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Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato - 18 gennaio 2009
San Paolo migrante, Apostolo delle genti

Cari fratelli e sorelle,

questŽanno il Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha come tema: "San Paolo migrante, Apostolo delle genti", e prende spunto dalla felice coincidenza dellŽAnno Giubilare da me indetto in onore dellŽApostolo in occasione del bimillenario della sua nascita. La predicazione e lŽopera di mediazione fra le diverse culture e il Vangelo, operata da Paolo "migrante per vocazione", costituiscono in effetti un significativo punto di riferimento anche per chi si trova coinvolto nel movimento migratorio contemporaneo.

Nato in una famiglia di ebrei emigrati a Tarso di Cilicia, Saulo venne educato nella lingua e nella cultura ebraica ed ellenistica, valorizzando il contesto culturale romano. Dopo che sulla via di Damasco avvenne il suo incontro con Cristo (cfr Gal 1,13–16), egli, pur non rinnegando le proprie "tradizioni" e nutrendo stima e gratitudine verso il Giudaismo e la Legge (cfr Rm 9,1–5; 10,1; 2 Cor 11,22; Gal 1,13–14; Fil 3,3–6), senza esitazioni e ripensamenti si dedicò alla nuova missione con coraggio ed entusiasmo, docile al comando del Signore: "Ti manderò lontano, tra i pagani" (At 22,21). La sua esistenza cambiò radicalmente (cfr Fil 3,7–11): per lui Gesù divenne la ragion dŽessere e il motivo ispiratore dellŽimpegno apostolico a servizio del Vangelo. Da persecutore dei cristiani si tramutò in apostolo di Cristo.

Guidato dallo Spirito Santo, si prodigò senza riserve, perché fosse annunciato a tutti, senza distinzione di nazionalità e di cultura, il Vangelo che è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco" (Rm 1,16). Nei suoi viaggi apostolici, nonostante ripetute opposizioni, proclamava dapprima il Vangelo nelle sinagoghe, accordando attenzione innanzitutto ai suoi connazionali in diaspora (cfr At 18,4–6). Se da essi veniva rifiutato, si rivolgeva ai pagani, facendosi autentico "missionario dei migranti", migrante lui stesso e itinerante ambasciatore di Gesù Cristo, per invitare ogni persona a diventare, nel Figlio di Dio, «nuova creatura" (2 Cor 5,17).

La proclamazione del kerygma gli fece attraversare i mari del Vicino Oriente e percorrere le strade dellŽEuropa, fino a giungere a Roma. Partì da Antiochia, dove il Vangelo fu annunciato a popolazioni non appartenenti al Giudaismo, e i discepoli di Gesù per la prima volta furono chiamati "cristiani" (cfr At 11,20.26). La sua vita e la sua predicazione furono interamente orientate a far conoscere e amare Gesù da tutti, perché in Lui tutti i popoli sono chiamati a diventare un solo popolo.

Questa è, anche al presente, nellŽera della globalizzazione, la missione della Chiesa e di ogni battezzato; missione che con attenta sollecitudine pastorale si dirige pure al variegato universo dei migranti – studenti fuori sede, immigrati, rifugiati, profughi, sfollati – includendo coloro che sono vittime delle schiavitù moderne, come ad esempio nella tratta degli esseri umani. Anche oggi va proposto il messaggio della salvezza con lo stesso atteggiamento dellŽApostolo delle genti, tenendo conto delle diverse situazioni sociali e culturali, e delle particolari difficoltà di ciascuno in conseguenza della condizione di migrante e di itinerante. Formulo lŽauspicio che ogni comunità cristiana possa nutrire il medesimo fervore apostolico di san Paolo che, pur di annunciare a tutti lŽamore salvifico del Padre (Rm 8,15–16; Gal 4,6) per "guadagnarne il maggior numero a Cristo» (1 Cor 9,19) si fece "debole con i deboli ... tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22). Il suo esempio sia anche per noi di stimolo a farci solidali con questi nostri fratelli e sorelle e a promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza fra etnie, culture e religioni diverse.

