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Un calcio contro il razzismo (L.Caffagnini)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/08


 

I Mondiali antirazzisti

“Mai come oggi gli zingari sono nell’occidente ricco visti come gli ultimi! Qualcuno diceva che gli ultimi saranno i primi! Noi non vogliamo né essere primi né ultimi! Noi vogliamo solo essere”. è la frizzante auto-presentazione dei giovani rom della squadra Cd rom di Roma che ha partecipato lo scorso luglio a Casalecchio di Reno (BO) ai Mondiali antirazzisti 2008, manifestazione organizzata da Progetto Ultrà, Uisp e Istoreco per “dare un calcio al razzismo”.

I Mondiali antirazzisti hanno esordito nel 1997 a Montefiorino (MO), in seguito si sono spostati a Montecchio Emilia, e dal 2007 sono ospitati a Casalecchio (BO). Da piccolo evento lungo lo spazio di un giorno con sole otto squadre in gara e un’ottantina di partecipanti, italiani e migranti, oggi siamo di fronte a una manifestazione internazionale di cinque giorni che raduna diverse migliaia di uomini e donne da diverse parti d’Europa e del mondo. Bastano alcune sigle: Magreb Sampdoria, Associazione araba Novellara, Punjabis, Texas Repubblica anti border patrol, squadra anglo-americana che ha per motto “one world no border”.

Nel 2008 le squadre iscritte sono state 201, e rappresentavano 40 nazionalità. Nella cornice della vita da campeggio, che fa convergere esperienze diverse, non si gioca solo a pallone: ci sono tornei minori di basket, pallavolo e cricket. E c’è spazio per la musica, le danze e la cucina, che intrecciano tradizioni del mondo e luoghi per la discussione, come la Piazza antirazzista e lo Spazio Fusion dove comunità di migranti e associazioni di promozione sociale presentano le loro culture, organizzano mostre fotografiche, proiettano video ed espongono i frutti delle loro attività. In questo modo i Mondiali antirazzisti hanno assunto anno dopo anno la fisionomia di un evento multiculturale.

Un gesto simbolico ha caratterizzato l’edizione 2008: la raccolta delle impronte digitali dei partecipanti e la consegna ai rom presenti per dire no all’intolleranza e ai recenti provvedimenti di governo lesivi verso le popolazioni rom e sinte. Le due minoranze erano rappresentate, oltre dai cd-rom; un nome che esprime bene la contaminazione tra culture, dallo Steaua Sirius, squadra formata da volontari dell’associazione Harambe - “Noi insieme” - e da ragazzi rom rumeni che vivono in un campo di accoglienza di Bologna; dall’Fc Spolu, una squadra di giovani rom della Slovacchia che attraverso lo sport operano a Bratislava contro il razzismo, e dagli “Zingari per caso”, una formazione di rom abruzzesi del campo nomadi di Casalecchio di Reno, contiguo al recinto della manifestazione.

Ai Mondiali antirazzisti 2008 hanno partecipato anche squadre formate da migranti forzati, i rifugiati politici: “Casa Amani Team”, giovani rifugiati politici ospitati dalla Caritas di Bologna originari di Afghanistan, Eritrea, Congo, Angola; “Buddha”, ragazzi afghani di Bologna; “Cittadini del mondo”, giovani rifugiati politici di Varese. Una squadra di rifugiati politici e richiedenti asilo, che nei Mondiali ha trovato il trampolino di lancio, è “Liberi Nantes F.C”, nata da un’associazione sportiva dilettantistica promossa nel 2007 da Uisp (Unione italiana sport per tutti) e Fondazione Di Liegro che si propone di “promuovere, diffondere e garantire la libertà di accesso all’attività sportiva a quelle donne e a quegli uomini che per i motivi più differenti, ma sempre e comunque drammatici e laceranti, hanno dovuto lasciare il proprio Paese e i propri affetti, per scappare da qualcosa o da qualcuno che nega loro la dignità di esseri umani e la libertà di poterlo esprimere senza rischiare di subire ritorsioni, traumi e violenze, spesso inaudite”.

I “Liberi Nantes” sono 25 giovani che vivono in centri di accoglienza di Roma, fuggiti da 10 Paesi di Africa e Medio Oriente a causa della guerra e di persecuzioni. Dopo l’esperienza nei Mondiali antirazzisti sono approdati al Campionato provinciale romano di terza categoria. è la prima volta che una squadra formata da rifugiati e richiedenti asilo partecipa a una gara della Federazione italiana giuoco calcio - entrata grazie a una deroga sul numero dei giocatori “extracomunitari” ammessi in una squadra- , anche se i risultati non saranno validi per la classifica.

