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Scolarizzazione dei figli dei nostri emigrati in Germania (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/08


La formazione scolastica dei figli dei nostri emigrati in Germania è sempre stata giudicata carente. Ma le ragioni vere e profonde di questa insufficienza non sono state mai veramente chiarite perché mai ne è stata data una spiegazione sostanzialmente convincente. Ricordo personalmente, ancora nei tardi anni ‘60, in una riunione sulle problematiche degli “operai stranieri in Germania”, che l’allora Presidente dell’Ufficio Federale del Lavoro di Norimberga, il sig. Sabel, mi disse: “Questo problema, della insufficienza scolastica dei figli degli italiani veramente non lo comprendo: bisogna approfondirlo perché non è giustificabile”. Da allora poco o nulla è cambiato a giudicare dal dibattito ancora in corso.

Riporto qui parzialmente una riflessione di Chiara Saraceno su La Stampa del 16 aprile u.s.:

“Il mistero dell’insuccesso scolastico dei ragazzi italiani s’intitola un lungo articolo apparso sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. In Germania tra i ragazzi con un’origine migratoria alle spalle quelli italiani presentano i risultati scolastici peggiori fin dai primi anni. Più degli altri sono classificati come «lenti ad apprendere», quando non «problematici» e spostati in classi differenziali. Inoltre, dopo le elementari (che durano solo quattro anni), più d’ogni altro gruppo etnico-linguistico - inclusi turchi e greci - vengono iscritti nelle Hauptschule: un percorso scolastico breve, che non consente di proseguire gli studi. Circa la metà dei ragazzi di origine italiana è quindi destinata a lavori a bassa qualificazione e si trova a competere per l’apprendistato con chi, avendo frequentato almeno la Realschule o il ginnasio, ha due anni di scolarità in più. La differenza con i ragazzi d’origine spagnola, che pure condividono con gli italiani storie familiari migratorie, religione e differenze linguistiche dal tedesco simili, è notevole: solo poco più di un quarto degli spagnoli frequenta la Gauptschule e una percentuale maggiore, anche se largamente inferiore a quella dei ragazzi di origine tedesca, va al ginnasio”.

E per spiegare il fenomeno prosegue: “Le ragioni più visibili di questo insuccesso sono due: scarse competenze linguistiche e mancata comprensione, da parte dei genitori, del sistema scolastico tedesco. La prima spiega le difficoltà d’apprendimento. La seconda spiega la leggerezza con cui i genitori, abituati al sistema italiano in cui le scelte vere si fanno dopo le medie, già a 10 anni avviano i figli verso strade senza uscita, in un sistema sia scolastico che professionale così stratificato come quello tedesco. Ma perché - si chiede la giornalista - i ragazzi d’origine italiana non riescono a sviluppare competenze linguistiche adeguate, a differenza di spagnoli, francesi, polacchi, romeni? Perché nelle famiglie e nel vicinato si continua a parlare italiano o un dialetto imbastardito”.

E, come conclusione, osserva: “I tedeschi stanno da qualche tempo interrogandosi sull’adeguatezza del loro sistema scolastico, sulle molte strozzature e vincoli di cui è costellato creando svantaggi legati non alle capacità, ma alle origini sociali e a scelte troppo precoci. L’insuccesso scolastico dei ragazzi di origine italiana e turca è uno dei motivi che sollecita questa riflessione critica”.

Sull’argomento è tornato anche il notiziario della Missione Cattolica Italiana di Colonia, nel numero 2/08, dove Giuseppe Floridia, a mio giudizio giustamente, invita a tener conto di un rapporto centrale e ineludibile anche per la formazione scolastica dei ragazzi, la famiglia.

Ancora gli ultimi della classe

“In un articolo dei primi di febbraio del settimanale Die Zeit, a firma del giornalista Martin Spiewack, si legge che gli scolari italiani detengono il triste primato di essere agli ultimi posti in classifica nella scuola tedesca.

Secondo la statistica fornita dallo stesso giornale, più della metà dei nostri ragazzi frequenta la Hauptschule (ndr. Scuola elementare) 48,3% (senza magari terminarla) e la Förderschule (ndr. Scuola differenziale) 8,6%. Gli altri si distribuiscono in 22% nella Realschule (ndr. Scuola professionale), l’11,2% nella Gesamtschule e appena il 14,2% nel Gymnasium, cifra quest’ultima di molto inferiore se paragonata con gli altri scolari stranieri che frequentano la scuola tedesca. In altre parole il rendimento degli alunni italiani nella scuola dell’obbligo tedesca è catastrofico!

Quali le cause di questa catastrofe?

Se ne parla e scrive da diversi decenni nei vari simposi, congressi e piani d’intervento straordinari messi a punto dall’amministrazione italiana presente ed operante sul territorio nazionale (Ambasciata, Consolati ed Enti assistenziali). Vale la pena andarseli a rileggere per scoprire come siano state ripetute sempre le stesse cose:

- il pendolarismo emigratorio,

- lo scarso interesse di molti italiani verso il problema della scuola e della formazione professionale,

- il vissuto di precarietà e di estraneità verso la realtà che li circonda con conseguente demotivazione scolastica,

- e non per ultimo la paura della perdita dell’identità italiana.

A proposito di quest’ultimo punto risultano sintomatiche le poche richieste della doppia cittadinanza da parte degli italiani. L’aspetto della conservazione dell’identità nazionale potrebbe essere una spiegazione dell’interesse formale da sempre dimostrato dai genitori italiani verso i corsi di Lingua e Cultura Italiana (che loro chiamano “Scuola Italiana”) tenuti da insegnanti italiani in orari extrascolastici. Ripeto, interesse formale, perché per quanto concerne l’impegno per l’effettiva frequenza dei corsi è quello richiesto per sostenere i figli nelle ore scolastiche in più, i genitori hanno spesso lasciato a desiderare.

