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Notizie storiche della Missione Cattolica Italiana a Göteborg (A. Paolino)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/11


I - Premessa italiana in Svezia
La presenza di operai italiani in Svezia divenne rapidamente numerosa dal 1948 – 49, soprattutto in Stockholm e vicinanze, nelle industrie delle città di Västerás e Göteborg. Altre città ospitarono italiani, ma in minor numero.
Qui presenterò un limitato quadro della presenza italiana in Göteborg. E’ questa città antichissima, sita nel sud-ovest della Svezia, lungo la spiaggia del mare del Nord, detta Kattegat, di fronte all’estremità nordica della Danimarca.
La città possiede ora un vasto ed attivo porto, il maggiore nel nord. Rinomate scuole tecniche attirano studenti stranieri. Soprattutto due grandi fabbriche hanno reso ben nota la città: la fabbrica Volvo che ha dato origine all’altra grande fabbrica S. K. F. (produzione di cuscinetti a sfera).
In questa ultima fabbrica lavorò la maggior parte degli italiani durante circa sessant’anni. La fabbrica è sita nella zona antica della città, sulla sponda del mare.
Durante l’ultima guerra la Svezia, con prudente pazienza, riuscì a mantenersi neutrale.
A guerra terminata era l’unica nazione del nord e dell’est europeo che non aveva subito le terribili distruzioni degli altri paesi. Tale situazione procurò alla Svezia una vasta richiesta di produzione tecnologica. Da qui si accrebbe il benessere svedese.
La Svezia però non riusciva a produrre da sola tutta la produzione richiesta dall’Europa devastata. Questo indusse i tecnici svedesi, nel 1948–49, a importare manodopera specializzata dall’estero. Essi discesero a Torino e in altre città del nord Italia per invitare operai specializzati desiderosi di lavoro.
La loro richiesta incontrò un’abbondante manodopera tecnicamente esperta. Con la partenza per la Svezia di poche decine di operai, si diffuse la notizia imprevista che anche altri operai avrebbero trovato lavoro in quel lontano Paese.
La Svezia ebbe così una grande fortuna. Dal 1950 e negli anni seguenti si trasferirono nelle città di Göteborg varie centinaia di operai italiani.
Non tutti vi rimasero più di un decennio. Quelli che restarono in Göteborg richiamarono le loro famiglie. Si formò così una comunità italiana di circa 500 persone. Operai ed anche operaie provenivano da Torino e vicinanze, dal Friuli, dal Veneto, dalle città toscane di Lucca e Pistoia, da Bologna e provincia.
Emigrarono in Svezia anche operai di altre regioni italiane, ma pochissimi.
L’impressione che gli operai italiani produssero sui dirigenti tecnici svedesi fu eccellente. La loro assiduità al lavoro, la capacità nel risolvere difficoltà impreviste suscitarono un’enorme stima nei dirigenti svedesi.
Quando con l’andar del tempo arrivò qualche operaio italiano non del tutto apprezzabile, gli svedesi stentavano a credere che fosse un italiano.
Qui riferirò un fatto poco credibile, ma vero! La gente ordinaria della città di Göteborg aveva idee strane circa gli italiani. Nei primi giorni del loro arrivo, non pochi svedesi – che mai avevano messo piede fuori di Göteborg – andavano ad osservare se gli operai italiani avevano la pelle bianca o nera…!
II- Assistenza religiosa agli italiani
L’assistenza religiosa agli operai in Svezia fu efficiente – potrei dire – fin dalle prime settimane. Questa assistenza dipendeva dalla Delegazione delle Missioni e Comunità Cattoliche Italiane in Germania e Scandinavia.
I primi ad assistere nella Fede gli immigrati italiani a Göteborg furono successivamente due sacerdoti italiani: P. Damiano e poi P. Tagliaferri.
Essi conoscevano la situazione sociale svedese. Compirono a sostegno degli immigrati una lodevole assistenza religiosa ed anche civile. Celebravano – naturalmente in italiano – la S. Messa domenicale nella chiesa parrocchiale di Göteborg. Questa è sita nella parte nuova della città, distante dalla zona antica poco più di un chilometro. Là risiedevano, in baracche ben costruite, gli italiani.
Tale situazione durò alcuni anni. Infine il terzo missionario iniziò la S. Messa domenicale nel medesimo luogo delle baracche.
Questi fu un Padre del Terzo Ordine Francescano – P. Giuseppe Visentin - che promosse opere di assistenza religiosa per adulti e di educazione per ragazzi, degne di lode.
Il Padre missionario organizzò feste popolari che resero la vita degli immigrati meno pesante e le autorità svedesi si mostrarono attente e favorevoli alle sue varie iniziative.
Non poche famiglie che lavoravano nella fabbrica S.K.F. avevano bambini ed il Padre missionario, per aiutarle, richiese ed ottenne di far venire alcune suore dall’Italia.