Un laboratorio interculturale

Dalle parole di Ashley Green, uno degli organizzatori dei Mondiali antirazzisti, membro del “Progetto Ultrà” della Uisp, due tra le sigle che nel 1999 hanno fondato la rete FarE (Football against racism in Europe), che in ottobre ha organizzato l’Action-week, una settimana europea di tornei multietnici contro il razzismo, emerge la valenza della manifestazione: “Il progetto che sta alla base dei Mondiali antirazzisti era già attivo nel 1995. Il contesto dell’iniziativa, che si propone di prevenire la violenza e il razzismo negli stadi e fuori, è quella del grande cambiamento a livello di migrazioni e di percezione della realtà che ha caratterizzato l’Italia negli anni ‘90. “Ci proponevamo di offrire un’immagine diversa da quella dell’immigrato problematico e di tifosi razzisti e di far conoscere le realtà immigrate e i gruppi di tifosi antirazzisti che già frequentavano gli stadi. Il torneo, che è partito radunando le comunità immigrate e gruppi di ultras, e oggi annovera anche associazioni, si potrebbe definire un laboratorio di convivenza e intercultura che ha favorito la conoscenza reciproca, l’amicizia e lo sviluppo di altre iniziative che hanno anche lo scopo della sensibilizzazione sul tema del razzismo”.

Dal racconto di Green, italo-americano, emerge che i Mondiali, non solo nei quattro giorni in cui vanno in onda, ma anche nelle fasi preparatorie, rappresentano uno spazio che le comunità immigrate hanno a disposizione per esprimersi e rappresentano il luogo di incontro e di interazione tra loro e i nativi.  L’organizzatore cita l’esempio dello “Spazio Fusion” della manifestazione, un luogo autogestito dai migranti di Asterisco radio, una radio sul web espressione delle comunità migranti di Bologna, e dal Centro interculturale Massimo Zonarelli ed anche la collaborazione tra gli organizzatori dei Mondiali e i giovani del campo nomadi di rom abruzzesi che confina con l’area dei Mondiali. “Già dalla prima edizione di Casalecchio i rom si sono lasciati coinvolgere, hanno lavorato con noi, mostrando la voglia di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli atteggiamenti discriminatori e violenti subiti dal loro popolo, che in Italia oggi è una delle forme più evidenti di razzismo che occorre contrastare”.

Mario Spinelli, 31 anni, residente al campo, padre rom e madre sinta, conferma la positività dell’esperienza. Metronotte la sera, di giorno Spinelli lavora sempre per il Comune di Casalecchio. E nell’estate 2007 un servizio che sembrava uguale a tanti altri: l’allestimento di un quartiere fieristico, proprio di fronte al campo dove viveva. Ma non era così. Si trattava dei Mondiali antirazzisti. Mario e altri giovani del campo impegnati dal Comune hanno sì costruito recinti e stand, impiantato container, custodito parcheggi, ma al contempo hanno vissuto un’esperienza interculturale. “Ci siamo introdotti bene, abbiamo lavorato e ci siamo divertiti. Tutte le attività richieste le abbiamo svolte insieme, dandoci una mano a vicenda, e poi abbiamo mangiato insieme, ci siamo confrontati partecipando ai dibattiti e giocando a calcio con la nostra squadra creata apposta per questa occasione. Come noi tutta la gente del campo è andata ai Mondiali, ha fatto la spesa nelle bancarelle, ha bevuto ai bar. Questa gente non ti guarda male, ci sentiamo accolti nel vero senso della parola, ci rispettiamo. La cosa più bella è stare in mezzo agli altri senza che ti facciano sentire a disagio per chi sei e chi non sei,..”.

Per il giovane rom partecipare alla manifestazione “è stato come andare a trovare dei parenti, o come ci si dovrebbe sentire a scuola: uguali ma diversi per cultura, senza sentirsi giudicati. Una persona non va giudicata. Se sbaglia, è bello che possa riconoscerlo e chiedere scusa. è bello poter vivere tranquilli nella propria mentalità e rispettare gli altri”. Continuerete? “Sempre, finché ci verrà offerta la possibilità”.