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I bambinio nel circo e nel luna park (L.Cantini)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/09


Non bisogna pensare che quello del Circo e del Luna Park sia un mondo così diverso da quello dei cosiddetti fermi. è però un mondo arcaico che si specchia costantemente in quello circostante con una lenta infiltrazione di mode contemporanee e di valori e disvalori di una società perennemente in corsa. E necessariamente un mondo protetto in se stesso con delle evidenti chiusure, i cui membri non possono mai prescindere dagli interessi comuni e dai giudizi della piccola comunità. La “Gente del Viaggio” è una società emarginata ma molto orgogliosa delle proprie tradizioni e del proprio modo di vivere.
Questo sentire si ritrova anche nei bambini, molto socievoli, ma anche molto attaccati al loro piccolo clan. Normalmente frequentano la scuola pubblica nel luogo dove si trovano ma stentano ad allacciare rapporti affettivi e di collaborazione; il tempo ristretto di frequentazione lascia spazio solo a rapporti superficiali che non richiedano approfondimento; c’è una sorta di inconscia autodifesa di chi non può mantenere a lungo relazioni stabili e necessita troppo spesso di lasciare ambienti e situazioni per re-ambientarsi in situazioni diverse e nuove. Allora ci si deve difendere da allontanamenti troppo dolorosi.
Questa “ginnastica” da una parte crea notevolissime difficoltà per quanto riguarda una programmazione e continuità didattica, dall’altra esercita i bambini ad una capacità di comprensione e di analisi dell’altro.
I bambini crescono presto, e molto precocemente indirizzano il loro futuro. In effetti nel Circo e nel Luna Park la vita è già segnata dalla nascita, lo studio non serve a capire le proprie capacità ed orientare la vita; troppo spesso alla scolarizzazione viene data un’importanza relativa ma ci si sta rendendo sempre più conto quanto questa sia importante ed imprescindibile nelle relazioni col mondo circostante. Presto, molto presto, si assumono piccole e sempre più grandi responsabilità negli ambiti della gestione dell’azienda familiare: dallo spianto all’impianto delle attrezzature di lavoro e di vita, alla gestione dell’attrazione o all’ingresso in pista.
Per comprendere meglio questo stile di vita e quale sia l’impegno da bambini nel circo, riportiamo un articolo apparso sulla rivista “Comunità in Cammino” nel 1976 per la penna di Ruggero Leonardi, giornalista, scrittore e cultore dell’arte circense. L’articolo è certamente datato ma offre una spaccato di vita ancora attuale.
“Il Circo: un modo di essere”
di Ruggero Leonardi
«Il circo non è un lavoro, è un modo di essere. Nessun lavoro afferra un uomo quando è ancora bambino, occupa le sue giornate a tempo pieno e sta con lui fino alla tomba. Invece è proprio questo che fa il circo con l’uomo.
Quando nasce un bambino di circo, nasce a pochi metri da uno chapiteau da cui, ogni giorno, proviene della musica. Quella musica è la sua fortuna e la sua dannazione, è tutto. Il bambino che è dentro quella musica non vuole più uscirne. E infatti ben difficilmente ne uscirà.
Basta andare al circo la mattina, all’ora delle prove, e avere occhi per vedere. Il gioco dei più piccoli è saltare dentro e fuori dalla segatura, camminare sulle mani, sognare verticali ancora impossibili. Qualcuno, nei momenti in cui gli adulti non sorvegliano, azzarda salti da rompersi il collo per il puro piacere di farli. Quelli meno piccoli, con un armamentario di cinture e corde che li preservano da cadute mortali, saltano e saltano agli ordine di qualche istruttore. E saltando imparano che saltare è, insieme, felicità e ferocia. Gli anziani del circo dicono che i giovanissimi di ieri erano più disposti al sacrificio. E probabile. Ma i tempi cambiano, e fuori del circo cambiano più che dentro il circo.
Una volta, durante l’addestramento dei ragazzi, volava anche qualche scudisciata. Oggi, per fortuna, certe abitudini sono scomparse, o quasi. Oggi il maestro si limita a insegnare al ragazzo con quella energia che è necessaria per fargli capire che il salto mortale non si può fare impegnandosi a metà: o ci si impegna con tutto il corpo e tutta la mente, o è meglio non fare nulla. Ma se si fa un paragone tra i ragazzi del mondo fuori del circo ed i ragazzi del circo, salta agli occhi che ben pochi sanno prendere sul serio gli insegnamenti di un maestro quanto i ragazzi del circo.
Dalla casa alla pista sono pochi passi, il ragazzo li percorre quasi senza accorgersene. Comincia prestissimo con flip-flap, corvette e salti mortali, ed un giorno è sotto i riflettori, a fare anche lui qualche cosa per il pubblico. E in un cerchio del diametro di 13 metri che delimita la sua vita, e non sa bene perché. Questo può essere un male, nel senso che il ragazzo non “sceglie” il circo, si fa scegliere dal circo, e in qualche caso può pentirsene più avanti. Ma nella più parte dei casi, è vero il contrario. Al ragazzo è risparmiato un trauma che è un po’ di tutti i tempi ma oggi appare particolarmente esasperato, quello dell’inserimento nel mondo del lavoro. Il figlio dell’operaio, dell’impiegato, del professionista, che col suo pezzo di carta in mano si prepara a fare qualcosa nella vita, è pieno di paure e di incertezze, perché vede il mondo del lavoro come qualcosa di estraneo e di ostile, un mondo che non gli appartiene in nessun modo e in cui potrà fare la sua corsa solo se sarà fortunato e a prezzo di stressanti esperienze. Qualche volta esagera, forse, nelle sue paure; ma certo ha tanti motivi di aver paura.
Per il ragazzo di circo l’inserimento è più dolce, spontaneo. Se non gli viene risparmiata quella, ben più logorante, di fare una lunga anticamera per trovarsi una identità nel mondo degli adulti. Certo il circo non è solo un datore di lavoro, il circo non assume, sposa; ed è uno sposo esigente quanto nessuno sposo in carne ed ossa. Ma offre anche quelle che nessun datore di lavoro dà: un recinto totale, un appagamento. Concede un’adolescenza meno tormentata delle altre e concede anche - non sempre, ma sovente - un più sereno tramonto. Niente come il circo esalta la forza fisica e la giovinezza, eppure l’uomo che perde le forze nel circo invecchia meglio di chi le perde fuori dal circo, soprattutto se invecchia nell’ambito di un gruppo familiare. Non è solo una questione di rispetto da parte dei giovani. Certo nel mondo del circo c’è una tradizione di rispetto per gli anziani che non si riscontra nel mondo di noi “contrasti”. Ma è anche vero che i giovani di circo hanno molto bisogno degli anziani: dei loro consigli, della loro esperienza, del loro appoggio morale e materiale. Il circo è una nave che affronta acque tranquille e acque agitate, e non può permettersi un equipaggio tutto composto da marinai al primo imbarco.
Per questo, molto spesso, l’uomo di circo entra nel circo da bambino e non esce mai e, non sentendosi trattato come un vecchio rudere, campa fino a 80, magari 90, magari 100 anni, malgrado una vita piena di fatiche fisiche. Forse domani anche nel circo le cose andranno diversamente. Oggi vanno così. E fra i tanti motivi di fascino che ha il circo, questo mi sembra il più importante».