» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
L’immigrazione Moldava in Italia
Rapporto Ambasciata Moldava e Redazione Idos

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/09


Lo studio del quale qui si presenta una sintesi ha alla base un’iniziativa dell’Ambasciata della Repubblica di Moldova a Roma, che, nell’esigenza di inquadrare correttamente il panorama dell’immigrazione moldava in Italia, ha chiesto al Centro Studi e Ricerche Idos, che riunisce i redattori del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, di raccogliere le informazioni statistiche disponibili, mettendole in relazione le une alle altre, così da delineare organicamente il profilo della collettività e predisporre un adeguato piano di azione.
La presenza moldava in Italia ha una storia recente rispetto a quella di molte altre collettività immigrate e, anche per questo, è ancora poco conosciuta sia nelle sue dimensioni quantitative che nei suoi percorsi di confronto, interazione e scambio con la società italiana.
In questo contesto, la ricerca è stata condotta con la doppia finalità di promuovere una conoscenza più attenta e puntuale dell’immigrazione moldava in Italia e di favorire un rapporto più consapevole dei migranti moldavi con il nuovo contesto normativo e amministrativo.
Questo primo spazio di approfondimento organico, auspicabilmente, servirà anche a sollecitare ulteriori studi su aspetti specifici e, quindi, a promuovere interventi adeguati a sostenere un percorso di insediamento che appare sempre più spesso orientato alla stabilità, ravvivando, allo stesso tempo, i collegamenti con la Moldova.
I moldavi in Italia ieri e oggi
L’inizio dell’immigrazione moldava in Italia viene generalmente ricondotto alla fine degli anni ’90, quando la crisi economica e gli elevati tassi di disoccupazione da un lato e la fase di profonda transizione politica dall’altro, hanno fatto dell’emigrazione un fenomeno sociale di crescente rilevanza per la Moldova.
L’Italia, insieme al Portogallo, alla Grecia e alla Spagna, si afferma già in quegli anni come una delle destinazioni principali dei moldavi che prendono la via dell’estero preferendo i territori dell’Unione Europea alla Russia, all’Ucraina o alla Romania, altre importanti mete dei flussi migratori in uscita dal Paese, come anche Israele e la Turchia.
Nel 1999, quando - secondo le stime della Banca Mondiale - in Moldova è stato toccato il massimo livello di povertà (80,9% nelle piccole città, 76,9% nelle località rurali e 50,4% nelle grandi città) e si sono contati più di 100.000 cittadini moldavi impegnati nel lavoro all’estero, la quota di quelli stabilitisi in Italia doveva essere ancora molto contenuta: pur non essendo disponibile il dato disaggregato relativo alla sola presenza moldava, i titolari di permesso di soggiorno provenienti dall’insieme dei Paesi membri della Comunità degli Stati Indipendenti (Russia inclusa) alla fine dell’anno erano poco più di 12.300 (il 3,7% dell’insieme dei titolari di origine est-europea e l’1% del totale, pari a 1.251.994 persone).
Il 2001 è il primo anno per il quale si dispone del dato disaggregato relativo ai soli cittadini moldavi: alla fine di dicembre il Ministero dell’Interno ha conteggiato 4.356 permessi di soggiorno loro intestati, vale a dire appena l’1,1% sul totale dei permessi rilasciati a migranti originari dell’Europa orientale, lo 0,8% rispetto al totale europeo e lo 0,3% sul totale complessivo.
Sono questi gli anni in cui si assiste, in Moldova, a una sorta di corsa alla richiesta della cittadinanza romena (e dunque all’ottenimento del relativo passaporto), soprattutto per poter godere dei vantaggi derivanti dall’avanzamento del percorso di ingresso della Romania nell’UE. E stato stimato che circa 300.000 moldavi abbiano acquisito la doppia cittadinanza prima del 2001 e si presuppone che il loro numero sia fortemente cresciuto proprio a partire da questa data, che segna l’abolizione del visto di ingresso per i romeni in entrata nei Paesi dell’UE. Si può ragionevolmente pensare, quindi, che un certo numero di moldavi si sia stabilito anche in Italia “approfittando” di questo espediente, figurando come romeno nelle statistiche ufficiali.
