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I preti stranieri tra noi (G.Perego)
Una nuova tappa nella storia dell'evangelizzazione italiana

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/09


L’immigrazione: segno dei tempi
Uno dei fenomeni più significativi che sta segnando profondamente molte nostre comunità e parrocchie, dopo quello della secolarizzazione, è certamente quello della mobilità2. Possiamo dire che l’immigrazione è un ‘segno dei tempi’, un luogo in cui la fede e l’esperienza ecclesiale è chiamata a ripensarsi e a riorganizzarsi. Nel mondo ogni anno ormai 200 milioni di persone si muovono a motivo della ricerca di nuove o migliori condizioni di vita, a causa di emergenze ambientali o guerra o fame. I Paesi d’arrivo di queste persone sono soprattutto l’Asia, ma 1 su 10 persone in movimento raggiunge in questi ultimi anni l’Europa. L’Italia, da Paese solo di emigrazione si è trasformato anche in Paese di immigrazione. Sono ormai oltre 4 milioni gli immigrati presenti nel nostro Paese, il 60% dei quali al Nord. Sono persone che provengono da 196 Paesi del mondo e che, arrivati negli anni ‘80 soprattutto nelle grandi città si sono radicati ormai nel tessuto territoriale italiano: abbiamo in Italia 1 immigrato ogni 15 residenti, 1 ogni 15 studenti a scuola, 1 ogni 10 lavoratori occupati; così come 1 matrimonio su 10 ha un partner straniero e 1 bambino su 10 che nasce in Italia ha genitori stranieri3.
Calo delle vocazioni sacerdotali
Il fenomeno della mobilità e delle migrazioni ha incrociato in Europa e in Italia i tempi della crisi delle vocazioni al sacerdozio presbiterale e della vita religiosa. In Italia in questi anni - come titola in maniera significativa un volume edito dalla Fondazione Agnelli - abbiamo avuto una “parabola del clero”4: un clero sempre più anziano, meno vocazioni e sempre più tardi nell’età, nuove comunità anche alla luce dei cicli delle mobilità delle persone (urbanesimo, deurbanizzazione, nuove periferie, nuovi paesi…). Permanendo la situazione attuale, nel 2025 i sacerdoti in Italia da 36.000 si ridurranno a 24.000, distribuiti in quasi 26.000 parrocchie. L’età media dei sacerdoti è di 60 anni: meno del 20% ha un’età inferiore ai 40 anni; più del 42% ha oltre 65 anni.
La presenza dei preti stranieri
La carenza delle vocazioni e l’invecchiamento dei presbiteri che ha incrociato il fenomeno della mobilità e delle migrazioni, unitamente alla forza di attrazione delle Università pontificie soprattutto di Roma, alla presenza in Italia di molte case madri e noviziati di Istituti religiosi, ma anche gli scambi tra diocesi grazie all’esperienza di 700 missionari ‘Fidei donum’, negli ultimi 20 anni hanno portato a una crescita del numero dei preti stranieri non solo nel mondo del clero regolare, ma anche del clero secolare. Secondo l’indagine della Fondazione Agnelli, nel 2005 i preti stranieri erano 1.500, cioè il 4,5% del clero: i più giovani (tra i preti fino ai 40 anni raggiungono la media del 13,5%) e provenienti soprattutto dall’Africa e dall’Europa dell’Est. L’età media dei preti stranieri è di 44,1 anni. I preti stranieri hanno una presenza diversificata nelle regioni ecclesiastiche e diocesi italiane: sono ormai poche le diocesi in cui sono quasi assenti. Le regioni che hanno oltre il 10% dei preti stranieri sono: il Lazio (21,3% del clero totale), l’Abruzzo e il Molise (il 18%), l’Umbria (l’11,8%), la Toscana (il 10,3%). La Lombardia è la regione con la quota minore: non si arriva all’1% (0,9%), mentre nel Triveneto sono il 2% del clero diocesano. Sembra di dover dire che non è l’immigrazione che ha favorito l’arrivo dei preti stranieri in alcune regioni, ma piuttosto, l’emigrazione (Abruzzo-Molise), la secolarizzazione (Toscana e Umbria), la concentrazione delle Università e delle case religiose (il Lazio e in particolare Roma). I paesi di provenienza del clero straniero sono soprattutto la Polonia (462), lo Zaire (96), la Colombia (86), l’India (82); sempre di più provengono dalla Romania, Ungheria, Albania, Lituania, Ucraina,Cecoslovacchia, Nigeria, Madagascar, Congo, Sierra Leone, Burundi, Angola, Ghana, Tanzania, Argentina, Venezuela, Brasile, Stati Uniti, Filippine, Cina, Sri-Lanka, Vietnam.
Preti per le comunità etniche
Solo negli ultimi anni, la nascita di comunità etniche sempre più numerose ha portato - come per i nostri emigranti dalla fine dell’Ottocento, nell’intuizione di vescovi come Scalabrini e Bonomelli - all’esigenza, da parte delle diocesi di vari Paesi del mondo, di affiancare ai loro emigranti sacerdoti provenienti dai Paesi d’origine. Come oltre 500 presbiteri oggi sono ancora in diversi Paesi d’Europa e del mondo a capo di comunità cristiane di emigranti italiani all’estero, 227 dei quali in Europa, dove gli emigranti italiani sono oltre 2 milioni, così, a seguire gli oltre 2 milioni di cristiani, 1 milione e 130 mila dei quali ortodossi, 775.000 cattolici e 139.000 protestanti sono arrivati presbiteri e pastori. I preti stranieri cattolici diocesani dal numero di 1.500 del 2004 - anno della ricerca censita dal volume La parabola del clero - sono diventati nel 2008 circa 2.300. L’aumento del numero del clero straniero negli ultimi anni è stato determinato dal raddoppio della popolazione straniera e dalla nascita di quasi 700 centri pastorali etnici, missioni con cura d’anime e cappellanie. Il coordinamento di queste strutture - affidato in Itala alla Fondazione Migrantes della CEI - ha visto l’individuazione di 15 coordinatori etnici: per gli africani di lingua francese, per gli africani di lingua inglese, per gli albanesi, i cinesi, i filippini, i grecocattolici ucraini, gli srilankesi-cingalesi, gli ungheresi, i vietnamiti, i malgasci, i cattolici del Kerala, i cattolici siro-malabaresi, i polacchi, i lituani5.
L’evangelizzazione sempre al centro
Al centro del servizio dei preti stranieri tra noi, e come prima prospettiva, deve rimanere l’evangelizzazione e lo scambio comunionale tra Chiese, che interessa tutto l’uomo e tutti gli uomini, come richiamava già nel 1975 l’esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii nutiandi. Il Concilio Vaticano II, nel decreto Presbiterorum ordinis, ricordava che “Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’Ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una vastissima e universale missione di salvezza “fino agli ultimi confini della terra”, dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli” (P.O. 10). Questo principio di un servizio del presbitero alla cattolicità, naturalmente supera oggi il contesto territoriale per allargarsi a ogni forma di relazione e incontro nuovi, che la forte mobilità oggi rinnova. Una seconda prospettiva in cui s’inserisce il ministero dei preti stranieri tra noi è certamente quella di aiutare la costruzione di una comunità multiculturale. Ormai non si può non costruire la comunità insieme ad altre persone con cui si lavora, si studia, ci si sposa. Per questo, il prete straniero può essere un ‘ministro’, un servitore prezioso nella costruzione di una Chiesa che sappia ricostruirsi alla luce della nuova storia d’incontri e di mobilità6. In questo senso l’immigrazione può spingere a costruire una nuova tappa nella storia dell’evangelizzazione italiana e una nuova esperienza di fraternità sacerdotale.
Fermo restando che l’evangelizzazione e la comunione , e non altro, debbano guidare lo scambio tra le Chiese anche in ordine ai presbiteri, come ha ricordato la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli nel documento Istruzione sull’invio e la permanenza dei sacerdoti del clero diocesano dei territori di missione, pubblicata il 25 aprile 2001, a firma del cardinale Prefetto Jozef Tomko, occorre da una parte favorire l’accompagnamento delle nuove comunità etniche, lo scambio tra le chiese sorelle, ma al tempo stesso evitare che, ancora una volta, l’egoismo e l’interesse dei ricchi Paesi europei, anche in ordine al servizio dei presbiteri, indebolisca delle forze più giovani e più preparate le chiese dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Giustamente il Card. Tomko, presentando l’Istruzione, ricordò come non fosse possibile che alcune diocesi dell’Africa avessero metà del proprio clero nelle diocesi dell’Europa o degli Stati Uniti. In attuazione alle disposizioni della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e attento ai problemi emersi dalle diocesi italiane, nel 2003 il Consiglio Episcopale Permanente ha approvato una Convenzione per il servizio pastorale in Italia dei presbiteri diocesani provenienti dai territori di missione, una Convenzione per il servizio pastorale in Italia dei presbiteri diocesani provenienti dai territori di missione per motivi di studio, e un Atto di accoglienza per i presbiteri costretti a lasciare il proprio Paese per gravi motivi e incaricati di servizi pastorali nelle diocesi italiane. Per consolidare ulteriormente la cooperazione tra le Chiese, è stata inoltre approvata una Convenzione per il servizio pastorale in Italia dei presbiteri diocesani in stato di necessità provenienti da territori non di missione per motivi di studi. La 51a Assemblea Generale della C.E.I. (Roma, 19-23 maggio 2003) ha deliberato l’assegnazione di un contributo economico alle diocesi che accolgono i sacerdoti stranieri studenti in regime di convenzione7.
 
