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L’immigrazione nel cambiamento demografico (G.C.Blangiardo)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/11


Il nuovo Rapporto-proposta del Comitato del Progetto Culturale CEI ha per titolo il “Cambiamento demografico” e nasce con l’obiettivo di favorire un percorso di conoscenza - delle dinamiche demografiche e delle loro ricadute in termini di qualità della vita- che sia in grado di produrre “consapevolezza” e indurre “azione”. In particolare, il Rapporto intende favorire quel clima culturale necessario sia a legittimare atteggiamenti e interventi che valgano ad eliminare, o anche solo ad attenuare, gli effetti negativi delle tendenze in atto, sia a dare supporto alle istituzioni - prima fra tutte la famiglia - che si prodigano per mantenere in vita la trasmissione di risorse, materiali, relazionali e valoriali, entro la popolazione e tra le generazioni.
Nel panorama dei fenomeni che alimentano il cambiamento demografico il Rapporto assegna ampio spazio all’analisi della dinamica migratoria. Una realtà che negli ultimi decenni ha determinato, affiancandosi al calo della natalità, lo scambio di ruolo tra saldo naturale e saldo migratorio: il primo è passato da fortemente positivo a moderatamente negativo (da +371mila unità annue a -16mila), là dove il secondo ha via via seguito un percorso inverso (da -11mila a +389mila).
D’altra parte, se si pensa che all’inizio degli anni Ottanta - quando si raggiunse la piena convinzione circa il carattere strutturale del nuovo fenomeno dell’immigrazione nel nostro Paese - furono censiti solo 321mila stranieri, di cui 211mila residenti (provenienti da Paesi in via di sviluppo o dell’Est Europa in non più del 30% dei casi), va preso atto che la presenza straniera in Italia ha assunto nel corso degli anni una consistenza sempre più marcata. Al 1° gennaio 2011 la stima è di 5,4 milioni di unità, di cui circa 5,2 provenienti da Paesi a forte pressione migratoria (PFPM). La componente in condizione di irregolarità rispetto al soggiorno - spesso impropriamente etichettata come “clandestina” - è valutata in circa 440mila unità ed è indicata in poco meno di 400mila quella di coloro che, benché regolari, non sono iscritti (o non ancora iscritti) all’anagrafe di un comune italiano.
Nel ripercorrere la storia delle migrazioni nel corso degli ultimi decenni non ci si può tuttavia limitare a cogliere, come unico elemento qualificante, la forte crescita numerica delle presenze. Emergono anche importanti indicazioni circa le trasformazioni qualitative della popolazione immigrata: dall’aggiornamento della sua immagine rispetto ai tradizionali caratteri bio-demografici, economici, socio-culturali e familiari, alla ridefinizione della stessa origine dei flussi, anche in relazione alle vicende storico-politiche via via succedutesi nel panorama internazionale. Mentre fino ai primi anni Novanta era il binomio “Nord Africa-Asia centro-orientale e meridionale” a dominare la scena della presenza straniera in Italia, con l’avvento del nuovo secolo sono soprattutto l’Europa dell’est e l’America latina (quand’anche quest’ultima in modo più contenuto), ad affermarsi come nuove origini privilegiate dei movimenti diretti verso il nostro Paese.
Parallelamente alla crescita numerica, la progressiva trasformazione dell’immigrazione straniera da “forza lavoro” a “famiglie” sembra ormai una realtà largamente consolidata. Se già i dati del Censimento del 2001 segnalavano, rispetto a dieci anni prima, l’aumento dal 53,2% al 64,5% del peso relativo delle famiglie con un solo nucleo (in coppia e/o con figli) entro il collettivo di quelle con almeno uno straniero, alcune recenti indagini nazionali - realizzate dalla Fondazione ISMU nel 2005 e nel 2009 - mostrano come la quota di immigrati che vivono in una famiglia di tipo nucleare sia aumentata in un quadriennio di ben 5 punti percentuali per i casi di presenza del coniuge (dal 39,1% degli ultradiciottenni nel 2005 al 44,4% nel 2009) e di 2,5 punti per quelli di nucleo monogenitore. Nel contempo è andata praticamente dimezzandosi (dal 27,5% al 12,6%), la quota di coloro che vivono, da ospiti o in coabitazione, con amici e conoscenti con i quali spesso condividono l’esperienza migratoria. In linea con il rafforzamento delle strutture familiari, la popolazione minorenne si è accresciuta rapidamen- te, triplicandosi in poco meno di un decennio: dai 284mila residenti al Censimento del 2001 a circa 1 milione al 1° gennaio del 2011, di cui più della metà nati in Italia. Un fenomeno, quest’ultimo, che ha decisamente acquisito rilievo: dai meno di 10mila nati nei primi anni Novanta, ai circa 30 mila nel 2001 per poi raggiungere le 78mila unità con il bilancio anagrafico del 2010. Si tratta di un contributo che è certamente importante per dare vitalità alla demografia del nostro Paese, ma che - come il Rapporto giustamente sottolinea - è comunque illusorio ritenere risolutivo al fine di invertire la tendenza al calo della natalità in Italia.
In conclusione, sembra lecito sostenere che l’immigrazione straniera vada orientandosi sempre più verso un modello d’insediamento stabile e definitivo, inserito in un progetto di vita vincolato non già al Paese di provenienza, ma al contesto italiano. Un modello per il quale è strategico il ruolo della famiglia, il cui progressivo radicamento trova riscontro nel consolidamento delle forme nucleari e nell’accrescimento della presenza di minori (sempre più inseriti nel sistema scolastico) favorito altresì dall’aumento dei ricongiungimenti (circa 71mila domande nel 2009 per un totale di 193mila persone richieste, di cui il 53% minori). Si tratta di dinamiche che indicano con chiarezza la mutata progettualità che caratterizza gli attuali flussi verso il nostro Paese: se in passato l’immigrazione costituiva un “momento” della vicenda individuale, un progetto a breve termine che contemplava - almeno come obiettivo - il “mito” del ritorno in patria, oggi il viaggio intrapreso è, sempre più spesso, di sola andata.
Con tali premesse, il sistema familiare può diventare un ponte fondamentale tra il migrante e la nuova cultura, ma può anche dar vita a una fortezza nei confronti della quale gli spazi di dialogo rischiano di ridursi, sin quasi a scomparire. Affinché ci si orienti decisamente nella prima direzione è dunque estremamente importante conoscere e comprendere le caratteristiche e le problematiche che contraddistinguono le famiglie immigrate presenti oggi in Italia, mettendo soprattutto in evidenza quegli aspetti che rendono la famiglia “ostacolo o risorsa” per un reale percorso d’integrazione.

* Gian Carlo Blangiardo
 Professore di Demografia presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Milano “Bicocca” e Direttore del Dipartimento di Statistica nella stessa Università. Visiting professor presso la Pontificia Università Lateranense è membro del Comitato per il Progetto Culturale della CEI, del Gruppo di esperti di Demografia, presso la Commissione Europea, del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, del Comitato Scientifico della Fondazione ISMU, dell’Osservatorio Regionale per i minori della Regione Lombardia e dell’Osservatorio Regionale lombardo sull’Esclusione Sociale, del Comitato direttivo del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha collaborato ed è tuttora impegnato nell’attività di Commissioni e gruppi di lavoro in ambito ministeriale e regionale su temi di carattere socio-demografico. Collabora con i quotidiani “Avvenire”, “L’Eco di Bergamo”,“Il Sole 24 ore”