Il 2002, in Italia, è stato poi l’anno della “grande regolarizzazione” indetta dalla legge 189/2002 (la cosiddetta legge Bossi-Fini). La Moldova, insieme ad altre collettività provenienti dall’Europa orientale (Romania, Ucraina, Albania e Polonia) si è distinta tra le prime dieci nazioni per numero di regolarizzati (all’8° posto). Le domande presentate sono state nel complesso 703.000, di cui 31.217 in favore di lavoratori moldavi (il 4,4% del totale, un’incidenza ben superiore a quella dei moldavi sull’insieme dei soggiornanti stranieri in Italia).
Sul piano dell’incremento delle presenze regolari, l’effetto della regolarizzazione del 2002 si renderà evidente nel corso degli anni successivi, per via delle lungaggini burocratico-amministrative. In ogni caso, la Moldova si distinguerà per un incremento particolarmente importante, con un numero di istanze presentate pari a 4,5 volte il relativo numero di soggiornanti, diventati 36.361 alla fine del 2003 (l’1,7% del totale), rispetto ai 6.861 dell’anno precedente (+430%). Questo ha significato un notevole avanzamento dei moldavi nella graduatoria delle collettività immigrate più numerose in Italia, con un passaggio dal 41° posto del 2002 al 18° della fine del 2003.
E dunque in occasione della “grande regolarizzazione” che la collettività moldava comincia ad emergere come una presenza rilevante nel variegato panorama dell’immigrazione in Italia, secondo una tendenza, poi confermata nel corso degli anni successivi, che dura fino a oggi.
Ma veniamo agli anni più recenti, prendendo come riferimento l’archivio sui residenti stranieri dell’Istat, considerato più esaustivo in quanto comprensivo della componente minorile e meno gravato dal peso delle pratiche arretrate (ovvero persone in attesa di registrazione) rispetto all’archivio ministeriale sui titolari di permesso di soggiorno, seppure anche questo archivio registri dei ritardi conseguenti al lasso di tempo che intercorre tra la concessione del permesso e la registrazione negli archivi anagrafici.
Alla fine del 2008, sono quasi 90.000 i cittadini moldavi iscritti nelle liste anagrafiche dei Comuni italiani (89.924). Rispetto alle 37.971 presenze registrate alla fine del 2004, si è realizzato un incremento eccezionale (+137%), tanto più se messo in relazione con l’aumento dell’insieme della popolazione straniera (+62%). Un’analoga osservazione vale anche in riferimento all’ultimo anno: nel corso del 2008 i residenti moldavi in Italia sono cresciuti di quasi un terzo (+30,4%), a fronte di un aumento medio della popolazione straniera residente del 13,4%.
Questa decisa tendenza alla crescita della presenza moldava in Italia si inserisce nella più generale affermazione del protagonismo dei flussi provenienti dall’Europa orientale nel panorama dell’immigrazione italiana, emerso a partire dalla regolarizzazione del 2002 e progressivamente consolidatosi negli anni più recenti.
A parte la crescita del gruppo dei residenti, non esistono attualmente informazioni utili a quantificare con esattezza il volume dei flussi annuali di ingresso dei moldavi in Italia, in quanto fino alla fine del 2008, quando il ministro Frattini ha inaugurato l’Ambasciata italiana a Chisinau, non ha operato alcuna sede diplomatica italiana in Moldova, con la conseguente necessità di rivolgersi all’Ambasciata italiana in Romania per il rilascio dei visti, un’operazione divenuta estremamente complessa e dispendiosa a seguito dell’ingresso della Romania nell’UE. A partire dall’inizio del 2009 è possibile, invece, richiedere il visto per l’Italia senza doversi recare a Bucarest, con un riflesso positivo anche per la rilevazione statistica dei flussi. In ogni caso, secondo le dichiarazioni del Ministro Frattini, nel corso del 2008 sono stati concessi circa 20.000 visti a cittadini moldavi (Ansa, 25 novembre 2008), mentre dal 28 gennaio - data di apertura dei servizi consolari italiani a Chisinau - al 28 ottobre 2009 sono 19.300 i visti rilasciati, per cui si può ragionevolmente ipotizzare che la collettività moldava in Italia abbia superato, attualmente, la soglia delle 100.000 unità.
