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Il dialogo "pubblicato": 10 anni di esperienza de "Il dialogo Al Hiwàr" (A.Negri)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/08


 

All’inizio del 1999 il Centro Federico Peirone (TO) pubblicava il primo numero del suo organo di stampa, “il dialogo al hiwàr, bimestrale di cultura, esperienza e dibattito del Centro Federico Peirone”. Il titolo chiarisce bene scopi e destinatari: essere una voce del dialogo cristianoislamico (al hiwàr significa “dialogo” in lingua araba), mediante l’informazione e la conoscenza critica (cultura, dibattito), facendosi portavoce delle esperienze dialogiche in atto nella Chiesa, nella società italiana - vista nel contesto europeo - e verso il mondo islamico “plurale” presente in Italia. La decisone di pubblicare è una delle felici intuizioni della fase pionieristica e creativa del Centro Peirone, che ha iniziato le sue attività nel 1995. Serve un anno di discussione tra i membri del Centro Peirone per pensare questo strumento di comunicazione, unico nel suo genere. Per scelta, la rivista non sarà l’ulteriore voce degli specialisti del settore né vetrina di articoli scientifici per un pubblico d’élite. Resta l’opzione culturale, che determina la composizione della redazione, che si avvale sia di giornalisti professionisti che di competenti del mondo islamico. Infatti, siamo convinti che, per dialogare, occorre conoscere bene il proprio interlocutore. Quest’opzione rappresenta un orientamento stabile della rivista. Non diamo per scontato né che i cristiani siano ben consapevoli del patrimonio prezioso della Tradizione evangelica, con il rischio di metterla a repentaglio nel dialogo interreligioso privo di discernimento, né tantomeno che conoscano la storia dei secolari rapporti cristianoislamici, di cui il “dialogo” rappresenta la recente svolta conciliare di Lumen Gentium § 3 e Nostra Aetate n. 3, in sostanza una scelta unilaterale della Chiesa conciliare ispirata dallo Spirito. Il “plurale” mondo islamico, nei suoi vertici, ha impiegato del tempo a recepire questo fatto sorprendentemente nuovo del dialogo, mentre la base, le popolazioni islamiche dei vari paesi, sono in larga misura, ancora oggi, ignari e distanti dalla “questione” del dialogo cristianoislamico. D’altra parte, la nostra redazione ha ricevuto da cristiani di casa nostra attestati di “ingenuità” e, talvolta, vere e proprie lettere di improperi, in sostanza con l’accusa di consegnare il cristianesimo e la civiltà occidentale nelle mani del “nemico”. In realtà, chi ci ha seguiti in questi anni (invitiamo coloro che non conoscono la rivista a leggere “il dialogo al hiwàr” on line, fino all’anno 2007, nel nostro sito www.centro-peirone.it) sa che abbiamo speso molti articoli per sviscerare e “raccontare” il complesso mondo islamico sotto molti profili, religioso, sociale, sociologico, storico, politico, artistico ecc. Abbiamo offerto un ampio panorama del “pluralismo” islamico, distinguendo, con meticolosità quasi bizantina, tra un imàm e l’altro, tra i diversi movimenti islamici, tra i vari paesi a maggioranza islamica ecc. Come non possiamo parlare di cristianesimo in modo astratto, ma dei cristiani e delle loro molteplici differenze dottrinali, storiche, liturgiche, locali ecc., altrettanto dobbiamo comportarci con i musulmani. Altro è, ad esempio, parlare dei musulmani “conservatori” - tra cui un buon numero dei dirigenti e i fedeli delle “sale di preghiera”, immigrati nel nostro paese -, altro è identificare tutti i musulmani con al-Qida e Bin Laden. Per far comprendere le numerose differenze - che non si devono annullare per facilitare l opzione del dialogo- abbiamo pubblicato una lunga teoria di temi comparati (Dio, la fede, il credo, la legge, la mistica, lo stato ecc.). La bontà del nostro approccio è confermata dall’uso de “il dialogo al hiwàr” da parte di alcuni docenti accademici di materie islamiche, che attingono alla nostra rivista per surrogare e illustrare concretamente la lezione cattedratica con articoli che rappresentano la situazione reale. Una studentessa dell’Università di Padova ha dedicato (2004) la tesi della fine del primo ciclo universitario alla nostra rivista (titolo della tesi: “al-hiwàr. Una rivista per il dialogo. Analisi del discorso socio-religioso tra Cristianesimo e Islam”). Qualche studente universitario, lettore della rivista, ha chiesto aiuto al Centro Peirone per abbozzare l’indice e la bibliografia della propria tesi sull’argomento del dialogo cristianoislamico. La rivista vive il primo periodo della sua esistenza sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, il quale, ha sottolineato in particolare il dialogo dei “credenti in Dio”, a qualunque religione appartengano. L’evento interreligioso di Assisi (1986, replicato nel 2002) ha segnato una svolta e un nuova tappa del