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Il tempo opportuno nella Bibbia (C.Ghidelli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/09


è risaputo che questa espressione ricorre abbastanza spesso nella Bibbia, non sempre però con lo stesso significato; anzi la prima impressione che si riporta è quella di una sua sostanziale ambivalenza. Infatti, come vedremo, c’è una opportunità per fare il bene ma c’è pure una opportunità per fare il male.
è d’obbligo in prima battuta citare il famoso detto di Qoèlet: “Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo” con tutto quello che segue “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…”. La metà delle occupazioni dell’uomo perciò è da ritenere positiva ma l’altra metà è negativa, una metà è bella e una metà è brutta: questo è il minimo che si può dire ed è cosa ovviamente che fa pensare, soprattutto perché emerge subito la necessità e la doverosità del nostro discernimento.
La storia della salvezza ne offre vasta conferma: si direbbe che non c’è momento storico che non cada sotto questa legge fondamentale, la quale paga un prezzo pesante al primo peccato. Ritengo che tutto il discorso che andiamo a svolgere sia intimamente legato al misterioso intreccio di grazia e peccato, di luce e tenebre, di amore e odio, di cielo e terra che caratterizza la storia della salvezza testimoniata nella Bibbia.
Fu una grande opportunità la creazione con tutti i beni che recava con sé, fino alla creazione della prima coppia umana che riuscì a incantare lo stesso Creatore, ma ecco subito una opportunità di segno contrario: il primo peccato con tutte le sue conseguenze.
Fu una stupenda opportunità la liberazione del popolo eletto dall’Egitto, la terra di schiavitù, nella quale il Signore Dio manifestò la sua potenza dinanzi a tutti gli altri popoli, ma la storia che ne seguì è tutta intrisa di infedeltà e di tradimenti ai quali Dio pone rimedio dimostrando la sua infinita capacità di perdono.
Fu certamente una opportunità ancora più grande la nascita del Redentore, che ha fatto brillare sulla terra una luce capace di illuminare non solo Israele ma tutti i popoli, ma ecco che anche Erode cerca subito l’opportunità per impadronirsi del fanciullo allo scopo di interrompere sul nascere una storia che non entrava nei suoi programmi.
Fu certamente una grande opportunità la predicazione di Giovanni il battezzatore, che è venuto a predicare la penitenza in vista della conversione verso Colui che stava per venire, ma anche per Erode venne il tempo opportuno o il giorno propizio per farlo decapitare facendo così tacere una volta per sempre una voce scomoda.
Fu certamente una meravigliosa opportunità la passione-morte di Gesù, con la quale egli portò a termine la sua missione di salvezza universale, ma anche i Giudei cercavano l’opportunità di poterlo tradire con la complicità di Giuda per fermare nel suo epilogo quella strana storia che non era stata possibile spegnere nel suo inizio.
Anche Satana, al termine delle tentazioni alle quali ha voluto sottoporre Gesù, se ne allontana, ma solo per un momento in attesa cioè di una nuova opportunità di sferrare l’ultimo decisivo attacco al Salvatore (si confronti Luca 4,13 con Luca 22,3). Secondo la prospettiva dell’evangelista Luca anche questo “ritorno” di Satana costituisce un kairòs, un tempo opportuno.
Queste e molte altre opportunità registra la storia della salvezza, in ognuna delle quali ci è dato di osservare una cosa semplicissima: l’intreccio quasi inestricabile del bene e del male, del bello e del brutto, del giusto e dell’ingiusto. Nello stesso tempo avvertiamo che è nostra la responsabilità di saper discernere: per sceverare il bene dal male, per optare per il bene contro il male e per realizzare non il male ma il bene.