L’insediamento territoriale
Quanto alla distribuzione della presenza moldava sul territorio nazionale, si rileva innanzitutto una marcata concentrazione nelle Regioni del Nord Est, dove i moldavi risiedono in oltre la metà dei casi (53,4%, 47.757 persone), a fronte di una quota relativa al totale degli stranieri residenti del 27%. Segue l’area nord occidentale del Paese (20.922 residenti, 23,4% vs 35,1%), con una quota simile a quella coperta dalle Regioni del Centro (17.566, 19,7% vs 25,1%), e, quindi, il Sud (2.871, 3,2% vs 9,1%) e le Isole (308, 0,3% vs 3,7%), che si distinguono per percentuali ancora più contenute di quelle relative al totale dei residenti stranieri. Nel complesso, si delinea l’immagine di una presenza poco uniformemente distribuita sul territorio nazionale, in misura ben più accentuata di quanto avviene per la popolazione immigrata nel suo insieme, che pure, come è noto, tende a concentrarsi nelle aree in grado di offrire maggiori e migliori capacità occupazionali: il Centro-Nord.
Sul piano delle singole regioni, è particolarmente marcato il protagonismo assunto dal Veneto, che da solo raccoglie una quota di residenti moldavi maggiore a quella delle regioni del Nord Ovest o del Centro prese nel loro insieme e ben superiore a quella relativa alla seconda regione in graduatoria, l’Emilia Romagna, che pure accoglie un quinto dell’intera presenza. Sono infatti ben 25.686 i moldavi iscritti nelle anagrafi del Veneto, quasi un terzo di tutti i residenti moldavi in Italia (28,7%), e 17.952 quelli iscritti nei Comuni emiliano-romagnoli (20,1%). A seguire, la Lombardia (12.606, 14,1%), il Lazio (8.386, 9,4%) e il Piemonte (7.112, 8,0%%). La prima regione del Mezzogiorno per numero di residenti moldavi è la Campania (1.229, appena l’1,4% del totale).
A livello provinciale primeggia il territorio di Padova, con un numero di residenti moldavi superiore a quello dell’intero Piemonte (7.807 persone, l’8,7% del totale), e - con una quota appena inferiore - la Provincia di Roma (6.889, 7,7%), che polarizza sul suo territorio oltre i quattro quinti della presenza moldava della Regione Lazio (82,1%). Seguono Venezia (5.834, 6,5%), Verona (4.800, 5,4%%) e Torino (4.756, 5,3%), mentre la prima provincia del Mezzogiorno in graduatoria è quella di Napoli (599, 0,7%). Scendendo nel dettaglio comunale, è Roma che si pone in evidenza come il Comune italiano con il più alto numero di residenti moldavi (4.479, il 5% del totale), seguita da Padova (3.511, 3,9%). L’area romana si caratterizza quindi per essere un’area di insediamento privilegiata dai migranti moldavi, nonostante l’indiscusso protagonismo del Veneto e dell’intero Nord Est.
La stabilizzazione della presenza e l’avanzare del processo di inserimento
La componente femminile risulta nettamente predominante all’interno della collettività moldava, raggiungendo i due terzi del totale alla fine del 2008 (66,4% a fronte di una media calcolata sull’insieme degli stranieri residenti in Italia del 50,8%), ma si assiste a un progressivo aumento anche della presenza maschile, segno di un (lento) processo di normalizzazione demografica attestante un insediamento che comincia ad assumere un carattere familiare. Tradizionalmente, infatti, la scelta dell’Italia - e in generale dei Paesi europei del bacino del Mediterraneo, dove è forte la domanda di lavoro domestico e di cura alla persona - come destinazione delle migrazioni moldave è tendenzialmente caratterizzata dal protagonismo femminile, mentre gli uomini prediligono più diffusamente i trasferimenti verso Est.
