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Sfida educativa: mobilità umana multietnica e scolarizzazione (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/10


La Redazione di Servizio Migranti, riunita a margine del Convegno nazionale dei Direttori diocesani (Frascati, settembre 2009), ha tra l’altro esaminato il possibile “filo d’Arianna redazionale” per l’anno 2010, ovvero il tema di fondo da sviluppare nella nostra rivista.
Tenendo conto della situazione sociale ed ecclesiale del momento e in considerazione della scelta dei Vescovi italiani per il prossimo decennio pastorale, è stato concordato di scegliere la emergenza o sfida educativa. Ovviamente nell’angolatura che ci è propria, ossia la mobilità umana continuamente ed ovunque confrontata con il multiculturalismo e il pluriconfessionalismo. La discussione ulteriore ha portato poi ad enucleare il di-scorso educativo sotto l’aspetto ed in riferimento alle agenzie educative: la famiglia, la scuola, la Chiesa, la società. Una tematica non solamente importante ed urgente, ma anche vasta e dai molti aspetti. Sarà quindi impossibile trattarla con compiutezza. A noi basti farlo nella sua essenzialità e in tutta chiarezza. E con il concorso necessario degli operatori pastorali.
Va da sé, che questa tematica non esaurirà l’attenzione della nostra rivista interessata anche ad altri temi pastorali ed all’attualità.
Motivi redazionali ci hanno portato alla scelta di iniziare con la formazione scolastica.
* L’interesse e l’attenzione alla formazione intellettuale e scolastica sono in naturale simbiosi tra di loro, li diremmo anzi connaturali al compito di evangelizzazione, lo specifico della Chiesa. Ogni missionario in qualsiasi luogo si trovi apre sempre, secondo le sue possibilità e le situazioni, una scuola, un ambulatorio, una cappella. Evangelizzazione e promozione umana si sostengono e si motivano a vicenda. Anche gli operatori pastorali nella mobilità umana non si sono comportati diversamente. Prima spinti dalla necessità e per rispondere alle esigenze della propria gente e quindi nella emergenza e per la supplenza, poi anche come indicazione ed a modello, ossia con la proposta. Mai hanno pensato ad una sostituzione nei confronti delle competenti istituzioni, molto spesso invece le hanno spronate ad intervenire. In qualche caso hanno organizzato proposte operative alternative per la libertà delle famiglie ed in modo emblematico. La breve carrellata di soluzioni trovate o richieste che qui viene pubblicata ne dà una valida indicazione.
Tra questi, oltre a quelli che verranno illustrati nel corso di questo numero della rivista, possiamo emblematicamente ricordarne alcuni altri. Non vanno infatti dimenticati gli sforzi fatti da alcune Missioni Cattoliche Italiane per mettere in piedi le molto richieste “scuole fai da te” nel primo dopoguerra, come avvenuto a Francoforte negli anni ’50 in Germania, i cui alunni inizialmente scendevano in Italia a sostenere gli esami per convalidare i risultati scolastici e successivamente venivano esaminati in loco da una Commissione governativa italiana.
E a Toronto in Canada venne fatta negli anni ’60-’70 un’azione anche più vasta e incisiva, con il sostegno della IPC (Italian Pastoral Commission), mobilitando le famiglie italiane per ottenere dalla Scuola Cattolica locale (Separate School Board) la costruzione di scuole là dove c’era una forte concentrazione di famiglie italiane ed in ogni caso per tutti l’introduzione curricolare della lingua italiana nelle scuole frequentate dai figli degli italo-canadesi.Una battaglia collegiale coronata da un buon successo.
Ben di più si può trovare, per quanto riguarda il Vecchio Continente, nel Quaderno nr. 1 di Servizio Migranti dedicato a “La scolarizzazione dei ragazzi migranti in Europa” (Ed. UCEI, Roma, 1979).
* Ovunque si nota un processo o almeno una crescita di interesse educativo, che è un po’ la fisiologia delle migrazioni. Infatti dove e quando si innesca un processo migratorio la prima esigenza delle famiglie di qualsiasi comunità sono gli asili e le scuole. Con il passare del tempo e con il succedersi delle generazioni diviene poi preponderante la necessità di case di riposo.
Per la nostra emigrazione in Europa, e prima ancora nelle Americhe, stiamo vivendo in modo sensibile il secondo momento; per la immigrazione in Italia invece siamo evidentemente nel primo. Sia nella prima sia nella seconda fase gli operatori pastorali si sono mostrati sensibili ed attivi. L’evidenza è lì a documentarlo. E questo porta a una considerazione, che occorre ossia essere flessibili e molto attenti ai segni dei tempi che lentamente ed inesorabilmente impongono cambiamenti.
* A monte di tutto questo interessamento sta la preoccupazione di servire alla formazione integrale dei giovani, quali persone umane. Nuovi e migliori conforts, raffinata tecnica, migliore agiatezza economica sono senz’altro un progresso. Ma essi da soli non dicono maturazione della persona e nemmeno crescita in civiltà. Tutto questo ha bisogno di un’anima che sostenga e dia il significato di vero progresso, di società umana maturata. Benedetto XVI più volte ha ricordato che necessita “un nuovo umanesimo”. Ragione e fede devono tornare a dialogare ed a sostenersi. In definitiva una società umana costruita come se Dio non ci fosse diviene poi disumana, come già esperimentato.
Del resto il Vaticano II ha emesso nell’ottobre 1965 una illuminante Dichiarazione sull’educazione cristiana che inizia confermando “l’estrema importanza dell’educazione nella vita dell’uomo e la sua incidenza sempre più grande nel progresso sociale contemporaneo”. E al n. 5 specifica: “Tra tutti gli strumenti educativi un’importanza particolare riveste la scuola, che in forza della sua missione, mentre con cura costante matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara alla vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia tra alunni di carattere e condizione sociale diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca. Essa inoltre costituisce come un centro, alla cui attività ed al cui progresso devono insieme partecipare le famiglie, gli insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religiose, la società civile e tutta la comunità umana.
E dunque meravigliosa e davvero importante la vocazione di quanti, collaborando con i genitori nello svolgimento del loro compito e facendo le veci della comunità umana, si assumono il compito di educare nelle scuole. Una tale vocazione esige speciali doti di mente e di cuore, una preparazione molto accurata, una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento”.
Dall’insieme delle considerazioni e dall’esperienza appare evidente che il buon rapporto, nel rispetto delle responsabilità e competenze, tra famiglia, scuola e Chiesa va a tutto vantaggio della educazione dei giovani e del successo educativo della scuola.
* Da ultimo, certo non esaurendo la vasta problematica, va sottolineata la spesso decisiva influenza della formazione scolastica sull’inserimento delle nuove generazioni di altra cultura nella società di accoglienza e sul dialogo tra culture in classi sempre più multietniche ed anche tra confessioni religiose nell’attuale pluralismo confessionale.
A questo ultimo riguardo, ma anche in buona parte per il primo, una scorciatoia non intelligente e comoda è quella di risolvere il pluralismo ignorando o sottacendo la diversità ed obbligando ad una uniformità al ribasso. Mentre invece la nostra esperienza emigratoria, se pur sofferta, insegna che la diversità è ricchezza e che non disturba l’unità, solo che la si viva con coscienza e responsabilità. Anche a questo deve educare la scuola.