Queste compirono opere di educazione e di assistenza per bambini ed anche per adulti, ma, sfortunatamente, restarono nella colonia italiana poco più di due anni e fecero ritorno in Italia per varie circostanze, a me ignote.
Per la S. Messa domenicale il Padre missionario – benché nella zona vi fossero due chiese luterane – optò per la cosiddetta baracca rossa. Lì celebrava per i fedeli cattolici praticanti la domenica mattina, e non erano pochi.
A volte gruppetti di operai provenienti da zone comuniste italiane davano fastidio. Una mattinata festiva alcuni di questi disturbarono fortemente durante la S. Messa. Un coraggioso cattolico li affrontò rovesciando il loro tavolino. L’atto energico portò tranquillità durante le successive domeniche.
Ma era sempre una situazione inadatta per la Messa. Opposto ai cosiddetti comunisti vi era un buon numero di operai che vivevano la loro Fede e coraggiosi nel difenderla.
Non molto tempo dopo il Padre missionario potè disporre di una baracca soltanto per cappella. 
Dopo 15 anni o poco più, il Padre Visentin ritornò in Italia. La sua opera, il benefico impulso esercitato, perseverò per molto tempo. Dopo più di 10 anni ritornò in Svezia per una breve visita e fu una gioia per tutti rivederlo.
Fu un dolore profondo per tutta la Missione nel conoscere, pochi anni dopo, lo scontro automobilistico che stroncò la sua vita.
Il bene esercitato dal Padre Visentin era spesso ricordato dai nostri immigrati.
Che Iddio lo ricompensi nel Cielo!
III – Presenza di p. Amedeo Paolino
Dopo il ritorno in Italia del Padre Visentin, la Missione di Göteborg fu affidata a un missionario della diocesi di Bergamo, P. Giovanni Camozzi. Egli si dedicò anche al lavoro in fabbrica ogni giorno per alcune ore. Questo gli procurò simpatia da parte degli immigrati. Egli comprese i disagi e le difficoltà degli operai immigrati. La sua bontà sostenne e fortificò la Fede e la frequenza ai Sacramenti dei Cattolici praticanti.
Il lavoro apostolico, le incomprensioni che sorsero anche per la sua operosità in fabbrica, gli causarono gravi difficoltà. Infine la sua salute non resse e dovette ritornare in Italia. Il suo esempio, la sua scelta di sacerdote operaio, restò nel cuore degli italiani per molti anni.
Al ritorno in Italia di P. Camozzi la Missione Cattolica restò senza il missionario per più di un anno.
Quando io arrivai in Svezia la comunità italiana nel lavoro e nella posizione sociale era ben sistemata. Vi erano alcuni club fondati da italiani dove i nostri operai si trovavano il sabato sera e la domenica.
Per quanto potei conoscere, gli italiani tutti si dichiaravano cattolici, pur vivendo a volte in disaccordo con l’insegnamento della Chiesa.
Anche nell’Università si era creata una sezione di lingua italiana. Lì incontrai professori di Lingua e Letteratura Italiana provenienti dalle Università italiane.
Col tempo non pochi italiani appresero abbastanza bene lo svedese, preferivano partecipare alla Messa domenicale in svedese, e ciò fu per me un motivo di gioia.
La conoscenza della lingua svedese dava maggiore facilità di contatto con l’ambiente svedese.
Per quanto io osservai, conobbi sì non pochi italiani negligenti nel praticare la Fede Cattolica, ma non conobbi italiani che abbandonarono la Chiesa Cattolica per il Protestantesimo. Al contrario, durante la mia permanenza, alcuni svedesi mi chiesero di essere istruiti nella dottrina Cattolica, per entrare nella Chiesa Cattolica Romana. Con gioia ricordo sempre questi convertiti ed amici svedesi. Istruiti nella Fede Cattolica, conoscendo rettamente il Papato, divennero entusiasti del Papa, che allora era Giovanni Paolo II.
Con il tempo, venendo a maggior contatto con la società svedese, constatai nell’ambiente non cattolico il gran rispetto che si aveva per il Vescovo cattolico di Stockolm e soprattutto per il Papa. E questo non soltanto nel popolo, ma anche nei Sacerdoti, nei Vescovi svedesi non cattolici, con i quali ebbi sinceri contatti e rapporti.
IV – Alcune persone benemerite
Qui ora ricorderò alcune persone che già hanno ricevuto da Dio la ricompensa eterna e che ebbero un influsso nella comunità italiana.
Il console Marciapiedi, persona dignitosa, attiva e animata da sentimenti cristiani. Aveva sposato una svedese non cattolica ma simpatizzante verso il Cattolicesimo. Il console si interessava dei nostri immigrati, li sosteneva nelle difficoltà e comunicava loro coraggio e fiducia. Quando io lo conobbi era già anziano e ritirato a vita privata. Nelle conversazioni che ebbi con lui mi diede buoni consigli e mi informò sui vari aspetti della mentalità nordica. Serenamente passò da questa alla vita eterna.