Per meglio inquadrare questa evoluzione, si consideri che all’inizio del millennio la quota delle donne si avvicinava ai tre quarti del totale e che il rilevante aumento della collettività registrato nel periodo post-regolarizzazione, oltre che alla tenuta dei permessi per lavoro dei regolarizzati, si lega proprio a un notevole incremento dei permessi per famiglia.
In ogni caso, alla luce delle risultanze dei diversi archivi, sembrerebbe che le migrazioni autonome femminili moldave, largamente convogliate verso il settore della collaborazione domestica, continuino a giocare un ruolo importante all’interno dei flussi d’arrivo più recenti, spesso ancora orientati alla temporaneità.
Ad attestare come al progressivo aumento della presenza moldava, emerso col passaggio al nuovo millennio, si affianchi la graduale stabilizzazione dell’insediamento, è soprattutto il numero crescente di cittadini moldavi nati in Italia. Nel 2001 furono appena 55 i moldavi nati sul territorio italiano, mentre cinque anni più tardi, nel 2006, se ne sono contati 714, con un aumento relativo che appare ben più importante di quello registrato per l’insieme dei nati stranieri in Italia (+1.198% vs +99%) o anche dell’intero gruppo dei cittadini dell’Europa centro-orientale (+154%). Nell’insieme, dal 2001 al 2006 sono stati 2.043 i nuovi nati di cittadinanza moldava iscritti nelle anagrafi dei Comuni italiani. E se si considera l’evoluzione intercorsa negli ultimi anni, si può stimare che attualmente una quota pari al 4-5% dei moldavi in Italia sia costituita da nati direttamente sul posto.
La crescente presenza di bambini e ragazzi è chiaramente attestata anche dai dati relativi ai minori di quattordici anni riportati sul permesso di soggiorno dei genitori e dai dati sul mondo della scuola.
I primi, alla fine del 2008, sono 7.527, ma il dato è sottostimato in ragione dei gravi ritardi accumulati nel tempo nella registrazione dei permessi di soggiorno.
Nell’anno scolastico 2008/09, gli alunni moldavi in Italia sono stati 15.227, con un aumento di oltre un quinto rispetto all’anno precedente, quando se ne contavano 12.564 (+21,2%), e con un’incidenza sul totale degli alunni stranieri iscritti al sistema scolastico italiano del 2,4% (in linea con l’incidenza della collettività sull’insieme degli stranieri residenti in Italia, pari al 2,3%). Rispetto al gruppo degli studenti stranieri, si evidenzia una forte concentrazione dei moldavi nelle scuole medie (27,1 vs 22,2) e soprattutto superiori (35% vs 20,7%), mentre più contenute sono le quote degli iscritti alla scuola dell’infanzia (10,6% vs 19,9%) e alle elementari (27,3 vs 37,2%).
Considerata la storia relativamente recente dell’immigrazione moldava in Italia, questa distribuzione sembra suggerire che tra i minori moldavi prevalgano, rispetto all’insieme degli stranieri, coloro che sono giunti seguendo la via del ricongiungimento familiare, piuttosto che i nati direttamente in Italia (anche se va ricordato che la componente minorile compresa tra 0 e 3 anni d’età sfugge alle statistiche sulla scuola). E infatti al gruppo dei minori ricongiunti che verosimilmente appartengono gli iscritti alle scuole medie e superiori, mentre tra gli alunni delle elementari e delle materne è presumibilmente più alta la quota delle seconde generazioni.