 
 
1 Articolo pubblicato in Orientamenti pastorali, 10/2009.
2 Mi permetto di rimandare al mio precedente contributo G. Perego, Mobilità e tempi di vita; in: Caritas Italiana-Fondazione Zancan, Vuoti a perdere. Rapporto 2004 su povertà e esclusione sociale, Milano, Feltrinelli, 2004, pp. 52-58.
3 Caritas-Migrantes, Immigrazione. Dossier statistico 2008, Roma, IDOS, 2008.
4 S. Molina, L. Diotallevi, La parabola del clero, Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, 2005. Altre ricerche erano state fatte in Italia, dopo il Concilio, sul clero (Burgalassi, Milanesi…). è la prima volta che in Italia viene, però, compiuta un’analisi demografico-sociologica del clero in servizio delle diocesi con una rigorosa informazione scientifica che offre un quadro dettagliato sulla presenza dei preti nel Paese.
5 Per questi dati cfr. Fondazione Migrantes, Rapporto 2008; in: “Servizio Migranti”, XIX (2009), 3, pp. 170-194.
6 Si possono leggere con utilità i contribuiti nel Quaderno della FONDAZIONE MIGRANTES, L’integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia, Roma, 2009.
7 Il testo della determinazione e delle convenzioni è pubblicato nel Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana, 2003, n. 7, pp. 221-242.