A Taranto la Stella Maris lavora in sinergia con le altre istituzioni marittime, con le quali nel 2005 costituì il Comitato locale di Welfare maritttimo insieme alla Capitaneria di Porto, l’Autorità portuale, l’ITF - Sindacato internazionale dei marittimi, Assessorato alle Politiche sociali della Provincia e del Comune e la rappresentanza delle agenzie marittime. Questo Comitato rappresenta un tavolo permanente di guida per le emergenze del mare e per la tutela dei loro diritti. Tutti i comitati locali sono coordinati dal Comitato nazionale di Welfare marittimo.
Ci sono dei casi in cui la rete d’intervento cambia e si coinvolgono altre presenze del territorio, cattoliche e laiche, come ad esempio in due casi gravi di ospedalizzazione di marittimi. Un filippino e un indiano, il primo colpito da un ictus cerebrale e il secondo da multifratture al bacino. Mentre le navi ripartirono, essi furono lasciati in ospedale con le loro valigie. Nei mesi di degenza le turnazioni furono fatte con amore fraterno dai volontari della Stella Maris, di Comunione e Liberazione, dalla Caritas, dagli scouts, da semplici parrocchiani, da un’associazione laica, dai ministri straordinari. Il servizio sociale e sanitario si allertarono per essere più vicini alle loro esigenze.
Lo scorso anno la Stella Maris si è occupata di una nave sequestrata e abbandonata con tutto l’equipaggio nel suo porto. Con il Comitato locale di Welfare si è riusciti a risolvere positivamente il caso. Quello delle navi abbandonate è un fenomeno ormai sempre più ricorrente e conosciuto solo dagli addetti ai lavori.
Il nostro Arcivescovo è stato il promotore della Stella Maris e oltre a essere grande sostenitore morale nei confronti di tutte le realtà cittadine, visita frequentemente i portuali. Anche il Vicario Generale è molto attento alla pastorale svolta nel porto. A seconda del periodo liturgico si svolgono con il Cappellano la Via Crucis, il Triduo pasquale, la catechesi per le realtà portuali, le S. Messe per Pasqua e Natale contemporaneamente su tutte le navi del porto, con l’aiuto del trasmettitore dell’Avvisatore marittimo. Cogliamo sempre l’occasione di riportare a livello locale quello che la Direzione nazionale dell’Apostolato del Mare svolge. Abbiamo infatti potuto organizzare convegni per la presentazione del Dossier della ricerca sui porti italiani e quello sulle navi abbandonate, con la presenza del Direttore nazionale. In aggiunta, periodicamente, si svolgono le Giornate del Marittimo che nell’insieme rappresentano occasioni per sensibilizzare la comunità sociale del volto umano del porto.
Attorno alla gente di mare ruota tutto un mondo di esigenze, urgenze, necessità di cui la gente di una città di mare, spesso vive in maniera distaccata, restando all’oscuro dei problemi umani che le navi portano con sé. Questo è uno degli aspetti della missione che la Stella Maris svolge, insieme al suo primario compito di portare Gesù nel porto, con la speranza di testimoniarlo attraverso le opere di carità.