Un ulteriore chiaro segnale del progressivo pieno inserimento in Italia è il numero crescente dei matrimoni misti: nel 2007 quelli tra un partner italiano e uno moldavo sono stati 845 (879 nel 2006), un numero nettamente superiore anche a quello dei matrimoni tra moldavi celebrati in Italia nello stesso anno (156).
Inoltre, seppure l’insediamento della collettività sia un processo ancora incipiente, un certo numero di moldavi immigrati in Italia non rientra più nel gruppo degli stranieri (e dunque non viene più conteggiato come tale), a seguito dell’acquisizione della cittadinanza italiana. Nell’insieme i dati relativi agli anni più recenti (2003-2006) attestano che sono stati 1.204 i cittadini moldavi divenuti cittadini italiani (1,5% delle acquisizioni totali), cui si aggiungono le 627 acquisizioni del 2007.
L’anzianità di soggiorno relativamente bassa e la complessità delle procedure di riferimento sono i primi elementi cui ricondurre la prevalenza assoluta delle concessioni per matrimonio: per accedere alla cittadinanza italiana per lungo residenza si richiedono, in primo luogo, 10 anni di residenza sul territorio dello Stato italiano. Ne consegue che, con l’eccezione di una ventina di casi negli ultimi cinque anni, è il matrimonio con un/a cittadino/a italiano/a ad essere alla base delle acquisizioni di cittadinanza italiana da parte di moldavi, in misura ben più accentuata di quanto non avvenga per la totalità degli stranieri.
Il mondo del lavoro
Secondo l’archivio dell’Inail, sono 77.424 i lavoratori nati in Moldova per i quali nel corso del 2008 è stato registrato almeno un rapporto di lavoro, ovvero poco più di un decimo del totale degli occupati originari dell’Europa centro-orientale (13%) e il 2,6% del totale dei lavoratori dipendenti nati all’estero registrati dall’Istituto. A riprova della rilevanza dei flussi d’ingresso registrati nel corso degli ultimi anni e della crescente partecipazione dei moldavi al sistema economico-produttivo italiano, tra il 2007 e il 2008 il numero dei lavoratori moldavi occupati nel Paese è cresciuto di un quinto (+20%), e questo dopo che nel corso dell’anno precedente si era già rilevato un incremento del 45,9%, secondo soltanto alla crescita fatta registrare dai lavoratori di origine romena e bulgara (per i quali il 2007 ha segnato l’ingresso nell’UE).
Più in particolare, nel 2008 sono stati 14.331 i moldavi assunti in Italia per la prima volta, vale a dire oltre un terzo (36,9%) di quelli che hanno firmato un contratto di lavoro nel corso dell’anno. E non si tratta esclusivamente di giovani o giovani adulti, ma anche, in misura maggiore che nel resto della collettività immigrata, di persone più avanti con l’età. Quasi un terzo dei nuovi assunti nel corso del 2008 ha più di 40 anni (29,6%), un dato che si lega, da un lato, ai nuovi arrivi di persone che scelgono la via della migrazione in età adulta (è il caso soprattutto di donne sole, che partono per sostenere la famiglia rimasta in patria) e, dall’altro, al fatto che, spesso, l’assunzione in piena regola, sancita dalla firma di un regolare contratto, è preceduta da un periodo più o meno lungo di inserimento irregolare, spesso conseguente alla rigidità delle norme sull’ingresso e il lavoro dei non comunitari in Italia e alla particolare precarietà dei principali comparti di inserimento dei moldavi, cui generalmente si associa una scarsa propensione dei datori di lavoro a formalizzare l’assunzione.
Gli occupati di origine moldava registrati dall’Inail nel 2007 sono inseriti nella misura di quasi i tre quarti del totale nei servizi (72,8%), per poco più di un quinto nell’industria (21,7%) e per un ventesimo in agricoltura (5,5%).
