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Testimonianze dei nomadi (C. Mikic/C. Stojka/P. Suffer/A. Holubova)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/11


Carlo Mikic, Italia
Giovane appartenente al gruppo dei Rom Rudari. Pur essendo cresciuto in un campo nomadi, ha studiato fino alle scuole superiori e testimonia la voglia di un futuro bello che hanno i giovani.
Santo Padre, sono molto contento ed emozionato di essere qui oggi con lei e di prendere la parola!
Mi chiamo Carlo, ho 18 anni e sono un rom e un cittadino pienamente europeo: ho genitori venuti dalla Jugoslavia e sono nato e ho sempre vissuto a Roma.
Sono cresciuto in quelli che chiamano campi nomadi e non è stato semplice. Quando sei un bambino che vive in un campo, a scuola non sei considerato come tutti gli altri. Quando cresci e cerchi un lavoro e nei documenti vedono nell’indirizzo “campo nomadi”, ti dicono no grazie. Lo so ci sono dei rom che sbagliano, che si comportano male, ma la responsabilità è sempre personale e la colpa non è mai di un’etnia o di un popolo.
Noi rom, soprattutto giovani, pensiamo al futuro e sogniamo di poter studiare, lavorare, abitare in una casa, di avere dei documenti. Sembrano cose banali e scontate, ma per troppi zingari non lo sono ancora.
Io sono nato a Roma, anche se purtroppo non sono ancora cittadino italiano, qui ho studiato, ho tanti amici, e qui sto cercando un lavoro, vorrei mettere su famiglia e vivere la mia vita.
Quando penso al futuro, penso a città e paesi dove ci sia posto anche per noi, a pieno titolo, come cittadini come tutti gli altri, non come un popolo da isolare e di cui avere paura. Credo che tutti abbiamo la responsabilità di costruire questo futuro nuovo: rom e gagè insieme!
Ringrazio la Chiesa che insegna a tutti a essere fratelli e sorelle e il Papa che oggi ci ha voluto qui con lui a San Pietro! Grazie.

Ceija Stojka, Austria
La sig.ra Stojka appartiene ad una famiglia di zingari austriaci. E superstite dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen.
Santo Padre! Mi chiamo Ceija Stojka. Quando nacqui in Austria la mia famiglia contava più di 200 persone. Solo sei di noi sono sopravissuti alla guerra e allo sterminio. Quando avevo 9 anni fui deportata con la mia famiglia prima ad Auschwitz, poi a Ravensbrück ed a Bergen-Belsen.
Ero bambina e vedevo morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra i morti e i quasi morti nei campi. E mi chiedevo: perché? Che cosa abbiamo fatto di male? Sentivo gli strilli delle SS, vedevo le donne bionde, le “Aufseherinnen” (guardie/sorveglianti) con i loro cani grandi che ci calpestavano, sento ancora l’odore dei corpi bruciati. Come posso vivere con questi ricordi? Come posso dimenticare quello che abbiamo vissuto? Non è possibile dimenticarlo! E l’Europa non deve dimenticarlo! Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai più svegliare. Ho paura però, che Auschwitz stia solo dormendo.
Per dire la verità: non vedo un futuro per i Rom. L’antigitanismo e le minacce in Ungheria, ma anche in Italia ed in tanti altri posti mi preoccupano molto e mi rendono triste triste!
Ma vorrei dire che i Rom sono i fiori in questo mondo grigio. Hanno bisogno di spazio e di aria per respirare. Se il mondo non cambia adesso, se il mondo non apre porte e finestre, se non costruisce la pace - la pace vera! - affinché i miei pronipoti (il quarto nascerà fra alcuni mesi) abbiano una chance a vivere in questo mondo, allora non so spiegarmi il perché sono sopravissuta ad Auschwitz, Bergen-Belsen e Ravensbrück.