dialogo. Dopo le speranze postconciliari, deluse, di un proficuo confronto teologico, incarnato in una decina di “colloqui” tematici fra specialisti cristiani e musulmani, che rinnovava l’antica tradizione dei colloqui cristianoislamici promossi dai califfi abbasidi alla Bayt al-hikma di Baghdad (IX sec.), la “convocazione” di Assisi gettava nuove basi per il dialogo interreligioso nella preghiera rivolta al Dio Unico, il cui Nome è “pace”, invocato da tutte le religioni per coesistere nella pace. Dopo Assisi, gli incontri interreligiosi di preghiera sono proseguiti sullo stesso modello. Certamente hanno favorito la frequentazione e la conoscenza reciproca di molti personaggi religiosi, tra cui numerosi musulmani. Non ci sfuggiva però il fatto che si prestavano ad un duplice rischio: in primo luogo, di essere incontri di vertice, che impegnavano solo i partecipanti mentre la “base” dei musulmani era assente, disinformata e indifferente. Molti di questi incontri, promossi da gruppi diocesani, hanno ricalcato - indebitamente - il modello degli incontri ecumenici, perciò non hanno coinvolto la partecipazione dei musulmani ma solo di qualche imàm. Questo rischio, non è mai completamente superabile, dal momento che nell’islàm non esiste gerarchia né autorità universalmente riconosciuta; in secondo luogo, che gli incontri di “dialogo” celassero anche scopi “politici”, in primis quello di ottenere la patente di “islàm moderato”, da spendere poi in richieste di riconoscimento sul piano socio-politico. Ben conoscendo il nostro interlocutore, abbiamo preferito e suggerito ai cristiani l’impegno nel dialogo di base, o “dal basso”, vis a vis, quello che viene chiamato nei documenti ecclesiali “il dialogo della vita quotidiana”, che avviene negli ambienti di lavoro e nella scuola o in determinate strutture ecclesiale, come gli oratori multiculturali o in occasione di “Estate ragazzi”, nei doposcuola multiculturali istituiti da associazioni di laici cristiani o da religiosi, nelle scuole di lingua italiana per donne musulmane, nelle mense e nei dormitori, nei rapporti tra gruppi di famiglie cristiane e famiglie musulmane, nei matrimoni misti, nelle comunità alloggio cristiane che ospitano ragazzi musulmani ecc.. A queste esperienze “il dialogo al hiwàr” ha dato particolare rilievo. Una nuova rubrica, intanto, iniziava la presentazione di personaggi, cristiani e musulmani, che si sono spesi o si spendono per la buona riuscita del dialogo. Con l’aumentare della presenza dei musulmani in Italia, i ricongiungimenti familiari e la conseguente moltiplicazione dei centri di culto1 ha assunto un’importanza crescente la questione della “integrazione”. Dall’altra parte, l’attentato aereo alle Twin Towers (2001), con tutte le conseguenze culturali e belliche, ha indotto l’Occidente, cristiano o laico, così come i paesi islamici, a nuove riflessioni riguardo ai reciproci rapporti tra mondi culturali “differenti”. Il Centro Peirone, e di riflesso “il dialogo al hiwàr”, hanno raccolto l’impegno dell’integrazione dei musulmani in Italia, nella linea esposta dal Card. Martini, emerito Arcivescovo di Milano, nella sua lettera aperta alla diocesi milanese, Noi e l’Islam2. Guardando al fenomeno dell’immigrazione, la questione dell’integrazione - osservava il Cardinale - è stata disattesa (p. 14). I musulmani non possono pretendere l’applicazione della legge islamica (sharî‘a) in alternativa alle leggi italiane (p. 15) ma devono accettare “i principi della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e il principio giuridico dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge” (p. 16). In questa prospettiva, “il dialogo al hiwàr” ha trattato temi d’attualità come la natura, la formazione culturale e il ruolo degli imàm nella società, l’implantazione della comunità islamica nel territorio e l’esistenza di diverse correnti di pensiero islamico, il ruolo della moschea in emigrazione3, i problemi legati all’osservanza rituale, dell’alimentazione, del vestiario, la condizione di subordinazione della donna musulmana immigrata, le discussioni riguardo ai contenuti dell’insegnamento e la polemica rispetto alle tradizioni e ai simboli cristiani nella scuola, l’affacciarsi della “seconda” generazione portatrice di nuovi stili di vita4. Ma il nostro sguardo ha spaziato sull’Europa, fotografando i problemi dell’integrazione nelle nuove società multireligiose: citiamo la manifestazione contro la proibizione del velo islamico in pubblico, in Francia, la rivendicazione della libertà di stampa e di satira religiosa in Danimarca (pubblicazione delle vignette riguardanti Maometto), la possibilità di critica dei simboli islamici, in Olanda (omicidio del regista Teo Van Gogh ad opera di un musulmano), l’integrazione “comunitarista” in Inghilterra e il ritorno dell’islamismo di “terza generazione” (attentati di Londra) ecc.