La Suora Humilina. La persona più conosciuta e benvoluta dalla comunità italiana, fu una suora tedesca: Suor Humilina. Per aiutare gli immigrati italiani imparò la lingua italiana. Durante un trentennio collaborò efficacemente nelle attività religiose e di beneficenza della Missione Cattolica Italiana. Ricordo con ammirazione la sua intensa Fede. Ogni domenica veniva alla Messa in italiano nei diversi luoghi dove si celebrava. Amabile con tutti. Energica nel compiere quanto era doveroso e caritatevole. Insegnava nella scuola cattolica frequentata dalla maggior parte dei figli di famiglie italiane. Da Suor Humilina appresi numerosi aspetti propri della Svezia e della scuola svedese. La sua bontà restò sempre viva nella mente e nel cuore degli italiani in Göteborg.
Il tecnico svedese Gösta Gustavson. Era un convertito che divenne un incredibile aiuto per la Missione italiana. Si era convertito osservando la Chiesa Cattolica. Aveva trascorso alcuni anni in Italia e parlava un discreto italiano. Quando io fui costretto a mutare il locale della cappella per la terza volta durante un biennio, mi diede un enorme aiuto.
Conosceva la legislazione svedese. Offrì la sua esperienza di tecnico nel trasformare un antico e malridotto locale in una decorosa cappella. Con il suo aiuto ebbi un’agile scala mobile dal pian terreno al piano della cappella. Era una necessità per persone anziane o impossibilitate a salire scale. Spesso lo ricordo con affetto e prego per lui.
L’ingegnere Gianoglio Edoardo. Sempre con gratitudine ricordo l’ingegnere Gianoglio Edoardo. Era un cattolico integro, coraggioso, sempre pronto ad aiutare. A tutti dava esempio di integra Fede. Aveva una guida assoluta in ogni decisione: d’ insegnamento della Chiesa. Durante l’ultima infermità nell’ospedale cercava di conversare con altri infermi non cattolici. Uno di loro – dopo che Edoardo passò al premio eterno – mi disse con sincerità: “Desidero lasciare questa vita per vivere a fianco del signor Gianoglio”. Magnifico elogio!
Un cattolico tedesco: Meinolf Striecker. Tra quelli che assistevano alla S. Messa vespertina giornaliera vi era un cattolico tedesco. Si era trasferito in Svezia dopo la guerra. Non ricordo come lo conobbi. Viaggiava spesso per vendere uno speciale suo prodotto. Nei suoi viaggi misurava bene il tempo per giungere alla cappella italiana per partecipare alla S. Messa, quasi ogni sera. La sua Fede semplice e serena, la sua fortezza nel manifestare e vivere la vita cattolica, furono per me e per altri un esempio ammirabile. Mi regalò diverse cose che abbellirono la cappella. Stanco dal lavoro, santamente terminò la vita terrestre.
Il tecnico Giuseppe. Un altro italiano ricorderò che conobbi dopo alcuni anni del mio arrivo in Svezia. Veniva dalla Sicilia. Viveva la Fede senza alcun cedimento di fronte alla società svedese. Quando io gli chiesi di stendere sul vecchio pavimento della cappella un massiccio cuoio, lo fece magistralmente e gratis. Quel cuoio di colore rossiccio mutò l’aspetto del locale che poteva accogliere comodamente centoventi persone. Il suo lavoro restò immutato e decoroso durante molti anni, fino alla scomparsa della cappella. Che Dio ricompensi la sua generosità.
Non pochi altri cattolici italiani dovrei ricordare con riconoscenza per il loro aiuto e sostegno.
Quando tornai in Italia nel 2003 un buon numero di essi rimase in Svezia per pochi altri anni. La loro vita ed amabilità fecero cambiare la mentalità svedese – ereditata da secoli – a riguardo della Chiesa Cattolica.
Non sempre i nostri immigrati diedero uno splendido esempio di vita cattolica. Debbo però dire che questi stessi immigrati nelle discussioni con i protestanti svedesi, sapevano rispondere a domande e confutare false accuse sul Papa presentandolo degnamente.
Giorni felici si alternavano con giorni disgustosi. Eccone uno: Una sera tornai tardi alla Missione per diverse circostanze. Era notte. Trovai con sorpresa la porta della cappella aperta. Salii tranquillamente ed iniziai a leggere qualcosa. All’improvviso sentii un forte rumore nella cappella. Lì vi era un uomo, un chiaro svedese, che tentava di aprire le cassette delle elemosine. Quando mi vide, senza scomporsi, mi ordinò: “Non chiami nessuno!”. La cassetta era quasi vuota. Dopo alcuni secondi si avviò per le scalinate per uscire. Prima di aprire la porta, mi disse: “Scusate il disturbo”, e scomparve. Telefonai ad alcuni amici italiani, che immediatamente vennero e mi rasserenarono. Dopo più di un’ora arrivò anche la polizia svedese.