Oggi vedo qui riuniti tante sorelle e fratelli Rom e Sinti da tutta Europa insieme al Papa: questa è un’immagine di gioia e di speranza per il futuro! Grazie Santità!
Pamela Suffer, Italia
E una donna cattolica italiana appartenente al gruppo dei Sinti. Giovane mamma, testimonia l’attaccamento ai piccoli e alla fede del suo popolo.
Beatissimo Padre, La ringrazio per questo invito eccezionale! Mi chiamo Pamela, ho 28 anni sono italiana e appartengo alla comunità dei Sinti. La mia famiglia è in Italia da molti secoli. Oggi ho anch’io una mia famiglia, un marito e due bellissimi bimbi. E sempre a loro che penso, al loro futuro, a come cresceranno e a come vivranno. I bambini sono la speranza delle nostre famiglie e del nostro popolo, ma sono anche molto fragili.
Vorrei per i miei figli e per tutti i bambini Rom e Sinti un futuro di pace e serenità, in cui possano crescere e vivere insieme agli altri bambini d’Europa e del mondo senza essere esclusi e discriminati.
Anche se ho sempre vissuto in un campo, mi ritengo fortunata, ho potuto studiare e sono cittadina, quindi ho documenti e diritti. Quando sono in città nessuno si accorge che sono sinta. E succede anche che qualcuno mi parla male de “gli zingari”!
Santo Padre, sono stata educata alla fede dai miei genitori e ho fatto il catechismo e la comunione con i miei amici della Comunità di Sant’Egidio. Sinceramente davanti al Signore Gesù non mi sono mai sentita diversa, estranea. Io so che l’uomo guarda l’apparenza, ma il Signore guarda il cuore e Lei oggi ce lo dimostra. So che il beato Zeffirino, un gitano come noi, è riuscito a vivere una vita buona, pur essendo un uomo semplice e mite: credo che dobbiamo ancora imparare tanto da lui.
Padre Santo, voglio ringraziarla per questa occasione con un nostro antico augurio: “Kon lacipè kerel, arakhel les o Del” (Colui che fa del bene, è protetto da Dio). Grazie.
Suor Atanazia Holubova, Slovacchia
Si tratta di una donna zingara slovacca divenuta suora Basiliana. Oggi si occupa di pastorale tra i Rom.
Santo Padre, La ringrazio per questa storica occasione di essere qui con Lei, insieme a molti zingari provenienti da tutta Europa. Il mio nome è Atanazia Holubova e sono una suora dell´Ordine di San Basilio Magno. Con il cuore colmo di gratitudine e umiltà ringrazio Dio Padre di avermi chiamato. Penso che Dio abbia adempiuto le sue parole scegliendo il “debole per confondere i forti”. Vengo da un piccolo villaggio, da una grande famiglia di zingari della Slovacchia orientale. I miei genitori credevano in Dio, ma non prendevano parte regolarmente alle celebrazioni in chiesa, eccetto che durante la Pasqua.
Nei miei anni da adolescente ho conosciuto un prete e un gruppo di giovani cristiani. C´incontravamo segretamente sotto il totalitarismo. Per la prima volta sperimentai la gioia e la comunione fondata su Gesù Cristo. A loro non interessava che fossi una zingara. Andavamo a Messa ogni giorno e incontrare delle suore per la prima volta mi aveva fatto sentire che Dio mi stava chiamando per servirlo da suora. Sentii che mi stava chiamando per aiutare gli zingari a trovare la loro via a Lui e scoprire la vera gioia.
Così dopo aver terminato la scuola media secondaria mi unii segretamente all´Ordine per divenire una suora. Sono stata benedetta da Dio durante la mia vita in famiglia e fra gli zingari dove mi aveva mandato. Spero realmente che il Vangelo e l´amore di Gesù possano raggiungere presto molti dei nostri fratelli e sorelle zingari che non lo conoscono ancora e che possiamo essere testimoni fedeli ed ardenti di ciò che abbiamo visto e ricevuto dalla Madre Chiesa. Grazie.