Quando il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti pubblicò il suo documento5, ci siamo sostanzialmente specchiati, in particolare nei § 59-69 dedicati ai migranti di religione non cristiana e ai musulmani.

Con Papa Benedetto XVI vede la luce un’altra prospettiva del dialogo cristiano-islamico, stante il fatto che il dialogo “teologico” resta difficile e che la preghiera interreligiosa mostra i suoi limiti, se non si traduce in un coinvolgimento comune nella realizzazione dei valori della persona umana. Il dialogo infrange un nuovo passo, diventa dialogo “culturale” o “etico” e chiama in causa lo strumento della ragione, congiunta con la fede. Dopo un impasse mozzafiato, dovuto alla ricezione islamica del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI, la sollecitazione finalmente viene raccolta. E stata pubblicata la “lettera dei 138” musulmani - diventati 275 strada facendo - indirizzata al Papa, in primis, e a tutte le Chiese. Così Roma, dal 4 al 6 novembre 2008 ha ospitato si è svolto il Primo Seminario del Forum cattolico-musulmano, con la partecipazione di una delegazione di dotti musulmani e una di dotti cattolici. Il Forum ha già stabilito che il prossimo Seminario si svolgerà in un paese musulmano, tra 2 anni. I temi discussi sono molto importanti: Dio “Amore” congiunto con l’amore del prossimo, la vita umana come dono di Dio da tutelare, la dignità della persona umana, la libertà di coscienza e di religione, i diritti delle minoranze religiose, la natura sociale della religione, l’esigenza di un nuovo sistema finanziario etico ecc. Il Centro Peirone e il suo bimestrale “il dialogo al hiwàr” si sono sintonizzati per recepire anche questi nuovi orientamenti.

 1 Non c’è l’anagrafe dei Centri di culto islamici in Italia, abbiamo solo stime, che parlano di circa 700-800 sale di preghiera in Italia nel 2008

2 Martini Carlo Maria, Noi e l’islam. Dall’accoglienza al dialogo, Milano 1990

3 Si veda la ns. inchiesta: Augusto Tino Negri-Silvia Scaranari Introvigne (a cura di), Musulmani in Piemonte: in moschea, al lavoro, nel contesto sociale, Guerini e Associati, Milano 2005

4 Si veda la ns. seconda inchiesta: Augusto Tino Negri-Silvia Scaranari Introvigne (a cura di), I ragazzi musulmani nella scuola statale. Il caso del Piemonte, L’Harmattan Italia, Torino 2008

5 Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Erga migrantes caritas Christi, Istruzione del 14-5-2004.