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La nostra esperienza del dialogo cristiano-islamico (G.Sarubbi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/08


 

Il nostro giornale (www.ildialogo.org) si occupa principalmente di dialogo interreligioso ed in particolare di dialogo cristiano-islamico. Siamo il punto di riferimento nazionale della Giornata Ecumenica del dialogo cristiano-islamico che è giunta quest’anno alla sua settima edizione.

Questa iniziativa ha cominciato a muovere i suoi primi passi all’indomani della tragedia dell’11 settembre 2001. Subito dopo quell’evento che ha sconvolto il corso della storia mondiale, un gruppo di cristiani/e di varie confessioni, dal basso, cattolici protestanti ortodossi, teologi, giornalisti, pastori, preti, religiosi/e, si interrogarono sulla necessità di dare vita ad una iniziativa che impedisse la messa in discussione o il rallentamento dei dialoghi in corso fra cristiani e musulmani. Ricordiamo che proprio l’11 settembre erano in corso a Sarajevo importanti colloqui cristiano-islamici e che proprio da lì partirono le prime e decise condanne da parte islamica degli attentati dell’11 settembre che nulla di islamico hanno. Venne così lanciato un appello il 4 novembre del 2001 che chiedeva «alle chiese italiane e ai loro responsabili di prendere in considerazione (nello spirito del documento conciliare “Nostra Aetate”, della “Charta Oecumenica”, delle visite di Giovanni Paolo II a Casablanca e Damasco e del recente incontro di Sarajevo fra i leader delle comunità cristiane e dei musulmani d’Europa) la creazione di una “Giornata del dialogo cristianoislamico”». «Siamo ben consapevoli - affermava il documento - che l’istituzione di una simile Giornata non risolverà certo ogni problema, e che potrebbe - come in altre situazioni simili - risolversi in una sterile celebrazione rituale: siamo convinti, peraltro, che si tratti di un piccolo segnale nella direzione di un incontro che, in ogni caso, sta nella forza delle cose». Questo semplice appello in poco tempo e dal basso raccolse moltissime adesioni. In alcune realtà ci furono adesioni di massa. Aderirono all’appello oltre ai cristiani di tutte le confessioni anche le associazioni musulmane italiane.

L’appello, nato dal basso, ricevette un potente impulso dall’allora Papa Giovanni Paolo II che, per sostenere l’incontro tra cristiani e musulmani ed opporsi alla guerra iniziata l’11 settembre, invitò tutti i cristiani a digiunare in occasione dell’ultimo venerdì di ramadan che quell’anno corrispondeva al 14 dicembre del 2001. Da quell’anno l’ultimo venerdì del ramadan è diventato il momento per celebrare l’incontro fra cristiani e musulmani con la realizzazione ogni anno di alcune centinaia di iniziative sparse su tutto il territorio nazionale, dal nord al sud del paese, nella capitale Roma come nella piccola città di provincia di Avellino o di Desio vicino Milano. Da quell’anno le Moschee esistenti hanno cominciato ad aprirsi al territorio dando vita ad iniziative denominate “Moschee aperte”.

Per sei volte abbiamo celebrato la Giornata del dialogo cristiano-islamico in coincidenza con l’ultimo venerdì di ramadan, data variabile che per tale motivo ha provocato sia una conoscenza maggiore per i cristiani del calendario islamico e delle ricorrenze che vengono vissute dai fratelli musulmani, sia problemi pratici legati alla variabilità della data. Per tutta una serie di considerazioni da quest’anno si è deciso di fissare una data unica per la celebrazione della Giornata Ecumenica del dialogo cristiano-islamico e la data scelta è stata quella del 27 ottobre, in ricordo del primo incontro interreligioso per la pace di Assisi del 27 ottobre del 1986 promosso sempre da Giovanni Paolo II.

Da sette anni il nostro sito www.ildialogo.org è dunque impegnato a raccogliere e pubblicare le notizie delle iniziative che vengono promosse localmente diffondendole poi a livello nazionale. Svolgiamo cioè una funzione organizzativa da un lato e “culturale” dall’altro, pubblicando documenti e articoli di riflessione sia di parte islamica che cristiana per favorire la reciproca conoscenza, base fondamentale di ogni dialogo. Cerchiamo di svolgere una funzione di stimolo all’incontro e al superamento della islamofobia che, a partire dall’11 settembre del 2001, si è amplificata notevolmente nel nostro paese e nel mondo, diventando in Italia la bandiera di alcune forze politiche di destra che oggi sono al governo del Paese.

In questa azione abbiamo incontrato e collaborato con molti migranti di religione musulmana. Come è noto la stragrande maggioranza dei musulmani presenti in Italia proviene dai paesi a maggioranza islamica, principalmente dal medio oriente, che per lo più risiedono in Italia da oltre trent’anni e sono oramai alla seconda generazione, e dal nord-africa. La componente autoctona dell’islam italiana è largamente minoritaria. La principale organizzazione islamica italiana, che è l’U.C.O.I.I., ha al proprio interno anche una componente non arabofona che cura gli immigrati provenienti principalmente dall’Asia. Molto attive in Italia, anche se minoritarie, sono la componente Sciita, che conta due organizzazioni con sedi a Roma e Napoli, e quella Sufi, quest’ultima principalmente grazie all’attività della Confraternita sufi Jerrahi-Halveti, guidata per l’Italia dal prof. Gabriele Mandel Khân, che ha al suo interno oltre ai migranti anche una consistente componente autoctona.