Dall’ambivalenza passiamo all’ambiguità: infatti altro è il tempo opportuno di Gesù, che gli è dato da Dio, ed altro è il tempo opportuno degli altri, che si gestiscono da soli. Emblematiche queste parole di Gesù: “Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto... Salite voi alla festa; io non salgo alla festa perché il mio tempo non è ancora compiuto” (Giovanni 7,6.8). Anche in Atti 24,25 avvertiamo la stessa ambiguità: infatti il governatore Felice, spaventato per quello che l’apostolo Paolo gli annuncia, trova una scappatoia e afferma: “Ti farò chiamare quando ne avrò il tempo” (cioè quando riterrò venuto il. tempo opportuno per ascoltarti). “Chi non sa stare sotto il kairòs di Dio -commenta molto opportunamente un autore moderno- ritiene di vederlo già predisposto per sé in tutte le possibili occasioni che gli sembrano favorevoli per l’attuazione dei suoi progetti mondani (cfr. Atti 24,25); invece non si tratta di un kairòs genuino, cioè dato veramente da Dio” (G. Delling).
è facile dunque prendere abbagli proprio nel valutare il tempo opportuno. A qualcuno potrebbe sembrare opportuno un tempo che non lo è affatto per Dio; al contrario potrebbe essere venuto il tempo opportuno per Dio e noi non riusciamo o non vogliamo riconoscerlo come tale. è una difficoltà che solo in parte portiamo con noi come retaggio del peccato; in parte invece è iscritta nella complessità degli eventi storici che noi dovremmo imparare a decifrare alla luce della parola di Dio, che è “lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino” (Salmo 119,105).
Ma è soprattutto la decisività la nota che caratterizza il kairòs neotestamentario: in quale senso? Anzitutto nel senso che il kairòs è dono di Dio che rivela la bontà di Dio. Egli si dà a conoscere e a sperimentare in quel kairòs fondamentale che è la presenza di Gesù di Nazaret: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Marco 1,15). Gesù era consapevole che nella sua persona e con la sua presenza nel mondo prendeva inizio quel “tempo forte” della storia della salvezza che divide in due la storia tout-court. Quello di Gesù fu un tempo decisivo per lui e per tutti gli uomini di tutti i tempi.
Ma la decisività è nota caratteristica del kairòs neotestamentario anche nel senso che questo tempo di Dio rivela la severità del giudizio divino, un giudizio che rende irreparabile l’errore: l’errore di Gerusalemme che non ha riconosciuto il kairòs irrepetibile in cui Dio le si è mostrato in Gesù per salvarla (Luca 19,44: è la famosa e tristissima lamentazione di Gesù sulla città santa) o l’errore delle folle che non hanno preso in considerazione il kairòs della decisione religiosa presente nella sua presenza messianica: “Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?” (Luca 12,54).
Infine non deve essere ignorata anche la dimensione etica che si accompagna al “tempo opportuno” segnato ovviamente dalla venuta e dalla presenza del Salvatore. Lo abbiamo già rilevato per Gesù; ora lo riascoltiamo anche dall’apostolo Paolo il quale dopo aver richiamato che “pienezza della Legge è la carità” aggiunge: “E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti” (Romani 10,11). Sembra dire: non c’è tempo da perdere, soprattutto non è consentito sonnecchiare dinanzi all’evento di Gesù di Nazaret. Tanto più la fine è vista in rapporto alla pienezza del tempo presente, che è il tempo di Gesù, tanto più forte e pressante diventa l’istanza etica di questo kairòs.
è ancora l’apostolo Paolo a dirci che il cristiano, in quanto uomo pneumatico, cioè abitato e agito dallo Spirito di Dio, non solo possiede questo kairòs ma ha anche la capacità di riconoscerlo e di attuarne la volontà: “Poiché dunque ne abbiamo l’occasione (kairòs), operiamo il bene verso tutti, sopratutto verso i fratelli nella fede”. Per il cristiano ogni occasione è buona e va colta al volo per dimostrare quanto sia attiva in lui la fede che nutre verso il Signore Gesù: “Comportatevi saggiamente con quelli di fuori, cogliendo ogni occasione” (Colossesi 4,5).