Un breve cenno storico

I dati statistici visti sopra sono rimasti pressoché costanti fin dagli inizi dagli anni ottanta. In quegli anni l’amministrazione scolastica tedesca aveva pensato di eliminare le classi nazionali (Vorbereitungsklassen) che si erano radicate in seno alla scuola tedesca durante gli anni ‘60 e ‘70. Queste isole nazionali all’interno della struttura scolastica erano ritenute responsabili della mancata integrazione linguistica dei bambini stranieri. Fu a questo punto che l’amministrazione italiana intensificò notevolmente l’intervento di sostegno mirante da una parte a ridurre o vitare la massiccia presenza di bambini italiani nelle Sonderschulen (nrd. Scuola di sostegno), dall’altra parte a sostenere gli altri ragazzi a raggiungere migliori risultati scolastici, sia per quanto riguada il completamento del corso degli studi dell’obbligo (nella Hauptschule e Realschule), sia per aumentare il numero di quelli che avrebbero potuto raggiungere la maturità (Abitur).

Ci si era fatta l’idea che il tutto fosse solamente un problema linguistico e solo in parte sociale strettamente connesso alla prima generazione. Si pensava che a partire dalla seconda generazione, con la frequenza di tutti i bambini negli asili tedeschi, si sarebbe risolto o perlomeno ridimensionato il problema. La chiave risolutoria per la completa integrazione sembrava quindi essere legata all’apertura di tutte le strutture sociali esistenti sul territorio (asili, gruppi sportivi e di tempo libero, ecc.) ai figli degli emigranti.

La famiglia, si pensava, ha sì un ruolo importante per la crescita del bambino, ma le future generazioni si sarebbero facilmente adeguate alle esigenze ambientali, essendo nate e cresciute qui e non avrebbero avuto più i problemi che erano stati dei  genitori.

Martin Spiewack si meraviglia che le autorità scolastiche tedesche abbiano potuto ignorare così a lungo un tale problema pur vedendosi puntualmente confrontate con l’insuccesso scolastico dei Giuseppe e delle Giuseppine. Ancora più grave gli appare  il fatto che questo insuccesso tocchi il gruppo italiano, che si credeva fosse quello più integrato nella società tedesca.

Quale dovrebbe essere il ruolo della famiglia

Si sa ormai come il ruolo della famiglia in emigrazione risulti determinante ai fini del successo o dell’insuccesso scolastico del bambino. Le sue carenze o il suo buon funzionamento condizionano quasi completamente il destino prima scolastico e poi professionale del ragazzo. Purtroppo molti connazionali mostrano di non avere saputo fare tesoro della lezione di vita ricevuta durante la loro permanenza all’estero e ripetono coi figli gli stessi errori dei genitori. Infatti viene da costatare come venga spesso a mancare la decisiva forza di reazione in situazioni di conflitto, che dovrebbero invece essere affrontate con determinazione. Sembra quasi che non ce la mettano tutta, affinché i figli non abbiano a rivivere le loro stesse delusioni e non siano costretti ad accettare un perenne stato di precarietà sociale e professionale. Sembrano rassegnati!

Questo atteggiamento negativo, forse, viene poi recepito dai figli che, a loro volta, accettano passivamente l’insuccesso scolastico.

Non si è ancora capito che scuola e formazione rappresentano le uniche chiavi per realizzarsi, che ci si deve dunque sforzare, sacrificare ed impegnare al massimo non accontentandosi del guadagno facile che si può ottenere svolgendo un lavoro non qualificato.

I genitori devono sempre seguire i figli anche quando non ne sono scolasticamente all’altezza, in questo caso, cercando aiuto presso persone ed enti competenti.

Le parole dei genitori devono rappresentare il sostegno morale per il figlio: non c’è scusa che possa dispensare da quest’obbligo.

Andrebbero bene anche piccoli gesti come il frequentare tutte le riunioni scolastiche (Elternabende) anche se non si capisce tutto quello che viene detto (intanto l’insegnante registra la loro presenza fisica e ne apprezza il gesto); ci si deve informare giornalmente presso il ragazzo di quello che ha fatto a scuola, facendosi raccontare quali sono le sue inclinazioni (materie preferite, mestiere che vuole esercitare); si deve assistere il figlio nella ricerca della scelta giusta; lo si deve spronare costantemente a raggiungere traguardi di prestigio; gli si deve fare capire che gli si è vicino in tutte le difficoltà; lo si deve sostenere ed incoraggiare nei momenti di insicurezza e lodare apertamente nei momenti di successo.

I genitori devono interessarsi a tutto ciò che riguarda il futuro dei figli perché esso rappresenta anche il futuro e l’onore di tutta la famiglia e ripaga dei sacrifici fatti.

I genitori non devono fuggire di fronte alle difficoltà che qui si presentano illudendosi di poterle risolvere meglio al paese ed alimentando così nel ragazzo (e anche in se stessi) l’errata prospettiva che laggiù sia tutto più facile.

Il futuro dei figli sarà quasi sicuramente qui dove i ragazzi sono nati, cresciuti e dove “metteranno su famiglia”. Quasi certamente la casa costruita per loro al paese sarà destinata a restare chiusa e usata solo in occasione della vacanza estiva. Questa è la vera realtà!