Ma quale fu il segreto dellŽApostolo delle genti? Lo zelo missionario e la foga del lottatore, che lo contraddistinsero, scaturivano dal fatto che egli, "conquistato da Cristo" (Fil 3,12), restò a Lui così intimamente unito da sentirsi partecipe della sua stessa vita, attraverso "la comunione con le sue sofferenze» (Fil 3,10; cfr anche Rm 8,17; 2Cor 4,8– 12; Col 1, 24). Qui è la sorgente dellŽardore apostolico di san Paolo, il quale racconta: "Colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani" (Gal 1,15–16; cfr anche Rm 15,15–16). Con Cristo si sentì "con–crocifisso", tanto da poter affermare: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). E nessuna difficoltà gli impedì di proseguire nella sua coraggiosa azione evangelizzatrice in città cosmopolite come Roma e Corinto che, in quel tempo, erano popolate da un mosaico di etnie e di culture.

Leggendo gli Atti degli Apostoli e le Lettere che Paolo rivolge a vari destinatari, si coglie un modello di Chiesa non esclusiva, bensì aperta a tutti, formata da credenti senza distinzioni di cultura e di razza: ogni battezzato è, in effetti, membro vivo dellŽunico Corpo di Cristo. In tale ottica, la solidarietà fraterna, che si traduce in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine gioiosa verso gli altri, acquista un rilievo singolare. Non è tuttavia possibile realizzare questa dimensione di fraterna accoglienza vicendevole, insegna sempre san Paolo, senza la disponibilità allŽascolto e allŽaccoglienza della Parola predicata e praticata (cfr 1 Ts 1,6), Parola che sollecita tutti allŽimitazione di Cristo (cfr Ef 5,1–2) nellŽimitazione dellŽApostolo (cfr 1 Cor 11,1). E pertanto, più la comunità è unita a Cristo, più diviene sollecita nei confronti del prossimo, rifuggendo il giudizio, il disprezzo e lo scandalo, e aprendosi allŽaccoglienza reciproca , (cfr Rm 14,1–3; 15, 7) . Conformati a Cristo, i credenti si sentono in Lui "fratelli", figli dello stesso Padre (Rm 8,14–16; Gal 3,26; 4,6). Questo tesoro di fratellanza li rende "premurosi nellŽospitalità" (Rm 12,13), che è figlia primogenita dellŽagapé (cfr 1 Tim 3,2; 5,10; Tt 1,8; Fm 17).

Si realizza in tal modo la promessa del Signore: "Io vi accoglierò e sarò per voi come un padre e voi mi sarete come figli e figlie" (2 Cor 6,17–18). Se di questo siamo consapevoli, come non farci carico di quanti, in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società? A loro va data prioritaria attenzione poiché, parafrasando un noto testo paolino, "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio" (1 Cor 1,27–29).

Cari fratelli e sorelle, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il 18 gennaio 2009, sia per tutti uno stimolo a vivere in pienezza lŽamore fraterno senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni, nella convinzione che è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e noi possiamo aiutarlo (cfr Deus caritas est, n. 15). LŽinsegnamento e lŽesempio di san Paolo, umile–grande Apostolo e migrante, evangelizzatore di popoli e culture, ci sproni a comprendere che lŽesercizio della carità costituisce il culmine e la sintesi dellŽintera vita cristiana. Il comandamento dellŽamore – noi lo sappiamo bene – si alimenta quando i discepoli di Cristo partecipano uniti alla mensa dellŽEucaristia che è, per eccellenza, il Sacramento della fraternità e dellŽamore. E come Gesù nel Cenacolo, al dono dellŽEucaristia unì il comandamento nuovo dellŽamore fraterno, così i suoi "amici", seguendo le orme di Cristo, che si è fatto "servo" dellŽumanità, e sostenuti dalla sua Grazia, non possono non... dedicarsi al servizio vicendevole, facendosi carico gli uni degli altri secondo quanto lo stesso san Paolo raccomanda: "Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo" (Gal 6,2). Solo in questo modo cresce lŽamore tra i credenti e verso tutti (cfr 1 Ts 3,12).

Cari fratelli e sorelle, non stanchiamoci di proclamare e testimoniare questa "Buona Novella" con entusiasmo, senza paura e risparmio di energie! NellŽamore è condensato lŽintero messaggio evangelico e gli autentici discepoli di Cristo si riconoscono dal mutuo loro amarsi e dalla loro accoglienza verso tutti. Ci ottenga questo dono lŽApostolo Paolo e specialmente Maria, Madre dellŽaccoglienza e dellŽamore. Mentre invoco la protezione divina su quanti sono impegnati nellŽaiutare i migranti e, più in generale, sul vasto mondo dellŽemigrazione, assicuro per ciascuno un costante ricordo nella preghiera ed imparto con affetto a tutti la Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 24 agosto 2008