Questo mi indusse ad essere ristretto nel dare le chiavi ad altri. Non ebbi più dolorose sorprese per 20 anni.
Un parroco svedese non cattolico. Con immenso piacere ricordo un parroco non cattolico. Nell’ambito della sua attività si trovava la maggior parte degli italiani e anche l’ultima cappella cattolica. Si chiamava Hilding Egestäl. Venne a visitarmi qualche settimana dopo che affittai un ampio locale di poco più di 200 metri quadrati – per la cappella, per gli incontri dei cattolici italiani e per la residenza del P. Missionario. Mi diede un sincero benvenuto, e poi mi disse: “La presenza della Chiesa Cattolica nell’ambito della mia parrocchia è per me ed anche per altri non cattolici, motivo di gioia”.
Diventammo amici. Mi aiutò in varie circostanze con la sua conoscenza della legislazione svedese. Non meno cortese fu la sua sposa, direttrice di una scuola media.
Nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un giorno ci riunivamo nella chiesa protestante ed un altro giorno nella cappella cattolica.
Egli aveva una grande ammirazione per il vescovo cattolico e soprattutto per il Papa.
Questo mi indusse ad invitarlo più di una volta a predicare nella cappella in occasione della festa di S. Ignazio di Loyola. Debbo dire che pochissime volte ho ascoltato prediche così ben ordinate e storicamente esatte quanto quelle di questo reverendo della chiesa svedese.
Che Iddio lo ricompensi e lo illumini!
V – Quale beneficio dalla presenza italiana?
Forse mi si può domandare: quale beneficio portò la presenza dei cattolici italiani nella società svedese? Prima di rispondere a questa domanda, debbo dire che non solo italiani, ma anche cattolici di altre nazionalità vennero in quel tempo in Svezia: dalla Polonia, dalla Slovacchia, dalla Slovenia e dalla Croazia. Poi giunsero non pochi cattolici dal Medio Oriente.
Alla domanda posta prima rispondo riferendo l’atteggiamento di un sincero protestante svedese, che io conobbi e divenne mio amico dopo la sua conversione alla Chiesa Cattolica. Egli mi diceva che la sua non conoscenza della Chiesa Cattolica – come per altri svedesi – il suo atteggiamento negativo e i pregiudizi verso i cattolici, nella mentalità nordica erano terribilmente offensivi sin da circa 40 anni addietro. “Io – egli raccontava – per andare alla stazione o ad altro luogo facevo un lungo giro, per non passare davanti alla Chiesa Cattolica, che era la via più corta e comoda”.
Simili pregiudizi li incontrai non poche volte.
Dopo una visita a carcerati, in un carcere distante da Stokholm circa 50 km, chiesi cortesemente ad un impiegato, che tornava nella capitale, un passaggio sulla sua auto. Egli mi guardò e poi mi disse: “Venga pure”. Dopo circa un minuto mi chiese: “Posso farle una domanda?” “Si” – gli risposi – “E’ vero che voi, preti cattolici, portate nascosto un pugnale, pronti a freddare un cattolico che sospettate possa tradirvi?!”
La domanda può sbalordire il lettore. Io ne restai sorpreso. Avevo ascoltato altre calunnie, ma questa no!
“Nessun sacerdote cattolico porta armi. Io neanche un coltellino. Chi vi ha comunicato questa falsità?” – Io risposi.
E lui: “E’ questa una mia convinzione e di altri svedesi come me”.
Io sorridendo gli dissi: “Quel che porto io è il rispetto per tutti, cattolici o non, e per voi un cordiale ringraziamento”.
Le mie poche parole cambiarono il viso ed il suo atteggiamento verso di me. Diventammo quasi amici, ma, dopo quel viaggio, non lo incontrai più.
La presenza degli italiani praticanti la Fede – ed in parte anche dei non praticanti – cambiò la mentalità svedese nella città di Göteborg nei riguardi della Chiesa Cattolica.
Con il tempo la mutua conoscenza di famiglie svedesi ed italiane o di altre nazionalità cattoliche, il lavoro compiuto insieme nella fabbrica, i viaggi estivi di svedesi in Italia, specialmente a Roma, suscitarono simpatie che quasi estinsero la diversità delle origini.
La Chiesa Cattolica aumenta in Svezia. Forse si arriva ad un mezzo milione. Il vescovo cattolico è ora uno svedese convertito in gioventù. Vi sono scuole cattoliche ed anche un’incipiente università.
Che la nostra preghiera renda vigorosa la Chiesa in Svezia!