Scendendo nel dettaglio dei comparti economico-occupazionali, si evidenziano specifiche traiettorie di inserimento, che vedono gli occupati moldavi concentrarsi innanzitutto nell’ambito del lavoro domestico e di cura alla persona (30,9%) e, in seconda battuta, nell’edilizia (12,1%), nei servizi alle imprese (10%) e nel comparto ristorativo-alberghiero (9%). Rispetto all’insieme delle collettività immigrate, si evidenzia la massiccia concentrazione nella collaborazione domestica e familiare: se gli occupati nati all’estero vi lavorano in poco più di 1 caso su 10 (11,5%), i moldavi lo fanno in quasi un terzo dei casi.
A ulteriore conferma di questa tendenza, in occasione della regolarizzazione di settembre 2009, sono state 25.588 le domande di emersione riguardanti collaboratori domestici e familiari di nazionalità moldava (l’8,7% del totale), un numero inferiore solo alle istanze presentate in favore di lavoratori ucraini o marocchini.
Pur non essendo disponibile la disaggregazione per genere di questi dati, si può verosimilmente affermare che a lavorare come collaboratrici domestiche e familiari siano in via quasi esclusiva le donne, mentre è presumibilmente tutta da ricondurre all’universo maschile l’occupazione in edilizia, in analogia ai modelli di inserimento occupazionale tipici anche di altri gruppi dell’Est Europa (in primo luogo quello romeno), per i quali il lavoro domestico da un lato e l’edilizia dall’altro rappresentano i principali bacini di impiego.
All’interno della collettività moldava le lavoratrici donne giocano tradizionalmente un ruolo da protagoniste, e anche nel 2008 hanno rappresentato i due terzi dei moldavi occupati in Italia (65,8%), contro un valore medio calcolato sul totale dei lavoratori nati nei Paesi dell’Europa centro-orientale ridotto di 20 punti percentuali (48,1%), che diventano 25 se si fa riferimento all’intero gruppo degli occupati nati all’estero (43,3%). Massiccio è il loro inserimento nel lavoro domestico e di cura alla persona, un comparto in cui è forte la domanda delle famiglie italiane, anche in ragione delle carenze del sistema di welfare nazionale, e nel quale le lavoratrici immigrate sono fortemente convogliate.
I cittadini moldavi in Italia, seppure con un lieve ritardo rispetto a quanto si riscontra tra le collettività di più antico insediamento, iniziano anche a distinguersi nel mondo del lavoro autonomo e imprenditoriale. Alla fine del 1998, erano soltanto 2 le imprese individuali costituite da cittadini moldavi in Italia, mentre alla meta del 2008 se ne sono contate 1.493, per la quasi totalità nate dopo il 2002 (96,1%) e per i due quinti nel corso degli ultimi due anni di riferimento (39,5%). In ogni caso, oggi le imprese costituite da cittadini moldavi incidono ancora in maniera piuttosto contenuta sul totale delle imprese a titolarità estera in Italia (0,9%). Quanto ai settori di inserimento, i dati evidenziano la netta concentrazione nel comparto edile, dove queste imprese operano in 7 casi su 10 ( 70,2%).
I moldavi e l’area della devianza
Non disponiamo di dati recenti utili a valutare il coinvolgimento dei migranti moldavi nelle dinamiche della criminalità. In ogni caso, il Dossier Caritas/Migrantes ha recentemente presentato un’indagine, condotta insieme all’agenzia Redattore Sociale, dedicata specificatamente a focalizzare meglio il rapporto tra immigrazione e criminalità, facendo perno sulla distinzione delle persone coinvolte per fasce d’età e per regolarità o meno dello status giuridico e giungendo alle seguenti conclusioni:
- l’aumento dell’immigrazione non corrisponde a un parallelo aumento della criminalità;
- i migranti regolari presentano un tasso di criminalità analogo a quello degli italiani;
- gli irregolari sono maggiormente coinvolti negli addebiti giudiziari, ma questo non giustifica un’aprioristica equiparazione tra irregolari e criminali, come dimostra il fatto che almeno la metà degli attuali quasi quattro milioni di residenti stranieri è stata irregolare.
