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Diritti Umani: Dichiarazione da attuare (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/08


 

Il 1° dicembre 1948 tutti gli Stati membri dell’Assemblea Generale ONU riuniti a Parigi approvarono (con la sola astensione di 8 Stati, ma con nessun voto contrario) la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” (abbreviata in “Dudu”), la quale dopo un Preambolo, nel quale viene precisato che la Dudu rappresenta un “ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni”, fissa in 30 articoli i valori comuni ad ogni popolo, al di là di ogni e qualsiasi differenza di lingua, tradizioni, culture, religioni, per fondare il proprio sistema di regole interne: universalità; individualità; uguaglianza; non-discriminazione; tutela contro ogni violenza; nessuna schiavitù e nessuna tortura; diritto alla vita; diritto alla libertà, alla sicurezza, alla cittadinanza, al lavoro, alla religione, all’istruzione, alla salute, al giudizio, allo svago, all’asilo politico… Ed è importante sottolineare quanto dettato dall’art. 2, ossia che l’insieme dei diritti e delle libertà affermati non sono legati alla cittadinanza, bensì spettano alla persona umana in quanto tale: “A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. E si specifica ulteriormente che nessuna distinzione va fatta “sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale, del paese o del territorio…”.

Anche la “libertà di movimento” è contemplata e viene affermata all’art. 13: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato; ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese”.

La Seconda Guerra Mondiale, chiusa tragicamente da appena tre anni, costituiva un monito per tutti i popoli a non ripetere mai più tali errori e tanto orrore. E già nel suo inizio (1941) aveva spinto due nazioni belligeranti, USA e Gran Bretagna, nelle persone di F.D. Roosvelt e W. Churchill, a stendere la cosidetta “Carta Atlantica” che abbozzava alcuni fondamentali indirizzi di ordine internazionale: non allargamento di confini territoriali, restituzione dei diritti sovrani agli Stati che ne erano stati privati con la forza, abbandono della guerra per costruire invece un’era di pace e di stabilità.

Ma, come visto, la “Dudu” va ben oltre.

Essa ha avuto due anni di gestazione: una prima proposta è del 1946; poi nel 1947 viene formato un Comitato di stesura, presieduto dalla vedova Eleonora Roosvelt; segue la bozza finale, su redazione del francese René Cassin che viene proposta nel settembre 1948 a Ginevra, sottoposta infine il 10 dicembre dello stesso anno all’approvazione della Assemblea Generale. Il primo articolo riecheggia i princìpi della Rivoluzione francese, libertà-uguaglianza-fraternità (secondo la “Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen” del 26 agosto 1789): “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

Vale la pena ricordare questo 60° anniversario della “Dudu” come valida piattaforma comune di diritti e di dignità umani, anche se purtroppo spessissimo e in molte sue affermazioni (conflitti, oppressioni e torture in primo luogo) resta clamorosamente disattesa. E va sottolineata al riguardo la elevata sublimazione fattane da Paolo VI con la più volte proclamata “civiltà dell’amore”.