Tutte le organizzazioni islamiche prima citate sono sinceramente interessate al dialogo sia con i cristiani sia al dialogo interreligioso più in generale. Lo abbiamo sperimentato concretamente in questi sette anni partecipando a numerose iniziative che le stesse organizzazioni islamiche italiane hanno realizzato in giro per l’Italia. In questi sette anni moltissime iniziative della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico sono state in realtà momenti di dialogo interreligioso, con la partecipazione anche di ebrei, buddisti, induisti, Bahai ecc. Non sono mancati neppure momenti di confronto sul piano internazionale con delegazioni interreligiose provenienti da paesi del medio-oriente o dall’Africa. Proprio nel mese di ottobre 2008 la Confraternita sufi Jerrahi-Halveti ha organizzato a Milano un Simposio internazionale di Cultura e Spiritualità che ha coinvolto esponenti di tutte le religioni. Dal 31 maggio al 3 giugno si sono svolti incontri islamo-cristiani ad Ancona, Milano, Mestre-Venezia, Firenze, organizzati da U.CO.I.I., CooDI, Comunità Islamica Venezia e Provincia, Centro Islamico Culturale delle Marche che ha coinvolto importanti realtà cristiane come ad esempio a Firenze il Centro Internazionale Studenti “Giorgio la Pira”. A questa serie di incontri, a cui abbiamo potuto partecipare, era presente una delegazione islamo-cristiana proveniente dal medio-oriente. Ci sono alcune realtà dove il dialogo cristiano-islamico è così sentito che questo avviene praticamente per tutto l’anno, con scambi continui di visite in occasione delle reciproche feste religiose. è il caso del “Gruppo Camminare Insieme” di Fiorano in provincia di Modena ma analoghe realtà sono diffuse su tutto il territorio nazionale.

In generale possiamo affermare che la componente organizzata dell’Islam italiano è molto sensibile e aperta al dialogo con i cristiani. Questa componente sta vivendo con profonda preoccupazione l’ondata di islamofobia che si è scatenata anche nel nostro paese e che non ha alcuna motivazione reale, ne pratica ne tantomeno religiosa.

L’islamofobia si sta scaricando oggi principalmente sui nuovi migranti, quelli che sono giunti in Italia negli ultimi anni e che in genere e per motivi di forza maggiore non conosce e non si rapporta con le organizzazioni islamiche italiane. Queste persone stanno cominciando a vivere il proprio essere musulmano con grande preoccupazione e spesso tendono a nascondere la propria fede. Situazione analoga abbiamo potuto riscontrare anche con migranti provenienti dall’est europeo di religione ortodossa.

L’islamofobia è un fenomeno molto grave che si basa, come tutte le forme di razzismo religioso, sulla ignoranza totale della religione che viene combattuta e sulla paura del diverso che viene agitata a più non posso. E come tutti i razzismi viene esercitata, da chi gode di privilegi e di piccoli o grandi poteri, nei confronti dei più deboli della società ed in particolare nei confronti dei migranti. Noi cerchiamo perciò in tutti i modi possibili di diffondere innanzitutto la conoscenza dell’islam ma anche di altre religioni e sosteniamo con decisione l’affermazione che non esistono motivi validi che possano portare cristiani e musulmani a combattersi.

Giovanni Paolo II chiamava gli ebrei “fratelli maggiori” e tutti conoscono la storia bimillenaria di conflitto fra ebrei e cristiani. Se gli ebrei sono per i cristiani i “fratelli maggiori”, i musulmani possono sicuramente considerarsi come “fratelli gemelli” tanti e tali sono i punti di contatto fra cristiani e musulmani, basta leggere il Corano, che inequivocabilmente dicono come la storia delle origini dell’islam e del cristianesimo siano profondamente intrecciate.

Abbiamo perciò la necessità di diffondere la conoscenza reciproca e di combattere le ondate di paure che vengono diffuse ad arte e che hanno provocato, anche recentemente, gravi lutti e violenze di tipo inequivocabilmente razziale. Sulla lotta all’islamofobia è necessario un impegno deciso di tutte le religioni ed in particolare dei cristiani.

Ed è proprio per combattere l’islamofobia che quest’anno il tema della VII Giornata del dialogo cristiano-islamico è stato quello della “Gioia del dialogo”. Un tema controcorrente che è nato proprio dalla constatazione del clima di paura e odio molto diffuso nel nostro Paese che sta provocando lutti continui e che rischia di chiuderci in noi stessi e può portarci a considerare come propri nemici chiunque incontriamo. La paura produce morte, la gioia produce vita e di vita noi tutti abbiamo bisogno. Abbiamo così proposto questo tema perché tutti abbiamo diritto alla gioia, abbiamo diritto alla diversità che è connaturata con il mistero della vita che è in ognuno di noi, qualsiasi sia il colore della nostra pelle, la nostra religione, la nostra cultura, la nostra condizione sociale, la nostra etnia. Insieme senza discriminazioni possiamo vivere meglio il mistero della vita che interroga le nostre coscienze dando un futuro all’umanità. La paura invece è morte. Occorre ritrovare nel cuore di ciascuno il coraggio di sperare. è questo l’augurio che facciamo a tutti e che il 27 ottobre scorso è stato vissuto in un centinaio di realtà nel nostro paese.