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"L'Italia figlia": il Vescovo Geremia Bonomelli e la cura pastorale dei migranti (G.Perego)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/08


 

Un pastore e gli emigranti

Geremia Bonomelli1, nato a Nigoline (BS) nel 1831, viene ordinato sacerdote nel 1855. Dopo gli studi al Collegio romano, dove ebbe maestri il Perrone, il Pazzaglia e lo Schrader, fu insegnante di Dogmatica in Seminario e, dal 1866, parroco di Lovere in Diocesi di Brescia. Nel 1871 viene nominato, quarantenne, vescovo di Cremona. E a Cremona sarà vescovo per 44 anni, fino alla morte, nel 1914, in un impegno pastorale e con un’attività pubblicistica straordinaria. In questo impegno pastorale Bonomelli non potrà non incrociare i problemi della vita sociale del bresciano e del cremonese, che nella seconda metà dell’Ottocento saranno fortemente interessati al fenomeno migratorio. E il vescovo Bonomelli, molto attento alla realtà sociale ed economica, incontrata direttamente prima nella parrocchia di Lovere e poi nella prima visita pastorale (1872-1879) in Diocesi di Cremona, inizierà il suo interessamento verso il fenomeno migratorio, arricchito dalle relazioni con i cremonesi Stefano Jacini (1826-1891)2, economista poi senatore e Ministro del Regno, e Guido Miglioli (1879-1954)3, giovane sindacalista bianco e protagonista delle lotte agrarie nel cremonese.

L’attenzione pastorale al fenomeno dell’emigrazione da parte di Geremia Bonomelli può essere collocata intorno agli anni 1880, dopo la visita pastorale e la considerazione dello spopolamento delle campagne, ma anche in seguito a una o più richieste, provenienti da emigranti bresciani in America del Sud, in particolare dal Brasile, di sacerdoti che li seguissero spiritualmente nelle nuove terre. Si tratta di un’attenzione autonoma, rispetto al vicino vescovo di Piacenza Giovanni Scalabrini4, ma che poi diverrà per i due presuli, proprio a partire da quegli anni, un motivo comune di discussione e lavoro pastorale.

In allegato il Dossier completo