Queste linee interpretative possono essere applicate anche alla collettività moldava, rispetto alla quale gli unici dati recenti utili a inquadrare gli aspetti considerati sono quelli relativi al carcere.
Alla fine del 2008 sono 211 i cittadini moldavi in carcere in Italia e, nonostante l’insieme della collettività sia caratterizzato dalla prevalenza della componente femminile, si tratta in larga maggioranza di uomini (95,7%, ovvero 202 persone). Un tale andamento, attestante il minore coinvolgimento delle donne nelle dinamiche della criminalità, si e gradualmente consolidato nel corso degli ultimi anni, tra l’altro in parallelo alla crescita della presenza maschile.
D’altra parte, la diminuzione del numero delle donne moldave detenute in Italia registrata nel corso degli ultimi anni si inserisce in una più generale tendenza alla riduzione del gruppo dei detenuti moldavi: dal 2005 al 2008 il loro numero e calato di 79 unità (-0,4%), nonostante la crescita rilevata nel gruppo dei soggiornanti.
Le rimesse inviate dagli immigrati moldavi
Le rimesse costituiscono un aspetto importante della vicenda migratoria almeno per un duplice motivo: per i migranti in primo luogo, che con questi risparmi provvedono a soddisfare le esigenze della famiglia rimasta in patria (sostentamento, formazione dei figli...), come anche a saldare eventuali debiti o a preparare il ritorno produttivo attraverso l’avvio di un’attività in proprio; per il Paese di origine dei migranti stessi, che beneficia in modo indiretto, ma non per questo meno importante, del flusso di denaro in entrata, potendo disporre di un capitale “aggiuntivo” utile non solo ai fini del bilancio complessivo dello Stato, ma anche alla realizzazione di investimenti produttivi. E si pensi che la Moldova riceve dalla rimesse oltre un quarto del Pil nazionale.
Quest’ultimo aspetto è il più promettente, ma finora anche il più deludente rispetto alle politiche messe in campo, poiché i governi dei Paesi di origine non sembrano riuscire ad attrarre i risparmi dei migranti nel solco da loro auspicato. Un’ulteriore carenza nell’utilizzo delle rimesse va ravvisata nel fatto che non si è pervenuti a una triangolazione che coinvolga anche il Paese di occupazione dei migranti, il che permetterebbe di attivare un circuito più efficace per quanto riguarda gli esiti positivi e di conferire maggiore concretezza al legame, continuamente ma perlopiù astrattamente proposto, tra immigrazione e sviluppo.
Le somme inviate in Moldova nel 2008 (53,6 milioni di euro), ripartite tra i 89.924 residenti moldavi in Italia nello stesso anno, evidenziano un invio medio di poco meno di 600 euro l’anno, meno della metà rispetto alla media (circa 1.640 euro) dei quasi 4 milioni di immigrati stranieri residenti nel Paese (per un importo totale di 6,4 miliardi di euro). Sembrerebbe emergere, quindi, una minore capacità di risparmio dei moldavi rispetto all’insieme dei migranti in Italia o, quanto meno, o minore propensione all’invio di rimesse. Questa constatazione va ricondotta principalmente a due ordini di motivi: da un lato, i livelli retributivi dei lavoratori moldavi appaiono tendenzialmente ridotti rispetto alle già contenute medie retributive dei lavoratori immigrati (circa 7.500 euro annui nel 2004 secondo l’Inps, -25,4% rispetto all’insieme dei lavoratori originari nati oltre i confini dell’UE a 15 Stati), dall’altro, essendo la Moldova un Paese relativamente vicino all’Italia, con il quale sono frequenti e ben strutturati i servizi di collegamento e di trasporto di beni e persone, è probabile che in molti preferiscano questo canale per l’invio di beni e di denaro ai familiari rimasti in patria, risparmiando così sui costi di commissione.
 
N.B. Per una analisi organica dei dati statistici sulla collettività moldava in Italia si rimanda al sito internet www.migrantes.it.